giovedì 24 ottobre 2013

REDDITO MINIMO: UN'ALTRA MAGGIORANZA E' POSSIBILE IN PARLAMENTO


Giuseppe Allegri

Sembra che nel desolante panorama parlamentare di questa legislatura qualcosa si muova. Ieri mattina il gruppo parlamentare di SEL, capitanato da Titti Di Salvo, Gennaro Migliore e Nichi Vendola, ha presentato la proposta di legge per l'istituzione del reddito minimo garantito anche in Italia, unico Paese dell'UE, insieme alla Grecia, a non prevedere una misura simile: ma questo lo sappiamo tutti, anche il Governo. È da almeno vent'anni che “l'Europa ce lo chiede”: dalla Raccomandazione comunitaria del giugno 1992 sul minimum income. E sono almeno trent'anni di trasformazioni delle forme del lavoro che imporrebbero la previsione di una misura universalistica di sostegno al reddito. Che sia questa la volta buona?


Il progetto di legge presentato ricalca l'iniziativa popolare consegnata alle Camere la scorsa primavera da oltre 50 mila firme e 150 associazioni. C'è quindi un vasto consenso sociale che rivendica l'urgenza di nuove politiche pubbliche contro l'austerity della Grande Recessione europea. A partire da un reddito minimo garantito di 600 euro al mese per «tutti gli individui (inoccupati, disoccupati, precariamente occupati) che non superino gli 8000 euro annui» di retribuzione, sulla falsa riga di quanto previsto dalla inattuata legge della Regione Lazio, n. 4/2009, sul reddito minimo garantito.

Sarebbe un primo necessario passo non solo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, ma anche e soprattutto per promuovere l'autodeterminazione delle persone, mettendole nelle condizioni di non avvitarsi in lavoretti sempre più poveri, insicuri e occasionali, ammesso che ci siano. Una risposta concreta per le condizioni di sofferenza di una larga fetta della società e al contempo un'innovazione culturale che permetterebbe di trasformare il misero ordine esistente delle cose e praticare una nuova idea di convivenza sociale. Qualcosa che la sinistra dovrebbe avere a cuore.

Questa è la vera sfida, che si deve porre anche all'attuale Governo. Soprattutto alla luce della proposta del Ministro del lavoro Giovannini di un “Sostegno per l'inclusione attiva (Sia)” per garantire alle famiglie più in difficoltà «l’acquisto di un paniere di beni e servizi ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti». Una misura che si limita alla (pur necessaria) lotta alla povertà ed è ancora vincolata ad un'ottica familiare, quando anche lo stesso Ministro sa benissimo che solo la previsione di un reddito minimo garantito rispetta i migliori parametri europei di inclusione sociale, individualità, tutela della dignità umana ed universalismo.

E allora qui si aprirebbe un campo di possibilità che, senza scomodare l'antico Maestro di tattica parlamentare Jeremy Bentham, permetterebbe di sparigliare le carte di un altrimenti mortifera legislatura. Perché, tanto per non fare nomi, altri parlamentari ragionano intorno a proposte di reddito minimo garantito. Ad esempio i deputati PD Luca Pastorino e Marianna Madia, che non a caso, lo scorso aprile accolsero a Montecitorio i promotori dell'iniziativa legislativa popolare, insieme con i colleghi SEL e Cinque Stelle. E infatti il gruppo parlamentare pentastellare, a partire da Nunzia Catalfo e Daniele Pesco, da mesi studia una proposta di legge per istituire il reddito garantito, cavallo di battaglia anche della campagna elettorale di Grillo.

Insomma, seppure sempre più sfiduciati dalle oscure dinamiche parlamentari, sarebbe questo il momento di far emergere una coesa maggioranza politica per il reddito minimo garantito. Altrimenti cosa sarebbe tornata a fare la sinistra in Parlamento?

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