SERGIO BOLOGNA
Dice Letta: «priorità è dare un lavoro ai 
giovani». Ma quale lavoro presidente, di che genere? In Italia non 
abbiamo solo il problema della disoccupazione giovanile. Abbiamo i 
salari d'ingresso più bassi d'Europa, come ha ricordato in varie 
occasioni il governatore Draghi. Secondo dati Eurostat riportati di 
recente da lavoce.info abbiamo il più alto numero di lavoratori che non 
percepiscono i minimi contrattuali. La piaga dei tirocinii gratuiti, 
malgrado la buona volontà della ex ministro Fornero, continua a 
imperversare. Quanti laureati vengono assunti con mansioni inadeguate ai
 loro titoli di studio («per far fotocopie» è il detto)? Quanti 
contratti a tempo determinato sono pagati 500/800 euro al mese? E per 
quante ore? Ci siamo dimenticati che per parlare di salario bisogna 
anche parlare di orario?
Un co.co.pro. che dura tre mesi, e poi sei mesi
 di attesa e poi un altro co.co.pro. per altri tre mesi. È lavoro 
questo, è occupazione questa? Moderiamo la flessibilità, sono tutti 
d'accordo, ma per favore non ci raccontiamo la frottola che la 
situazione drammatica di oggi è dovuta solo alla flessibilità che ha 
creato un precariato strutturale. È dovuta in massima parte alle scelte 
di politica industriale che hanno portato via via negli anni a 
rinunciare alle produzioni avanzate, dall'elettronica alla chimica, 
dall'auto alle fibre ottiche. Che hanno portato alla miniaturizzazione 
dell'impresa e cancellato la grande impresa dotata di risorse per 
investire in innovazione. I primi a non credere nelle loro imprese sono 
stati gli azionisti, i profitti creati nella manifattura li hanno 
investiti in finanza o in immobili. Abbiamo come la Spagna spinto al 
massimo il cemento, distruggendo territorio, centri urbani e alla fine 
anche le banche. Le loro sofferenze non sono dovute forse in massima 
parte ai palazzinari che non restituiscono i crediti a loro 
generosamente elargiti e vigliaccamente negati ad artigiani, piccole 
imprese, autonomi? 
Presidente Letta, le chiediamo ancora: che lavoro 
vuol dare ai giovani, come li vuole occupare? Come le centinaia di 
migliaia di quelli dei lavori creativi, dei media, dell'informazione, 
pagati una miseria, intrappolati in una giungla di agenzie 
d'intermediazione, non pagati? Lassù, nelle alte sfere, avete mai 
sentito parlare di wage theft ? Non solo non c'è lavoro per i giovani in
 Italia ma se c'è, è un lavoro umiliante, povero, per i livelli 
retributivi, per le mansioni svolte, per i diritti negati. È mai 
possibile che quando cerchiamo di intervistare qualcuno di questi 
giovani ci sentiamo rispondere troppo spesso, «No scusa, non mi voglio 
esporre»?. È mai possibile che nel lavoro regni la paura? È un paese 
libero questo? E allora, se stanno così le cose, non diamo la croce 
addosso ai neet . Non sono scansafatiche, parassiti, rassegnati. Sono 
probabilmente persone che piuttosto di accettare un tirocinio gratuito e
 poi forse un co.co.pro. di tre mesi a 500 euro preferiscono fare 
lavoretti in nero, non perché vogliono fregare il fisco, ma perché hanno
 rispetto di se stessi e certe umiliazioni non le accettano. Non 
studiano. E perché dovrebbero studiare? Per dover ingoiare cose 
indigeste che non servono a trovare un lavoro decente, per doversi far 
giudicare da professori che non di rado sono semianalfabeti? 
Purtroppo 
la sensazione che si ha a sentire le dichiarazioni di certi dirigenti 
sindacali, di certi ministri, insomma di certi decisori, è che non 
abbiano la più pallida idea di cos'è il lavoro oggi. Nessuno oggi, al 
mondo, ha in tasca una ricetta per rilanciare lo sviluppo e l'Italia, 
per quanti sforzi possa fare un volonteroso governo, è troppo malconcia 
per potersi riprendere. L'Italia non è più un paese sovrano, i vincoli 
contratti dal governo Monti hanno, come dice Draghi, inserito il pilota 
automatico, il nostro destino è già scritto. Potrebbe riprendersi il 
Paese a una sola condizione: che le gente ritrovi la forza di fare 
appello solo al proprio capitale umano, ragionando con la propria testa,
 riprendendo in mano i propri destini, compiendo scelte che la vulgata 
economica giudica irrazionali, quella stessa vulgata che ci vuol 
convincere che un'agenzia di rating è un attore razionale del mercato. 
Ribellandosi, anche con violenza. Dal governo non possiamo aspettarci 
niente, tranne che peggiori la situazione, come il precedente. Ma una 
cosa Presidente Letta, lei potrebbe fare. 
Quando dice «priorità è dare 
ai giovani un'occupazione» ci attacchi l'aggettivo «decente», perché 
altrimenti si rischia di equivocare.
(Pubblicato su Il Manifesto 25 maggio 2013)
(Pubblicato su Il Manifesto 25 maggio 2013)
 

 
 
Perché dirlo in inglese, wage theft, e rinfocolare tutta questa politica fatta di parole astruse che arrivano e passano di moda.
RispondiElimina"Furto dello stipendio" è molto più solida e brutale, come espressione, non si nasconde dietro al british.