Giuseppe Allegri
Sembra
che nel desolante panorama parlamentare di questa legislatura
qualcosa si muova. Ieri mattina il gruppo parlamentare di SEL,
capitanato da Titti Di Salvo, Gennaro Migliore e Nichi Vendola, ha
presentato la proposta di legge per l'istituzione del reddito minimo
garantito anche in Italia, unico Paese dell'UE, insieme alla Grecia,
a non prevedere una misura simile: ma questo lo sappiamo tutti, anche
il Governo. È da almeno vent'anni che “l'Europa ce lo chiede”:
dalla Raccomandazione comunitaria del giugno 1992 sul minimum
income.
E sono almeno trent'anni di trasformazioni delle forme del lavoro che
imporrebbero la previsione di una misura universalistica di sostegno
al reddito. Che sia questa la volta buona?
Il
progetto di legge presentato ricalca l'iniziativa popolare consegnata
alle Camere la scorsa primavera da oltre 50 mila firme e 150
associazioni. C'è quindi un vasto consenso sociale che rivendica
l'urgenza di nuove politiche pubbliche contro l'austerity
della Grande Recessione europea. A
partire da un reddito minimo garantito di 600 euro al mese per «tutti
gli individui (inoccupati,
disoccupati, precariamente occupati)
che non superino gli 8000 euro annui» di retribuzione, sulla falsa
riga di quanto previsto dalla inattuata legge della Regione Lazio, n.
4/2009, sul reddito minimo garantito.
Sarebbe
un primo necessario passo non solo per la lotta alla povertà e
all'esclusione sociale, ma anche e soprattutto per promuovere
l'autodeterminazione delle persone, mettendole nelle condizioni di
non avvitarsi in lavoretti sempre più poveri, insicuri e
occasionali, ammesso che ci siano. Una risposta concreta per le
condizioni di sofferenza di una larga fetta della società e al
contempo un'innovazione culturale che permetterebbe di trasformare il
misero ordine esistente delle cose e praticare una nuova idea di
convivenza sociale. Qualcosa che la sinistra dovrebbe avere a cuore.
Questa
è la vera sfida, che si deve porre anche all'attuale Governo.
Soprattutto alla luce della proposta del Ministro del lavoro Giovannini di un
“Sostegno per l'inclusione attiva (Sia)” per garantire alle
famiglie più in difficoltà «l’acquisto di un paniere di beni e
servizi ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti».
Una misura che si limita alla (pur necessaria) lotta alla povertà ed
è ancora vincolata ad un'ottica familiare, quando anche lo stesso
Ministro sa benissimo che solo la previsione di un reddito minimo
garantito rispetta i migliori parametri europei di inclusione
sociale, individualità, tutela della dignità umana ed
universalismo.
E
allora qui si aprirebbe un campo di possibilità che, senza scomodare
l'antico Maestro di tattica parlamentare Jeremy Bentham,
permetterebbe di sparigliare le carte di un altrimenti mortifera
legislatura. Perché, tanto per non fare nomi, altri parlamentari
ragionano intorno a proposte di reddito minimo garantito. Ad esempio
i deputati PD Luca Pastorino e Marianna Madia, che non a caso, lo
scorso aprile accolsero a Montecitorio i promotori dell'iniziativa
legislativa popolare, insieme con i colleghi SEL e Cinque Stelle. E
infatti il gruppo parlamentare pentastellare, a partire da Nunzia
Catalfo e Daniele Pesco, da mesi studia una proposta di legge per
istituire il reddito garantito, cavallo di battaglia anche della
campagna elettorale di Grillo.
Insomma,
seppure sempre più sfiduciati dalle oscure dinamiche parlamentari,
sarebbe questo il momento di far emergere una coesa maggioranza
politica per il reddito minimo garantito. Altrimenti cosa sarebbe
tornata a fare la sinistra in Parlamento?
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