giovedì 5 gennaio 2017

I BUCANIERI DELLE FAKE NEWS


Roberto Ciccarelli

La "post-verità" è stata eletta a "parola dell'anno" dopo la vittoria di Trump alla Casa Bianca. Anche in Italia schiere di giornalisti, filologi, filosofi, massmediologi e politici parlano delle notizie false [Fake News] che altererebbe la "vera" natura della politica. Le più alte istituzioni invocano un intervento censorio, un controllo politico, una resipiscienza morale dei naviganti contro le notizie veicolate sulle piattaforme digitali. In risposta, Beppe Grillo (M5S) evoca giurie popolari contro i media tradizionali che condannano la rete. Facebook e  Google annunciano provvedimenti contro le bufale. Ciò di cui nessuno ancora parla è il motivo per cui le fake news si producono. E, soprattutto, chi le produce? Sono i freelance e gli operai delle fabbriche del click in tutto il mondo. Pur di guadagnare un reddito che altrove non c'è, i nuovi precari dell'era hi-tech sono diventati strumenti e attori consapevoli della produzione di notizie false, opportunismi digitali, narrazioni parallele, verosimili o infondate, non importa. Servono alla conquista del potere (degli altri), allacreazione del traffico sulle piattaforme da cui traggono il reddito.Ecco chi sono. Il racconto del quinto stato, la questione sociale nel capitalismo digitale. (pubblicata su Prismo).

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Hrithie Menon ha 15 anni e lavora come freelance. Frequenta la East View Secondary School di Singapore. La sua famiglia è ceto medio. Haridas, suo padre, ha fondato la Singapore Internet Marketing Academy. Sua madre, Shenthil, lavora nell'industria dei media locali. In futuro, Hrithie spera di sviluppare la sua passione per il software. Vorrebbe aiutare gli uomini di affari a rafforzare la loro cyber-sicurezza su wordpress. Al politecnico vuole studiare ingegneria informatica. Orgoglioso di lei, il padre dice: “Ha un incredibile talento nel sentire le tendenze online, ha orecchio, le sente”. È uno dei talenti che si acquistano in rete. Da nativa digitale “ho imparato da You Tube – dice Hrithie – Tutto è su Internet”.




Hrithie deve il suo incontro con Donald Trump al mercato online per servizi digitali: Fiverr. Durante la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti, Hrithie Menon è stata reclutata su questa piattaforma dallo staff del candidato repubblicano per realizzare un presentazione online del programma destinato agli studenti. “È stato uno dei progetti più facili che ho realizzato – ha detto Hrithie – è uno dei tanti, ci ho messo due ore”. Per ogni task - o commessa – realizzata via Fiverr, Hrithie incassa più o meno 100 dollari e, fino ad oggi, ha guadagnato circa 2 mila dollari. Soldi che intende usare per un apparecchio dentale.

Quando ha risposto all'annuncio Hrithie non conosceva Trump. “Ho pensato che non fosse chissà quale affare”, racconta. Quando ha appreso dalla Tv che quel tizio con i capelli arancioni è diventato il 45esimo presidente degli Stati Uniti, Hrithie ha capito di avere preso parte a un evento storico a cui, nel suo piccolo, ha contribuito. Le sue slide sono state condivise dai coetanei americani e nei campus. Il suo portfolio di freelance ora è più ricco. Arriveranno altre commesse.


“Singapore ci ruba il lavoro”

In un comizio a Tampa in Florida il candidato razzista e xenofobo Trump ha denunciato Singapore come uno dei governi che “rubano” più posti di lavoro agli americani. In quello stesso momento il suo staff trovava Hrithie, proprio a Singapore, per realizzare un lavoro che molti studenti della sua età sono in grado di realizzare.

Il candidato populista tuona contro l'outsourcing delle altre imprese, ma la pratica per andare alla Casa Bianca, così come ha fatto per esternalizzare il lavoro per la linea di abbigliamento “Trump collection”. Senza contare che se Trump realizzasse uno dei suoi annunci elettorali – espellere 3 milioni di clandestini dagli Stati Uniti – è probabile che anche coetanei di Hrithie, e i loro genitori, potrebbero finire nella sua lista.

In questa vicenda non c’è un rapporto di causa ed effetto, né una condivisione degli obiettivi di Trump. Hrithie sostiene di non seguire la politica americana e va creduta: difficile credere che un’adolescente di Singapore tifi Trump. Lei ha risposto a un annuncio come fanno milioni di click-workers in tutto il mondo. Ha eseguito il lavoro, senza conoscere l’uso che ne sarebbe stato fatto. In realtà, non era difficile capirlo, ma il modo in cui è stata percepita questa attività è impolitico. Shenthil, la madre di Hrithie, ha detto: “È stato un grande momento per noi, pensare che il lavoro da freelance di mia figlia potesse produrre un simile spettacolo”.

Nella traduzione inglese la donna parla di “gig” che significa sia spettacolo che prestazione o “lavoretto”, uno di quelli offerti su piattaforme come Fiverr. Un cliente sembra valere come l’altro. Conta l’esecuzione del task, portare a termine la commessa che vale come le altre, o almeno così viene presentata. Avere un successo spettacolare per arricchire il curriculum. Il limite di questa mentalità “ va bene tutto, basta che paghi” è evidente. Trump, come imprenditore politico, l’ha usato per attrarre persone molto diverse che hanno visto nella sua campagna l’occasione per guadagnare un reddito.


Trump in Macedonia

Veles, una città di 45 mila abitanti in Macedonia. Nell’ultimo anno sono nati molti siti che suonano americani: WorldPoliticus.com, TrumpVision365.com, USConservativeToday.com, DonaldTrumpNews.co, and USADailyPolitics.com. Da qui è rimbalzata la falsa notizia secondo la quale Hillary Clinton è stata incriminata dall’Fbi per lo scandalo delle email che ha condizionato pesantemente la sua campagna elettorale. Sono state contate almeno 140 mila condivisioni e reazioni solo sul post che ha lanciato il fake a migliaia di chilometri negli Stati Uniti.

(Da Buzzfeed)


“Ho iniziato a costruire questi siti per fare soldi – ha detto un liceale di 17 anni che cura questo sito - In Macedonia l’economia è molto debole e agli adolescenti è proibito lavorare – continua il ragazzo – Abbiamo bisogno di trovare modi creativi per guadagnare qualcosa. Sono un musicista, ma non posso permettermi di comprare l’attrezzatura. In Macedonia i guadagni che puoi ottenere dalla pubblicità su un sito possono essere sufficienti per acquistarla”.

La crescita di questi siti, ne sono stati contati almeno 150, è avvenuta a ritmo esponenziale. A aprile ne erano emersi già sei. La maggior parte ha pagine facebook, come questa, con centinaia di migliaia di “mi piace” che costituiscono la spinta per ogni tipo di notizia introdotta da locuzioni che in Italia si traducono con “Pazzesco!”.

Non è evidentemente un caso che, in una recente e molto discussa inchiesta su Buzzfeed, il “modello macedone” sia stato paragonato al modo in cui in Italia il Movimento 5 Stelle gestirebbe siti, blog e fake news aggregators. A tal proposito, è interessante notare come in Italia la lezione sia stata appresa anche da non meglio precisati sostenitori del Sì al referendum del 4 dicembre: basti pensare alle pagine Facebook “buongiorniste” passate inopinatamente a fare campagna per Renzi.

Facebook è stato importante per mettere in contatto i siti macedoni sulla politica americana con il pubblico americano. Stando ai dati quadrimestrali, gli utenti da smartphone della piattaforma di Mark Zuckerberg stanno crescendo, in proporzione, molto di più nei paesi “terzi” – come i Balcani, ad esempio - rispetto a quelli Usa, considerati un paese quasi saturo: +8,62%, da 823 milioni a 894 milioni. Per loro accumulare una frazione di penny per ogni notizia che fa bingo significa assicurarsi un guadagno superiore rispetto a quello ottenuto in un paese ritenuto centrale. Contano i redditi di partenza e, soprattutto, bisogna arrivare prima di altri nel capire la tendenza dei flussi dell’attenzione.

Nel 2016 l’attenzione è stata ottenuta da Trump e non da Bernie Sanders. I ragazzi macedoni hanno provato a creare siti e notizie sul candidato “socialista” sconfitto alle primarie da Hillary Clinton. Ma nulla è paragonabile all’immensa attrazione creata dalle notizie false o da quelle razziste a sostegno di Trump. Lanciati per tempo, durante le primarie dei repubblicani, i siti hanno totalizzato guadagni fino a 10 mila dollari al giorno. Poi sono calati, anche perché ne sono nati molti altri che hanno diminuito il traffico.

I ragazzi macedoni sostengono di non essere interessati a Trump. “Se Trump avesse perso – ha detto uno di loro- avevo già un piano: riconvertire i miei siti politici in quelli sportivi”. Nel frattempo i siti tarati su Trump hanno rilanciato alcune notizie provenienti da quelli di estrema destra. Ad esempio quella su Hillary Clinton che avrebbe sostenuto nel 2013 di considerare la “discesa in campo” di Trump una buona scelta.

Per Wikileaks, che ha diffuso il materiale sullo scandalo delle email, lo avrebbe detto in un discorso ai banchieri di Goldman Sachs. In realtà, com’è stato appurato, Clinton non ha mai parlato di Trump ma solo di “uomini di affari”. La scelta di farsi pagare un discorso, e di dire una cosa del genere a banchieri, è discutibile in sé, ma non ha costituito l’oggetto di una critica politica.

La notizia è stata trasformata in una dichiarazione pro-Trump e ha creato un buzz micidiale: 480 mila condivisioni e reazioni. Per dare un’idea della potenza raggiunta da questa fake news, l’inchiesta del New York Times sull’evasione fiscale da 916 milioni di dollari, ha ottenuto “solo” 175 mila condivisioni. La disinformazione è stata gestita e rilanciata dallo staff di Trump che, come un mietitore, ha fatto il raccolto.


Giovani, disoccupati, imprenditori del falso

Paris Wade e Ben Goldman sono laureati e disoccupati. Le loro storie itineranti e sbandate sono l’autobiografia dei precari americani di due generazioni. Oggi lavorano per loro un avvocato, una contabile e hanno assunto persone che lavorano per i loro siti di fake news.

Nel 2012 Wade ha conseguito una laurea in pubblicità. Goldman, nel 2013, una in economia. Da allora sono riusciti a trovare solo stage non pagati o lavori sottopagati in ristoranti messicani. Nei week-end hanno venduto bottiglie d’acqua negli incontri di football dei ragazzi del college. Wade e Goldman vengono da famiglie democratiche, hanno votato due volte Obama. Dopo anni di precarietà dicono di avere iniziato a dubitare sul senso del loro voto, della loro educazione e dei valori progressisti in cui sono cresciuti.

La loro agenzia pubblicitaria è fallita, ma non è passata inosservata a un cliente del giro dell’Alt-Right, i neo-nazisti americani. Hanno iniziato a scrivere post e sono stati pagati a base di click. E i click sono diventati tantissimi. “Ci sono stati giorni – racconta – in cui abbiamo guadagnato fino a 14 dollari ogni mille visioni”. Tra giugno e agosto, quando la campagna elettorale è decollata, hanno superato 150 mila seguaci su Facebook e guadagnato tra i 10 e i 40 mila dollari al mese dalle pubblicità che promettevano la soluzione per i problemi di acne o per le unghie valghe, commerciavano in Viagra e rilanciavano i selfie delle celebrità più sexy. Goldman pensa che se avesse continuato a lavorare gratis con gli stage avrebbe impiegato 20 anni per guadagnare quello che ha messo da parte in sei mesi.

E così, per opportunismo, i due precari si sono trovati a scrivere propaganda per Trump, attaccando Obama sul Tpp, partecipando alla campagna contro l’ex presidente Clinton “da mandare in galera”, su infondate infiltrazioni dell’Isis nel governo del loro paese e altre teorie cospirazioniste.

Sostengono di non condividere quello che scrivono. “In un mondo perfetto – ha detto Wade – ci sarà modo di trovare l’equilibrio e le sfumature per scrivere lunghi paragrafi e avere più di dieci minuti per scrivere un post. Potrebbe aiutare le persone a pensare”. Ma queste cose non le scrive “perché oggi nessuno cliccherebbe su questi contenuti”.


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