venerdì 3 luglio 2015

FARE IL CONCORSONE RAI IN CAMBIO DI DUE SPICCI E PAGARE PER DIECI


Giovanna Ferrara

Vita da Freelance al Concorsone Rai che mette in palio 100 posti precari per 5 mila candidati. Racconto non consolatorio di un viaggio da Roma a Bastia Umbra per un Superenalotto tutto italiano
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Un cartello temporaneo – “Concorso Rai” – avverte chi arriva dalla statale E45 di imboccare l'uscita Assisi-Foligno. La direzione verso i "Cento posti per eventuali contratti a tempo determinato nelle sedi nazionali e regionali dell'azienda che fa informazione di Stato".

Orizzonti di gloria

E così la triste provincia umbra - vetrine con abiti da messa e sandali francescani, rettilinei che potrebbero essere visioni buone per i film decadenti dei fratelli Cohen - diventa per un giorno il capoluogo di un sogno più vicino alle sensazioni da ‘ultima spiaggia’ che alle pulsioni da ‘orizzonti di gloria’.

A rendere più allucinante e incredibile l'intera vicenda è che a sognarlo sono in tremila, età media oltre i quarant'anni. Tutti, presumibilmente e al netto di sindromi masochiste, sperano di strappare questa promessa di assunzione temporanea. Le vite professionali dalle quali provengono sono infatti ancora più instabili e precarie di quella che sognano di conquistare e che il concorso mette in palio.


Il clima è da festival del reduce

Superstiti alla trafila delle tanto costose quanto inutili scuole di giornalismo, compagni di sostituzioni estive, collaborazioni pagate a trenta, sessanta, novanta, centoventi giorni, titolari di blog in dismissione, pionieri del giornalismo on line e, infine, i semplici disoccupati. Sui tavoli delle osterie, la sera prima, i testi di riferimento della normativa della professione. Codice deontologico, diffamazione e querela, rettifica, e tutte le dichiarazioni di intenti dell'ordine, compresa una carta di Perugia dove si elencano i diritti dei precari e sostanzialmente si invitano le redazioni a non trattarli come cani.


La frase che rimbomba ovunque è "sono freelance". E' una formula chiave in questo mondo. Una perifrasi che permette di evitare il ricorso alla più umiliante confessione del 'sono disoccupato', che ai tempi ottusi della meritocrazia e dei tagli alle retribuzioni (siamo arrivati a tre euro a pezzo) invece di essere percepita come la denuncia di un intero sistema di sfruttamento, e' vissuta come l'ammissione di una colpa personale, quella di non essere riusciti nella lotta darwiniana per la sopravvivenza personale, certamente per mancanza di capacità relazionali.

Dirsi freelance se può avere impatto su un pubblico che non vive (e muore) nel settore dell'informazione, qui, tra giornalisti alla vigilia di un concorso fantasma, non ha alcun effetto: tutti sanno che è una dichiarazione che non significa affatto essere liberi intelletti che scelgono di seguire i loro veri interessi, lontano dalla noia redazionale, intrattenendo rapporti con giornali pronti a comprare racconti e suggestioni.

Essere freelance significa solo avere i giorni spesi a tessere relazioni con redattori sfuggenti, accumulare sensazioni da venditori di enciclopedie, annichilamenti professionali, collezionare cicli depressivi. Non è un caso che si lascino i tavoli senza brindare, tra zanzare e stanchezza, per una trasferta che e' pure costata tanto (Bastia Umbra non è proprio a portata di mano per tutti).

Banchetti di scuola
Ore dieci. Capannoni dell’area fiere. Trenta gradi già di primo mattino. File di trolley, tesserini alla mano. Tre padiglioni e quasi quaranta varchi. Banchetti da scuola, procedure di ingresso ordinate. Sarà per la sonnolenza, ma tutto si svolge in un clima di torpore. Da uno dei tre capannoni la commissione d'esame appare sui maxischermi. E forse è questa la parte più odiosa della due giorni inventata dalla Rai.

Il manager bocconiano

Il saluto del direttore del personale ha toni da manager bocconiano, tutto ottimismo e fiducia: "l'azienda in un periodo di crisi investe sui giovani" dice, con un sinistro luccichio negli occhi, (la stragrande maggioranza e' del ‘74), "l'azienda investe in tecnologia" (si riferisce, nello specific, ai siti potenziati dei Tg), "l'azienda seleziona in modo trasparente" (cinquemila domande per un concorso indetto dopo non si sa quanti anni), "l'azienda sceglie la crema, i migliori" (affidandosi a quiz indetti venti giorni fa e riguardanti tutto, dalla normativa alla storia dell'arte, dalle nozioni di economia alla cultura da settimana enigmistica). Più sobrio il presidente della commissione, Ferruccio De Bortoli, che spende due parole sulla bellezza della professione (immaginiamo tutti che con i suoi contratti sì che deve essere bello essere un giornalista).


In palio: due spicci...eventuali

Come automi seguiamo le istruzioni del responsabile della selezione che ci fa incollare codici a barre, apporre firme, imburrare, consegnare, ritirare i questionari estrarre lettere, ricontrollare le procedure. Comincia l'ora e un quarto concessa per rispondere alle cento domande su costituzione, privacy, par condicio, Italo Svevo, cosa si fa se un ospite in trasmissione offende un atleta, come si legge un grafico a torta, chi ha sceneggiato house of cards, discografia di Guccini, cos’è una cariatide, in che stile veniva usato l'arco a sesto acuto. Un'ora tra reminiscenze, prudenze, fiducia nel destino, calcoli probabilistici. Un’ora he scorre in un silenzio generale un po' allucinato e un po' febbrile.

Si esce tutti più allegri: si è fatto quello che si poteva. Alcuni si mettono a scrivere, altri ritrovano i propri gruppi, si ricompongono le macchine per tornare a casa. E' stato un Superenalotto un po' costoso, ci diciamo tra noi. E con in palio due spicci, tra l'altro… eventuali.

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