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venerdì 21 marzo 2014

LA PRIMAVERA DELLA GENERAZIONE NEET

Il Console

Primo giorno di primavera.
Giornata mondiale della poesia, proclamata dall'UNESCO: il 21 marzo.
In Italia è la giornata di lotta contro tutte le mafie.
Oggi è stata occupata l'Opera Garnier di Parigi da parte deigli intermittenti dello spettacolo che chiedono “assurance chimage”
Oggi l'Angelo Mai Altrove Occupato torna a manifestare

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C'è un libro formidabile, e oramai assai famoso, colpevolmente letto in ritardo, Stoner di John E. Williams, nella bella traduzione di Stefano Tummolini (Fazi editore, 2012, ma uscito nel 1965 e riscoperto solo negli anni Zero), soprattutto le pagine da 37 a 41, che partono da questa domanda:

«Signori, avete mai riflettuto sulla vera natura dell'università?»
Siamo sull'orlo del primo conflitto mondiale, nell'università del Missouri, tre dottorandi-lettori di letteratura inglese che si incontrano al pub il venerdì sera. Stoner è il protagonista, terragno del Midwest, che fugge dalla fattoria di campagna dei genitori e soprattutto da quella terra faticosa da arare, ogni giorno più grigia e arida. Potrebbe essere uno dei protagonisti del Quinto Stato di Ferdinando Camon (Garzanti, 1970, con prefazione di P.P. Pasolini), quando parlava della millenaria esistenza dei contadini veneti. Ma è anche un solitario anticipatore del nostro Quinto Stato di squattrinati lavoratori della conoscenza. Poi c'è Gordon Finch, il più incompetente dei tre, come viene descritto. Quindi Dave Masters, il gradasso ed esuberante: scomparirà subito dal libro, prima di lasciarci poche battute, mirabili, sull'università. Senza dimenticare che John Williams, l'autore di Stoner e di un altra manciata di piccoli capolavori, nato da una famiglia di contadini del Texas non fece altro che scappare dal Texas e insegnare per tutta la vita nella piccola università di Denver, consumandosi nell'alcol.
E allora ecco la risposta:
(p. 38) «L'università è un ospizio, o...come le chiamano adesso? Una casa di riposo per vecchi e malati, per gli infelici, gli inetti di ogni genere. Guardate noi tre. Siamo noi l'università. Un estraneo non si renderebbe conto di quanto abbiamo in comune, ma noi lo sappiamo bene. È vero o no? Lo sappiamo benissimo» [...]
(p. 40) «Siamo tutti miserabili buffoni, e siamo al freddo».

«Re Lear» disse serio Stoner.

«Atto terzo, scena quarta», aggiunse Masters. «E così la provvidenza, o la società, o il fato, comunque vogliate chiamarlo, ha costruito per noi questo rifugio, che ci protegge dai venti di tempesta. È per noi che esiste l'università, per i diseredati del mondo. Non per gli studenti, non per la disinteressata ricerca della conoscenza, né per altre ragioni che sentite dire. Quelle sono solo copertura, come quei pochi individui normali, idonei al mondo, che di tanto in tanto accogliamo tra noi. Ma è tutto fumo negli occhi. Come la Chiesa nel Medioevo, cui non interessava un fico secco né dei laici, né di dio in persona, ci servono dei pretesti per sopravvivere. E sopravviveremo, perché così dev'essere».

Finch scosse la testa ammirato: «A sentire te, siamo proprio degli infami...».

«Forse sì», rispose secco Masters. «Ma per quanto infami, siamo sempre meglio di quelli che vivono lì fuori, nel fango, i poveri bastardi del mondo. Non facciamo del male a nessuno, diciamo quello che vogliamo, e addirittura ci pagano per farlo. Questo è un trionfo della virtù naturale, dannazione. O poco ci manca».

(p. 41) […] “per molti anni, e nei momenti più strani, Stoner ripensò spesso alle parole di Masters. Pur essendo estranee all'idea di università che aveva abbracciato, gli rivelavano qualcosa di importante sul suo rapporto con quei due uomini, ricordandogli l'amarezza limpida e corrosiva della gioventù.”

E a proposito di gioventù, visto che siamo nella giornata mondiale della poesia e ricorrono i 160 anni dalla nascita di Arthur Rimbaud (20 ottobre 1854), giovane e visionario tra i poeti, che della sua gioventù ha fatto un'opera d'arte, in fuga dalle Ardenne di Charleville, tra le rovine de La Commune de Paris e i lidi africani, orientali, mediterranei...

Ecco, in questo primo giorno di primavera, rimuovendo lo sconforto di essere incasellati nella generazione che non studia e non lavora, la Teen-NEET generation, mentre tutti, professori, genitori e politici, vorrebbero costringerli all'obbedienza di trovare “un posto nel mondo” – dalla scuola, all'università, al lavoro che non c'è, o ce ne è pure troppo ma fosse mai pagato – allora, anche solo per un giorno o per una notte, che i viali delle nostre città (quando i tigli sono verdi lungo il viale) si possano riempire dei sogni concreti di una generazione, di ragazze e ragazzi «allegri e incantati», direbbe Stoner-John E. Williams, che si vuole ingabbiare nell'austero rigore, seriamente fallimentare, delle nostre famiglie, Stati, imprese e università...

Nessuno è molto serio quand'ha diciassett'anni.
I caffè strepitanti dalle luce splendenti,
Le bibite e la birra d'improvviso t'annoiano,
E allora vai a spasso per il viale dei tigli...

Arthur Rimbaud, Roman, 29 settembre 1870.

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