Davide Imola |
Giuseppe Allegri
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E' scomparso un riformista visionario, un sindacalista che ha trasformato la cultura della Cgil sul lavoro autonomo e la precarietà, un uomo dalla parte di chi si autorganizza per strappare la dignità individuale e la felicità collettiva in questa vita. Il ritratto appassionato delle intuizioni, della storia, dell lavoro di Davide Imola
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È con grande tristezza che scrivo queste righe. Per ricordare Davide Imola, morto prematuramente sabato 20 dicembre, portato via da un male odioso. E il nostro pensiero e affetto va ai familiari, a partire da Marilisa, insieme con un grande e forte abbraccio.
Per noi scapestrati quintari delle forme di vita e di lavoro indipendente, autonomo, intermittente, precario Davide è stato, soprattutto, il compagno con il quale confrontarsi, discutere, immaginare, progettare, inventare spazi condivisi di azione: per la tutela delle persone e di tutte le forme dei lavori. Al di là di qualsiasi steccato e semplificazione.
Davide, responsabile nazionale di quella Consulta delle professioni della CGIL che proprio grazie a lui è diventato uno dei pochi spazi, all'interno di quel sindacato, dove era possibile parlarsi e non giocare ai soliti, stantii pregiudizi.
E noialtri, dispersi dai “piedi scalzi” nel mondo inospitale delle mille forme dei lavori intermittenti, precari, sottopagati: con la convinzione, a volte spocchiosa, altre naïf, che fosse necessario e urgente rivoluzionare forme, mentalità e strutture del mondo del lavoro e quindi, soprattutto, del sindacato tradizionale.
Eppure le molte volte che ci si è incontrati con Davide è stato quasi sempre un “noi” quello che ci ha mosso. Davide, dirigente sindacale, convinto della funzione fondamentale ricoperta da quella struttura. Noialtri, in-operosi free lance del tempo perso, allergici a qualsiasi disciplina. Perché Davide era quel tipo di persona che interrogava l'esistente e fomentava le trasformazioni, anche dentro il sindacato. Si potesse ancora dire, in questo Paese: Davide è stato un riformista visionario, dentro una struttura e un Paese ingabbiati nell'insulsa conservazione del proprio orticello.
Per questo ci siamo incrociati spesso.
Davide che ci invitava nella cattedrale cristallizzata di Corso Italia, intento ad aprire quella porzione di sindacato alle nuove forme dei mille lavori e attività del post-fordismo all'italiana e delle nuove professioni, oltre gli ordini tradizionali: traduttrici, archeologi, giornaliste, sociologi, avvocati, architette, formatrici, consulenti dai mille progetti lavorativi e dalla cronica intermittenza retributiva.
Convinti che solo pensare e praticare determinate coalizioni sociali potesse darci la forza reciproca per incidere sulle oramai ultra-ventennali miserevoli politiche governative e sindacali intorno al mondo del lavoro. Pensare e praticare nuove tutele e garanzie: senza rimpianti. Anche quando la noia di alcune riunioni mi portavano ad incrociare lo sguardo vispo e vigile di Davide, con quel suo concreto pragmatismo trasformativo, da autentico romagnolo. Io che ho sempre pensato quella regione e il suo modello emiliano, del “patto fordista capitale-lavoro”, sotto la cappa annichilente dell'Emilia paranoica dei CCCP.
E forse proprio per questo era bello discutere con Davide: e dirsi le cose in faccia, anche quando passavano per la rete.
Come in questa occasione, quasi due anni fa, sulla nostra furia dei cervelli, a partire da una diversa sensibilità intorno a reddito minimo garantito e salario minimo. Sicuramente anche a causa delle nostre eccessive semplificazioni. Oltre che dei trentennali ritardi sindacali. E proprio in quella discussione telematica, tra i commenti intervenne il caro fratello maggiore Matteo Tassinari, che ancora non ho avuto la forza di sentire, e che scoprimmo essere anche fraterno amico di giovinezza romagnola di Davide.
Mi fu definitivamente chiaro che l'incontro con Davide non apparteneva al caso. Ci si era trovati su una irriducibile e ancestrale insofferenza a rassegnarsi all'esistente. Sulla convinzione che le litigate potevano anche finire con delle sonore, sferzanti e contagiose risate: a patto di condividere da che parte stare. Quella di chi decide di organizzarsi per strappare dignità individuale e felicità collettiva in questa vita. Anche a suon di risate, per marcare differenze e affinità. Risate come quelle di Davide, quando, dinanzi a timidissime prese di posizioni sindacali sulle trasformazioni del lavoro in Italia e la connessa necessità di universalizzare le tutele, mi apostrofava: “Lo vedi, Peppe, ci stiamo arrivando anche noi!”
Fa rabbia pensare che quella risata non accompagnerà più nessuno dei nostri incontri. E non potrà più spezzare quei silenzi imbarazzati tra sindacati e quintari. E si fa fatica a pensare che quello spazio, aperto dalla disponibilità di Davide anche ai “piedi scalzi” come noi, rimanga tale anche dopo di lui.
Ci mancherai, caro Davide, nei sorrisi e nelle polemiche. Nel crederci, comunque e sempre, contro ogni chiusura settaria e ogni pregiudizio. Nel pensare che solo facendo lotte offensive e ragionevolmente furiose si possano creare gli spazi per vincere insieme, nelle differenze.
Ci mancherai, Zio Dado, e ora dovrò dirlo anche a Matteo, prima che legga queste mie zoppicanti righe.
Che la terra ti sia lieve, caro Davide!
Caro amico di vecchia data Davide, insieme a Peppe, vedrai, ci si rivedrà tutti e 3. Dove e quando non lo so, ma volete vedere che ci si rivede?
RispondiEliminaMatteo For Davide
H scritto Allegri: "E' scomparso un riformista visionario, un sindacalista che ha trasformato la cultura della Cgil sul lavoro autonomo e la precarietà, un uomo dalla parte di chi si autorganizza per strappare la dignità individuale e la felicità collettiva in questa vita". Non so se Calvino avesse fotografato meglio di Peppe, il sindacalista visionario e instancabile dalla parte dei più deboli! Lo dico perché mi ha aiutato.
RispondiEliminavoglio raccontare un episodio che coinvolse me e Davide. Un quotidiano, che, mi tenne in nero per 4 anni pagandomi sottoprezzo (agli inizi si fa così, ci si arrabatta). Tramite Davide, riuscì a farmi dare 15 milioni, che erano gli arretrati, per dire l'impegno che metteva nelle cose Davide. Era un portento, un vulcano, uno che volevo solo giustizia. E di gente come Davide ce n'è bisogno adesso, e non perché è morto, perché con Davide era più ricco il mondo, ora è più povero. L'iniziativa contro il giornale, di cui non faccio volutamente il nome, non la prese a cuore come sindacalista, ma perché capiva che per 4 anni mi avevano fottuto nella speranza di... Mi mancherai Davide.
RispondiEliminaCaro Matteo, leggo solo ora i tuoi commenti, che sono stato un po' di giorni off-line, scusami: ti ringrazio assai, soprattutto delle parole e dei ricordi! La cosa più potente è che ci si sia incontrati in questa vita, passando per strade diverse, eppure convergenti. Con la rabbia che Davide se ne sia già andato e che, in ogni caso, il tempo a nostra disposizione sembra sempre troppo poco... Grazie ancora, carissimo Matt!
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