lunedì 30 settembre 2013

HO CONOSCIUTO UN MAESTRO DI INDIPENDENZA

Ritratto di Mario Galizia, 
maestro del diritto costituzionale italiano

Giuseppe Allegri
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.

Giorgio Caproni





“Scusate il ritardo, ragazzi! Mi ha bloccato una telefonata di un socialista che mi voleva raccomandare un tipo del partito. Mi diceva: tra socialisti ci capiamo. Ma io gli ho detto che è un farabutto, altro che socialista! L'ho mandato a quel paese una decina di volte, ma non si rassegnava. Questi farabutti si credono di comandarci a bacchetta: ma che siamo diventati tutti matti? Io questi continuerò sempre a mandarli a quel paese”.



Così esordì un vispo, ancorché già agée, Professore la cui testa pelata aveva portato noi sarcastici e impuniti pischelli, cresciuti con la Famiglia Addams, a ribattezzarlo “Zio Fester”. Era Mario Galizia in una delle prime lezioni di Diritto costituzionale italiano e comparato, che mi capitò di frequentare sul finire degli anni Ottanta, quando ancora non c'erano i telefoni cellulari, subito prima della Pantera, in quel di Scienze politiche a La Sapienza di Roma. 


Nella mia curiosa ignoranza da provinciale capii subito che mi trovavo dinanzi a una potenza che non avrei dovuto perdere di vista per nessuna ragione al mondo. Fu così che cominciai a frequentare il corso, appassionarmi al diritto costituzionale e alla sua storia, alle sue dinamiche sociali, quindi a carpire consigli, per leggere e compendiare monografie, articoli, riviste, per poi farci sopra la tesi (con il Professore Angel Antonio Cervati, altro eretico Maestro) e ancora letture e dottorati, ricerche e assegni, fino a quando la sola attività rimasta è stata quella della ricerca di assegni che non arrivavano più, per poter continuare a studiare, fare ricerca, scrivere. Ma non è di questa mia passione che voglio parlare. Voglio parlare di chi mi ha “appassionato”: Mario Galizia.



Mario Galizia è morto. Le complicazioni della vecchiaia peggioravano la sua condizione: era in ospedale da un po' e lo immaginavo sotto l'occhio vigile e affezionato del Professore Fulco Lanchester.



uno dei libri di G. Pintor che regali a Galizia+
Le ultime volte che ho incontrato Mario Galizia ovviamente non eravamo più all'università: né lui, in pensione da anni, né io, da sempre ai margini esterni/interni di quel sistema. Lo incontravo casualmente al centro di Roma, mentre si aggirava claudicante e sempre lucidissimo per librerie di antiquariato, modernariato, usato, frequentate da entrambi. Ed era uno spasso. Mi apostrofava sempre, con la sua voce tonante, come “il ricercatore libraio” (non essendo nessuno dei due, in realtà: almeno non completamente), poiché, commerciando in libri, gli avevo recuperato un libro d'annata del compianto Giaime Pintor (gli ricordava suo fratello Paolo, anch'egli morto nella Resistenza al nazifascismo). E da lì cominciavano chiacchierate letteralmente infinite, come quelle che si facevano anni prima, in gruppo, dopo le sue lezioni, a passeggio per la città universitaria, quando l'università permetteva di indugiare sulla lentezza della trasmissione e condivisione delle conoscenze e dei saperi. Con l'aggiunta che in queste ultime di chiacchierate, essendo solo noi due, si sconfinava ancora di più nella poesia – sua vera passione – nella storia, nella letteratura, nell'arte, nella politica, nella bibliofilia e nelle vicende esistenziali, più che nel diritto costituzionale.



Altri, di gran lunga migliori di me, ricorderanno Mario Galizia per i capolavori scritti: saggi, articoli, libri che hanno formato intere generazioni di studiosi del diritto costituzionale e non solo. Pagine da leggere, rileggere e diffondere.



Vorrei solo ricordare il Mario Galizia di quei tempi di letture, consigli, discussioni, che vissi in totale libertà e gioia, poiché già sapevo di non avere alcuna chance di rimanere in quell'università dove, nel bene e nel male, il Professore rivestiva ancora un ruolo “istituzionale”, seppure oramai da anziano. Soprattutto vorrei ricordare il Mario Galizia degli anni seguenti, in giro per le viuzze del centro di Roma: un anarchico peregrinare tra chiacchiere, librai e caffè. Una specie di deriva storica e psico-geografica, quasi al di là della più ardita immaginazione situazionista.



È stata per me un'educazione all'insubordinazione, prima di tutto “scientifica”, da eretico del diritto costituzionale quale Mario Galizia era, contro una riduzione del diritto a norma astratta, vuoto principio, rispetto del vincolo “comando e obbedienza”, formalismo: passioni tristi. Un'esaltazione continua nel presentare e leggere i classici: quella capacità di trasmettere la felicità di letture e ricerche fuori da qualsiasi pregiudizio ideologico, dentro la ricerca incessante di maggiore libertà, giustizia sociale, comunanza: passioni felici. Soprattutto: non rinunciare mai a studiare, conoscere, condividere; quindi avere consapevolezza, prendere parte nei conflitti, rivendicare la propria indipendenza, anche dai propri Maestri. Senza paternalismi. A costo di sfidare i mortiferi colossi del consenso: che siano “baroni”, o loro epigoni, piuttosto che quei “farabutti” che erano diventati i partiti politici della decadente prima Repubblica.



Inutile dire che con la morte di Mario Galizia tutto questo tende a scomparire. E anche saperlo invecchiato e malato, ma vivo, dava un po' di speranza a chi aveva avuto il privilegio e la fortuna di conoscerlo e frequentarlo. Restiamo noialtri, del tutto inadeguati, ma che, se avessimo solo un poco della potente linfa vitale dimostrata da Mario Galizia, potremmo ancora inventarci delle inedite “mosse” non certo per “rivoluzionare” il mondo dell'istruzione e della formazione universitaria – mentre in Grecia chiudono le università – ma magari per renderlo un po' più abitabile, per tutti gli studenti e le studentesse e le/gli studiose/i; e per l'intera società. 


Sarebbe il modo migliore per mantenere vivi il ricordo e gli insegnamenti di Mario Galizia e trasmetterli alle generazioni successive.






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