Ritratto di Mario Galizia,
maestro del diritto costituzionale italiano
Giuseppe Allegri
maestro del diritto costituzionale italiano
Giuseppe Allegri
Ancora
vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Giorgio Caproni
“Scusate
il ritardo, ragazzi! Mi ha bloccato una telefonata di un socialista
che mi voleva raccomandare un tipo del partito. Mi diceva: tra
socialisti ci capiamo. Ma io gli ho detto che è un farabutto,
altro che socialista! L'ho mandato a quel paese una decina di volte,
ma non si rassegnava. Questi farabutti si credono di comandarci a
bacchetta: ma che siamo diventati tutti matti? Io questi continuerò
sempre a mandarli a quel paese”.
Così
esordì un vispo, ancorché già agée,
Professore la cui testa pelata aveva portato noi sarcastici e
impuniti pischelli, cresciuti con la Famiglia Addams, a ribattezzarlo
“Zio Fester”. Era Mario Galizia in una delle prime lezioni di
Diritto costituzionale italiano e comparato, che mi capitò
di frequentare sul finire degli anni Ottanta, quando ancora non
c'erano i telefoni cellulari, subito prima della Pantera, in quel di
Scienze politiche a La Sapienza di Roma.
Nella mia curiosa ignoranza da provinciale capii subito che mi trovavo dinanzi a una potenza che non avrei dovuto perdere di vista per nessuna ragione al mondo. Fu così che cominciai a frequentare il corso, appassionarmi al diritto costituzionale e alla sua storia, alle sue dinamiche sociali, quindi a carpire consigli, per leggere e compendiare monografie, articoli, riviste, per poi farci sopra la tesi (con il Professore Angel Antonio Cervati, altro eretico Maestro) e ancora letture e dottorati, ricerche e assegni, fino a quando la sola attività rimasta è stata quella della ricerca di assegni che non arrivavano più, per poter continuare a studiare, fare ricerca, scrivere. Ma non è di questa mia passione che voglio parlare. Voglio parlare di chi mi ha “appassionato”: Mario Galizia.
Nella mia curiosa ignoranza da provinciale capii subito che mi trovavo dinanzi a una potenza che non avrei dovuto perdere di vista per nessuna ragione al mondo. Fu così che cominciai a frequentare il corso, appassionarmi al diritto costituzionale e alla sua storia, alle sue dinamiche sociali, quindi a carpire consigli, per leggere e compendiare monografie, articoli, riviste, per poi farci sopra la tesi (con il Professore Angel Antonio Cervati, altro eretico Maestro) e ancora letture e dottorati, ricerche e assegni, fino a quando la sola attività rimasta è stata quella della ricerca di assegni che non arrivavano più, per poter continuare a studiare, fare ricerca, scrivere. Ma non è di questa mia passione che voglio parlare. Voglio parlare di chi mi ha “appassionato”: Mario Galizia.
Mario Galizia è morto. Le
complicazioni della vecchiaia peggioravano la sua condizione: era in
ospedale da un po' e lo immaginavo sotto l'occhio vigile e
affezionato del Professore Fulco Lanchester.
uno dei libri di G. Pintor che regali a Galizia | + |
Le
ultime volte che ho incontrato Mario Galizia ovviamente non eravamo
più all'università: né lui, in pensione da anni,
né io, da sempre ai margini esterni/interni di quel sistema.
Lo incontravo casualmente al centro di Roma, mentre si aggirava
claudicante e sempre lucidissimo per librerie di antiquariato,
modernariato, usato, frequentate da entrambi. Ed era uno spasso. Mi
apostrofava sempre, con la sua voce tonante, come “il ricercatore
libraio” (non essendo nessuno dei due, in realtà: almeno non
completamente), poiché, commerciando in libri, gli avevo
recuperato un libro d'annata del compianto Giaime Pintor (gli
ricordava suo fratello Paolo, anch'egli morto nella Resistenza al
nazifascismo). E da lì cominciavano chiacchierate
letteralmente infinite, come quelle che si facevano anni prima, in
gruppo, dopo le sue lezioni, a passeggio per la città
universitaria, quando l'università permetteva di indugiare
sulla lentezza della trasmissione e condivisione delle conoscenze e
dei saperi. Con l'aggiunta che in queste ultime di chiacchierate,
essendo solo noi due, si sconfinava ancora di più nella poesia
– sua vera passione – nella storia, nella letteratura, nell'arte,
nella politica, nella bibliofilia e nelle vicende esistenziali, più
che nel diritto costituzionale.
Altri,
di gran lunga migliori di me, ricorderanno Mario Galizia per i
capolavori scritti: saggi, articoli, libri che hanno formato intere
generazioni di studiosi del diritto costituzionale e non solo. Pagine
da leggere, rileggere e diffondere.
Vorrei solo ricordare il Mario Galizia di quei tempi di letture,
consigli, discussioni, che vissi in totale libertà e gioia,
poiché già sapevo di non avere alcuna chance di
rimanere in quell'università dove, nel bene e nel male, il
Professore rivestiva ancora un ruolo “istituzionale”, seppure
oramai da anziano. Soprattutto vorrei ricordare il Mario Galizia
degli anni seguenti, in giro per le viuzze del centro di Roma: un
anarchico peregrinare tra chiacchiere, librai e caffè. Una
specie di deriva storica e psico-geografica, quasi al di là
della più ardita immaginazione situazionista.
È
stata per me un'educazione all'insubordinazione, prima di
tutto “scientifica”, da eretico del diritto costituzionale quale
Mario Galizia era, contro una riduzione del diritto a norma astratta,
vuoto principio, rispetto del vincolo “comando e obbedienza”,
formalismo: passioni tristi. Un'esaltazione continua nel
presentare e leggere i classici: quella capacità di
trasmettere la felicità di letture e ricerche fuori da
qualsiasi pregiudizio ideologico, dentro la ricerca incessante di
maggiore libertà, giustizia sociale, comunanza: passioni
felici. Soprattutto: non rinunciare mai a studiare, conoscere,
condividere; quindi avere consapevolezza, prendere parte nei
conflitti, rivendicare la propria indipendenza, anche dai propri
Maestri. Senza paternalismi. A costo di sfidare i mortiferi colossi
del consenso: che siano “baroni”, o loro epigoni, piuttosto che
quei “farabutti” che erano diventati i partiti politici della
decadente prima Repubblica.
Inutile
dire che con la morte di Mario Galizia tutto questo tende a
scomparire. E anche saperlo invecchiato e malato, ma vivo, dava un
po' di speranza a chi aveva avuto il privilegio e la fortuna di
conoscerlo e frequentarlo. Restiamo noialtri, del tutto inadeguati,
ma che, se avessimo solo un poco della potente linfa vitale
dimostrata da Mario Galizia, potremmo ancora inventarci delle inedite
“mosse” non certo per “rivoluzionare” il mondo
dell'istruzione e della formazione universitaria – mentre in Grecia
chiudono le università – ma magari per renderlo un po' più
abitabile, per tutti gli studenti e le studentesse e le/gli
studiose/i; e per l'intera società.
Sarebbe
il modo migliore per mantenere vivi il ricordo e gli insegnamenti di
Mario Galizia e trasmetterli alle generazioni successive.
Nessun commento:
Posta un commento