Roberto Ciccarelli
I rapporti storicamente difficili tra la Cgil e il lavoro autonomo o precario. Il problema è innanzitutto culturale: il lavoro indipendente non è (solo) quello parasubordinato e non è composto da evasori fiscali. Come includere chi non rientra in un contratto nazionale né in un ordine professionale? Milioni di persone restano senza voce. Ma qualcosa si muove a corso Italia
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In un'analisi della Cgil i
lavoratori che svolgono attività autonome senza dipendenti, esclusi i
parasubordinati e le imprese, sono 3.369.000. A queste partite Iva individuali
vanno aggiunti 962.428 parasubordinati esclusivi (coloro cioè che non hanno
altre attività e non sono in pensione) e 21.101 lavoratori con redditi
esclusivi da cessione di diritti d'autore. Parliamo di oltre 4 milioni di persone. Per loro il bilancio dei primi mesi
del governo Renzi è magro: niente bonus 80 euro, come i pensionati e i precari;
niente ammortizzatori sociali che l'esecutivo dice di volere estendere nel Jobs
Act, mentre i contributi per 1 milione e 800 mila freelance e
parasubordinati iscritti alla gestione separata Inps rischiano di crescere dal
27,72% al 29,72% nel 2015, fino al 33,72% nel 2019.
Nella legge di stabilità il
governo sostiene di avere stanziato per le partite Iva 800 milioni di euro
insieme alla riforma del regime fiscale dei minimi contributivi. Tutto a posto,
allora? Non proprio. Perché gli autonomi sono stati divisi in due classi
economiche: i professionisti che guadagnano fino a 15 mila euro e i
commercianti con oltre 40 mila. I secondi
avranno vantaggi fiscali, mentre i primi si vedranno triplicare le
tasse. Con queste nuove regole, un giovane architetto di 28 anni con 10.500
euro di compensi annui pagherebbe 1.460
euro, 240 euro in più degli attuali. Considerato che agli under 35 si
deve quasi la metà delle nuove partite Iva, il governo sta per colpire i giovani autonomi più deboli sul mercato.
Sempre che poi gli annunci diventino realtà. “Stando alle bozze in circolazione
è una presa in giro, tanto varrebbe lasciare il vecchio regime fiscale -
afferma Anna Soru, presidente di Acta, l'associazione che da anni è impegnatiper i diritti del lavoro indipendente - Ci sono lobbies che hanno ottenuto più
di noi, questa non è una novità”.
Il momento per il lavoro
indipendente non arriva mai. Quando è il momento di riconoscere qualcosa a questi apolidi contemporanei,
arrivano le batoste. “Il futuro per noi è complicato – continua Soru che con
Acta ha lanciato un “socialbombing” su twitter per chiedere al governo di
bloccare l'aumento dei contributi - Io
capisco l'attenzione che anche questo governo rivolge al lavoro dipendente, ma
si pensa davvero che tutto il lavoro possa essere ricondotto al lavoro
dipendente, che tutti i disoccupati potranno diventare dipendenti? Se lo
pensano sono fuori dal mondo. Se non lo pensano, allora non si comprende la
totale assenza di misure di supporto mentre arrivano batoste una dopo l'altra.
C'è la miopia nel governo come nel sindacato, non mi ritrovo nelle posizioni
dell'uno e dell'altro”.
Quello con il sindacato e il
lavoro indipendente è sempre stato un rapporto complicato. Innanzitutto dal
punto di vista culturale. A sinistra gli autonomi sono stati incastrati in una
tenaglia: sono evasori fiscali oppure “false partite Iva”, cioè autonomi che
svolgono attività dipendenti mascherate. Questo approccio riduzionistico non
rispecchia la realtà del quinto stato e viene contestato dagli autonomi che
hanno iniziato ad auto-organizzarsi nell'ultimo decennio. “Noi usciamo dai loro
paradigmi, lo sketch di Crozza è esemplare di questa situazione – continua Soru - Quando si era parlato degli
80 euro la prima a dire che bisognava darli ai dipendenti è stata Camusso.
Ognuno fa l'interesse del target di riferimento. Per la Cgil pensionati e dipendenti sono più
rilevanti di noi”.
Qualcosa tuttavia si muove a
Corso Italia. Nel 2013 la consulta Cgil delle professioni si è schierata contro
la riforma Fornero che aumenta i contributi previdenziali alle partite Iva. Il
16 ottobre scorso il sindacato delle telecomunicazioni Slc-Cgil ha siglato un
importante accordo sul rinnovo del contratto dei grafici ed editoriali. Si tratta
al momento di un “contratto ponte” che garantisce agli autonomi e “atipici”
(250 mila persone tra traduttori, doppiatori, attori, cameramen ecc) la
garanzia dell'assistenza sanitaria integrativa e il compenso minimo. Proprio
come i dipendenti e i parasubordinati.
Un ruolo importante in questa negoziazione l'hanno svolto la Rete dei Redattori Precari (Rerepre), l'associazione italiana dei traduttori (Aiti) e il sindacato traduttori Strade, associato
Slc-Cgil, una delle più avanzate esperienze di auto-organizzazione nel lavoro
editoriale e, in generale, del quinto stato in Italia. “Se si auto-organizzano
e diventano soggetto, i lavoratori indipendenti possono interloquire con il
sindacato. È dalla conoscenza reciproca che si cambiano le cose – afferma la
traduttrice Elena Doria – Se culturalmente la Cgil ha sempre rappresentato il lavoro
dipendente quando il soggetto indipendente si organizza ha la possibilità di
modificare la cultura della Cgil. È un processo lungo. Non vuol dire che ci
sposiamo, ma che si inizia un dialogo”.
Così racconta la vicenda la Rete dei redattori precari (Rerepre):
"I primi incontri con i rappresentanti di Slc si rivelarono sconfortanti: la CGIL sembrava totalmente all’oscuro della marea di precari che tenevano e tengono ancora più in piedi l’editoria, quella milanese dei grandi gruppi, ma non solo; sradicata dalla realtà arrancava a capire la vastità e la gravità del problema. Rerepre quindi ha cercato di aprire un vaso di pandora, fatto di mappature, incontri, spiegazioni, denunce, trovandosi però a combattere, purtroppo con un’organizzazione volenterosa ma lenta, che muovendosi con tempi biblici, non riusciva a stare dietro alla velocità dello sfruttamento da parte delle case editrici. Poi l’indagine di Editoria Invisibile, nata anche dal bisogno espresso da Rerepre di avere in mano dati più certi e autorevoli per denunciare la situazione, cui hanno partecipato associazioni “sorelle” come Strade e Aiti, che contemporaneamente collaboravano con CGIL per giungere a molti dei nostri stessi obiettivi. Il primo vero importante "successo" però arriva finalmente oggi, a ben sei anni di distanza"
“Ci siamo sentiti offesi dalle
parole di Renzi che ci ha chiesto dov'eravamo mentre in Italia dilagava la
precarietà – afferma il segretario generale Slc-Cgil Massimo Cestaro - Noi è
dal pacchetto Treu del 1997 che diciamo che si tratta di un allargamento del
vecchio precariato, sostenuto da leggi che hanno sottratto milioni di persone
da un quadro di diritti fondamentali”. Slc lavora più che altro sui
parasubordinati. Un accordo ha fatto emergere migliaia di lavoratori nel
settore postale. Il 4 luglio 2013 ha raggiunto un tribolato accordo con la Rai
per la stabilizzazione di circa 3 mila precari, oggi a rischio per i 150
milioni di euro di tagli all'azienda voluti dal governo. Il primo agosto
successivo ha siglato un accordo, seppur debole, per regolare il settore dei
call center.
Anche la Filcams-Cgil, che si
occupa dei lavoratori del terziario e del commercio, si è mossa nella direzione
di usare i contratti nazionali come strumenti inclusivi per stabilizzare il
precariato o regolamentare il lavoro autonomo. Una conferma è venuta nel 2011
dal rinnovo triennale del contratto dei dipendenti degli studi professionali.
Un accordo che vale anche per 400 mila tra praticanti e partite Iva.
Recentemente la categoria ha lanciato la campagna #JobArt rivolta a chi lavora
nel turismo e nei beni culturali, altro campo di abuso del lavoro autonomo e
del precariato. Il tentativo è comporre una rappresentazione pubblica di un
mondo sommerso.
Resta tuttavia un problema: come includere nella cittadinanza
professioni e attività che non rientrano in un contratto nazionale né in un
ordine professionale? Sono milioni di persone che rischiano di restare senza
voce.
Pubblicato su "Lavoro" speciale de Il Manifesto per la manifestazione Cgil del 25 ottobre
Tutto è così INstabile e precario oggi che anche la CGIL dimentica qualcosa. Nessuna voce può arrivare là dove risiedono gli "gnomi di Palazzo" se non si è agganciati a un contratto nazionale che ne tuteli almeno quella minima sicurezza che si chiama svuluppo del lavoro,nel piu elementare dei bisogni soddisfatti. Comunque un vecchio passo nell'"ora" l'ha fatto unendo nella gran Piazza di Roma il Nord il Centro e il Sud. E questo è un richiamo che ci fa piacere augurandoci un serio proseguimento. Bianca 2007
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