Roberto Ciccarelli
«Ripartire da casa» di Sandra Burchi, per Franco Angeli editore. Dieci donne raccontano i loro mestieri, fra le pareti proprie, con i computer, i social network, il cellulare e fuori dal mercato della disponibilità permanente
***
Dieci donne, dai 29 ai 49 anni: ricercatrici precarie, giornaliste, grafiche, consulenti, imprenditrici turistiche, agricoltrici o restauratrici. In comune hanno una laurea, un master o un dottorato e il fatto che lavorano da casa come freelance. Le loro storie sono raccontate da Sandra Burchi nel libro Ripartire da casa, lavori e reti dallo spazio domestico (Franco Angeli). È il ritratto della vita e del lavoro in un segmento del quinto stato, di chi lavora oggi con la partita Iva nell’economia dei servizi, della microimpresa, nella consulenza o nella ricerca.
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giovedì 30 luglio 2015
FREELANCE E (POCO) DOMESTICHE
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venerdì 17 aprile 2015
SI LAVORA PER VIVERE, NON SI DEVE AVERE UNA RENDITA PER LAVORARE
Scrive il presidente della Mobilitazione Generale degli avvocati (Mga): "Va fatto sapere a tutti che in Italia c'è una solidarietà bellissima, la ricerca dell'unione, l'emergenza di una forza. Avvocati, archivisti, dipendenti e precari, ingegneri, architetti, giornalisti, farmacisti, freelance, geometri, guide turistiche, studenti e tanti altri compongono la coalizione 27 febbraio. Stanno realizzando ciò che mai è stato fatto in Italia, stanno unendo ciò che è stato diviso per troppo tempo" - pubblicato su Essere Sinistra
***
Il luminoso destino a cui avrebbe dovuto condurci il mercato ed il capitale non c’è, e questo non può essere ridotto ad una opinione personale, perché è un fatto. Abbiamo invece di fronte una profonda crisi economica, e come sempre accade nelle situazioni di difficoltà, sono sempre i più deboli a pagarne il prezzo maggiore, e sono sempre i più ricchi ad avvantaggiarsene.
Ed infatti la riduzione del lavoro e dei redditi sta determinando l’aggravamento di tutte quelle situazioni di sfruttamento che già esistevano all’interno di ogni comparto economico, all’interno di ogni categoria professionale, facendo progressivamente aumentare il divario tra portatori di reddito alto e medio alto, e tutti gli altri, compresi quelli che di reddito non ne hanno nessuno. La soluzione è riformare e rinegoziare tutto, dai rapporti di lavoro, al fisco, alla previdenza ed alla distribuzione della ricchezza, ed è straordinario come a tal fine si stiano sviluppando processi di aggregazione sociale, politica e sindacale.
Ovunque nascono e si rafforzano coalizioni tra i lavoratori; si stanno aggregando e solidarizzano lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, lavoratori professionali e partite iva, basti pensare in Italia alla Coalizione 27 Febbraio, basti pensare a tutti i movimenti europei, e basti pensare al movimento statunitense #FightFor15, un movimento nato dall’aggregazione di associazioni di categoria che in molte città degli Stati Uniti hanno portato in piazza i lavoratori ed in particolare quelli dei fast food, che da anni chiedono l’aumento della paga oraria minima – il cosiddetto ‘minimum wage’ – a 15 dollari.
Una campagna, quella di #FightFor15, che si sta imponendo a livello nazionale a partire dalla straordinaria capacità d’autorganizzazione di migliaia di lavoratori e lavoratrici delle catene di fast-food, delle grande distribuzione e commercio, delle lavoratrici dell’assistenza sanitaria e domestica.
mercoledì 12 novembre 2014
AVVOCATI, UNA PROFESSIONE ALLO SBANDO: E' TEMPO DI SCIOPERO SOCIALE
Cosimo D. Matteucci
***
Gli avvocati vivono una gravissima crisi e sono stritolati da un conflitto intergenerazionale, interreddituale. Sono un quinto stato da 4-500 euro al mese. La mobilitazione generale degli avvocati aderisce allo sciopero sociale del 14 novembre. Chiede tutele collettive, equità previdenziale e fiscale, sostegno ai redditi bassi
***
Mobilitazione Generale degli Avvocati (M.G.A.) è una associazione forense di base, di natura sindacale, finalizzata alla tutela delle fasce economicamente più deboli dell’avvocatura italiana ed in generale degli avvocati portatori di redditi bassi e medio-bassi, sui quali da sempre grava il peso del conflitto intergenerazionale ed interreddituale che da tempo logora lo stesso tessuto connettivo della categoria professionale.
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Gli avvocati vivono una gravissima crisi e sono stritolati da un conflitto intergenerazionale, interreddituale. Sono un quinto stato da 4-500 euro al mese. La mobilitazione generale degli avvocati aderisce allo sciopero sociale del 14 novembre. Chiede tutele collettive, equità previdenziale e fiscale, sostegno ai redditi bassi
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Mobilitazione Generale degli Avvocati (M.G.A.) è una associazione forense di base, di natura sindacale, finalizzata alla tutela delle fasce economicamente più deboli dell’avvocatura italiana ed in generale degli avvocati portatori di redditi bassi e medio-bassi, sui quali da sempre grava il peso del conflitto intergenerazionale ed interreddituale che da tempo logora lo stesso tessuto connettivo della categoria professionale.
Abbiamo deciso di aderire allo sciopero
sociale del prossimo del 14 novembre, nella speranza che questo possa
essere l’inizio, l’innesco di un processo di mobilitazione
sociale, sindacale e politica che coinvolga tutti i lavoratori e
tutto l'enorme popolo del lavoro autonomo, delle professioni
intellettuali e delle partite iva.
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sabato 25 ottobre 2014
IL COMPLICATO RAPPORTO TRA CGIL, FREELANCE E PRECARI
Roberto Ciccarelli
I rapporti storicamente difficili tra la Cgil e il lavoro autonomo o precario. Il problema è innanzitutto culturale: il lavoro indipendente non è (solo) quello parasubordinato e non è composto da evasori fiscali. Come includere chi non rientra in un contratto nazionale né in un ordine professionale? Milioni di persone restano senza voce. Ma qualcosa si muove a corso Italia
***
In un'analisi della Cgil i
lavoratori che svolgono attività autonome senza dipendenti, esclusi i
parasubordinati e le imprese, sono 3.369.000. A queste partite Iva individuali
vanno aggiunti 962.428 parasubordinati esclusivi (coloro cioè che non hanno
altre attività e non sono in pensione) e 21.101 lavoratori con redditi
esclusivi da cessione di diritti d'autore. Parliamo di oltre 4 milioni di persone. Per loro il bilancio dei primi mesi
del governo Renzi è magro: niente bonus 80 euro, come i pensionati e i precari;
niente ammortizzatori sociali che l'esecutivo dice di volere estendere nel Jobs
Act, mentre i contributi per 1 milione e 800 mila freelance e
parasubordinati iscritti alla gestione separata Inps rischiano di crescere dal
27,72% al 29,72% nel 2015, fino al 33,72% nel 2019.
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martedì 18 febbraio 2014
Il tumore non è uguale per tutti, la lotta per i diritti di Daniela Fregosi
Con l’Inps Daniela Fregosi, lavoratrice autonoma di 45 anni e formatrice da 20, ha dovuto creare una relazione necessariamente complicata. Quando nell’estate del 2013 le è stato diagnosticato un tumore al seno, Daniela ha iniziato la sua lotta personale contro la burocrazia e le ingiustizie del welfare italiano che, a differenza dei lavoratori dipendenti, non riconosce agli autonomi il diritto di curarsi per malattie così gravi.
«La mia vita è esplosa in poche settimane – racconta sul suo blog Afrodite K (tumoreseno.blogspot.it) Un carcinoma infiltrante alla mammella. Il mio corpo che si trasforma, un compagno che sparisce. Il lavoro e il mio conto in banca vanno in tilt». Da qui il titolo del blog, nato nel novembre 2013, che ricorda il robot della serie giapponese Mazinga Z, ben conosciuta da chi ha vissuto l’adolescenza tra gli anni Settanta e Ottanta: «Ecco come sono diventata Afrodite l'eroina dalle tette bioniche – scrive Daniela – che combatte per i diritti delle donne con il tumore al seno. Afrodite, ma non con la «A», con la K, come carcinoma».
I liberi professionisti con la partita Iva non dispongono di «ammortizzatori sociali» in caso di malattie gravi come quella di Daniela. Quando si ammalano, e succede spesso, come per tutti gli esseri umani, «devono essere sempre splendidi, sanissimi, smaglianti, superperformanti, pieni di lavoro e richiestissimi». Se nelle loro parole appare un disagio, o la confessione dell’indicibile, un cancro, devono tenerseli per sè. Per timore di «rovinarsi il mercato», di non ricevere più incarichi o commesse.
Daniela ha invece rovesciato il tavolo, e non ha accettato di restare nell’invisibilità dove gli autonomi a partita Iva, e iscritti alla gestione separata dell’Inps, sono abituati a restare nascosti - per abitudine o per status. Ha iniziato a raccontare il suo «viaggio terrificante» sul blog, descrivendo le giornate nelle file interminabili ai patronati con utenti disorientati in cerca di informazioni. Racconta le attese ai call center dell’Inps dove, come spesso accade ai lavoratori autonomi - documentatissimi e consapevoli dei diritti che mancano - di spiegare ai funzionari dietro il vetro l’ultima circolare del maggio 2013 sui lavoratori autonomi.
Alla fine di questo pellegrinaggio, questo è stato il risultato: «Finalmente ricevo il saldo complessivo delle due indennità di malattia il 20 gennaio 2014 - scrive Daniela - totale giorni indennizzati 61 (è la regola più di 61 in un anno non te ne danno, meno male che il 2013 è finito sennò m’attaccavo). La cifra totale è di 794,46 euro per una media di circa 13 euro al giorno».
Se sei una lavoratrice autonoma in Italia, hai il diritto di essere curata per un cancro solo per 61 giorni e non per tutta la durata della malattia. In più gli autonomi sono costretti a continuare a pagare gli anticipi Inps e quelli Irpef anche se non possono più lavorare. Ma questo non basta perché, viste le file interminabili negli ospedali pubblici, anche l’autonomo sarebbe tentato di rivolgersi ai privati. Oltre al fisco implacabile, allora deve pagare anche queste cure.
Daniela ha reagito e promuove la disobbedienza fiscale per gli autonomi ammalati in cambio del riconoscimento dei diritti. Ha anche lanciato una petizione su change.org che ha raccolto ad oggi 4.055 sostenitori (ne servono altri 10.945 mila). Chiede la revisione delle norme attuali per tutelare almeno le situazioni di malattie adeguatamente documentate e la possibilità di sospendere tutti i pagamenti inps e irpef durante la malattia.
Altro punto della sua battaglia è la richiesta di un indennizzo relativo alla malattia uguale a quello stabilito per la degenza ospedaliera quando ci si deve sottoporre a terapie invasive (chemio, radio). Daniela è una socia dell’associazione dei consulenti del terziario avanzato (Acta) che dal 2004 è impegnata nella battaglia a favore della crescita della coscienza del Quinto Stato tra i lavoratori autonomi.
A partire dai diritti sociali non riconosciuti a chi non ha un contratto da dipendente. Questi lavoratori indipendenti vivono come «cittadini di serie B», cioè come apolidi fuori dalla costituzione che nell’articolo 32 e nel 38 stabilisce il diritto alla cura e all’assistenza universali per tutti, sia per le partite Iva, che per i dipendenti e tutti i precari. Daniela sa che la sua battaglia ha un valore europeo e infatti cita la risoluzione del parlamento europeo del 14 gennaio 2014 che chiede a tutti gli Stati membri di garantire la sicurezza sociale a tutti i lavoratori, dunque anche agli autonomi - oltre il 15% dell’occupazione totale nell’Ue - che per la prima volta vengono riconosciuti come lavoratori in quanto tali.
«La mia vita è esplosa in poche settimane – racconta sul suo blog Afrodite K (tumoreseno.blogspot.it) Un carcinoma infiltrante alla mammella. Il mio corpo che si trasforma, un compagno che sparisce. Il lavoro e il mio conto in banca vanno in tilt». Da qui il titolo del blog, nato nel novembre 2013, che ricorda il robot della serie giapponese Mazinga Z, ben conosciuta da chi ha vissuto l’adolescenza tra gli anni Settanta e Ottanta: «Ecco come sono diventata Afrodite l'eroina dalle tette bioniche – scrive Daniela – che combatte per i diritti delle donne con il tumore al seno. Afrodite, ma non con la «A», con la K, come carcinoma».
I liberi professionisti con la partita Iva non dispongono di «ammortizzatori sociali» in caso di malattie gravi come quella di Daniela. Quando si ammalano, e succede spesso, come per tutti gli esseri umani, «devono essere sempre splendidi, sanissimi, smaglianti, superperformanti, pieni di lavoro e richiestissimi». Se nelle loro parole appare un disagio, o la confessione dell’indicibile, un cancro, devono tenerseli per sè. Per timore di «rovinarsi il mercato», di non ricevere più incarichi o commesse.
Daniela ha invece rovesciato il tavolo, e non ha accettato di restare nell’invisibilità dove gli autonomi a partita Iva, e iscritti alla gestione separata dell’Inps, sono abituati a restare nascosti - per abitudine o per status. Ha iniziato a raccontare il suo «viaggio terrificante» sul blog, descrivendo le giornate nelle file interminabili ai patronati con utenti disorientati in cerca di informazioni. Racconta le attese ai call center dell’Inps dove, come spesso accade ai lavoratori autonomi - documentatissimi e consapevoli dei diritti che mancano - di spiegare ai funzionari dietro il vetro l’ultima circolare del maggio 2013 sui lavoratori autonomi.
Alla fine di questo pellegrinaggio, questo è stato il risultato: «Finalmente ricevo il saldo complessivo delle due indennità di malattia il 20 gennaio 2014 - scrive Daniela - totale giorni indennizzati 61 (è la regola più di 61 in un anno non te ne danno, meno male che il 2013 è finito sennò m’attaccavo). La cifra totale è di 794,46 euro per una media di circa 13 euro al giorno».
Se sei una lavoratrice autonoma in Italia, hai il diritto di essere curata per un cancro solo per 61 giorni e non per tutta la durata della malattia. In più gli autonomi sono costretti a continuare a pagare gli anticipi Inps e quelli Irpef anche se non possono più lavorare. Ma questo non basta perché, viste le file interminabili negli ospedali pubblici, anche l’autonomo sarebbe tentato di rivolgersi ai privati. Oltre al fisco implacabile, allora deve pagare anche queste cure.
Daniela ha reagito e promuove la disobbedienza fiscale per gli autonomi ammalati in cambio del riconoscimento dei diritti. Ha anche lanciato una petizione su change.org che ha raccolto ad oggi 4.055 sostenitori (ne servono altri 10.945 mila). Chiede la revisione delle norme attuali per tutelare almeno le situazioni di malattie adeguatamente documentate e la possibilità di sospendere tutti i pagamenti inps e irpef durante la malattia.
Altro punto della sua battaglia è la richiesta di un indennizzo relativo alla malattia uguale a quello stabilito per la degenza ospedaliera quando ci si deve sottoporre a terapie invasive (chemio, radio). Daniela è una socia dell’associazione dei consulenti del terziario avanzato (Acta) che dal 2004 è impegnata nella battaglia a favore della crescita della coscienza del Quinto Stato tra i lavoratori autonomi.
A partire dai diritti sociali non riconosciuti a chi non ha un contratto da dipendente. Questi lavoratori indipendenti vivono come «cittadini di serie B», cioè come apolidi fuori dalla costituzione che nell’articolo 32 e nel 38 stabilisce il diritto alla cura e all’assistenza universali per tutti, sia per le partite Iva, che per i dipendenti e tutti i precari. Daniela sa che la sua battaglia ha un valore europeo e infatti cita la risoluzione del parlamento europeo del 14 gennaio 2014 che chiede a tutti gli Stati membri di garantire la sicurezza sociale a tutti i lavoratori, dunque anche agli autonomi - oltre il 15% dell’occupazione totale nell’Ue - che per la prima volta vengono riconosciuti come lavoratori in quanto tali.
Roberto Ciccarelli
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martedì 14 gennaio 2014
«#FREELANCESI, #COGLIONENO»
C’è una guerra tra il committente e il freelance. In un rapporto di lavoro il primo è il «cliente», il secondo è un «fornitore». Il committente parla con accento milanese, romanesco o con un inflessione umbro-marchigiana. Più che «giovani», anche i secondi sembrano ultra-trentenni. Prestano la loro opera da giardinere, antennista o idraulico. Rispondono al telefono o alle mail ad ogni ora, sette giorni su sette. Anche la domenica mattina all’alba. È la dannazione degli smartphone: 24h su 24 connessi. Ogni intervento, si paga. Più interventi fai, più dovresti staccare una fattura. Dovrebbe essere cosi. Ma non è così. Sono passati i tempi in cui un idraulico, mettiamo, si faceva pagare molto caro ogni intervento. E non parliamo di un «creativo», grafico o videomaker, giornalista architetto o attore, lavoratori dell’«immateriale». Sono tutti «conto-terzisti» che lavorano a chiamata. Sono precari. Sono Quinto Stato.
domenica 10 novembre 2013
FINALE DI PARTITA (IVA): IL QUINTO STATO DOPO CINQUE ANNI DI CRISI
In sei anni sono scomparsi oltre 400 mila lavoratori indipendenti. La situazione più grave è nel Nordovest. Crescono però le partite iva tra gli under 35 nelle professioni e nel lavoro cognitivo. I dati della Cgia di Mestre sulla condizione del quinto stato che comprende 5,5 milioni di persone che non fanno parte del lavoro dipendente o della grande impresa.
La crisi ha travolto anche i lavoratori indipendenti. Per loro che svolgono mansioni individuali, per un cliente o conto terzi, erogano servizi, talvolta creano micro-impresa, ma soprattutto lavorano con la partita Iva non si muovono i sindacati. Il governo non convoca tavoli di crisi. Non rientrano nella grande impresa e nemmeno nel lavoro dipendente tipicamente subordinato. Restano nell'ombra, mentre si spendono miliardi per sostenere il reddito di tutte le altre componenti del lavoro dipendente o quello delle imprese.
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Roberto Ciccarelli
giovedì 31 ottobre 2013
LA RIVOLTA DELLE PARTITE IVA
Il mondo del lavoro indipendente si mobilita contro una delle peggiori norme contenute nella riforma Fornero delle pensioni: l'aumento di un punto dell'aliquota previdenziale per le partite Iva iscritte alla gestione separata dell'Inps a partire dal 1 gennaio e di cinque punti entro il 2018, dall'attuale 27,72% al 33%. Per la prima volta nella storia repubblicana, oltre trecento associazioni e gruppi organizzati del lavoro autonomo e professionale diventano protagoniste di un'azione politica congiunta e vengono supportate, elemento ulteriore di novità, dalla Cgil e dalla Uil.
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Roberto Ciccarelli
martedì 24 settembre 2013
CHE COS'E' IL QUINTO STATO?
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Giuseppe Allegri-Roberto Ciccarelli, Il Quinto Stato |
Il Quinto Stato è l’universale condizione di apolidia in patria in cui vivono almeno otto milioni di italiani ai quali non
sono riconosciuti i diritti sociali fondamentali. La stessa condizione interessa almeno cinque milioni di cittadini stranieri
che inoltre subiscono l’esclusione dai diritti di cittadinanza a
causa della loro extra-territorialità in uno Stato.
Il Quinto Stato è una condizione incarnata in una popolazione fluttuante, composta da lavoratrici e lavoratori
indipendenti, precari, poveri al lavoro, lavoratori qualificati e mobili, sottoposti a una flessibilità permanente. La
loro cittadinanza non è misurabile a partire dal possesso di
un contratto di lavoro, né dall’appartenenza per nascita al
territorio di uno Stato-nazione poiché per questi soggetti si
presuppone l’avvenuta separazione tra la cittadinanza e l’attività professionale, l’identità di classe, la comunità politica e
lo Stato. Oggi sono stranieri o barbari tanto i nativi italiani,
quanto i migranti. Entrambi appartengono alla comunità dei
senza comunità. La loro è una cittadinanza senza Stato, poiché lo Stato non riconosce loro la cittadinanza.
In questo mondo, non basta lavorare per essere riconosciuti come lavoratori. E non basta affermare di essere cittadini di uno Stato per essere riconosciuti titolari dei diritti sociali, previdenziali, civili. La cittadinanza è stata limitata al
possesso di un bene residuale, intermittente, e sempre meno
retribuito: il contratto di lavoro. Anche quando ha la fortuna
di possederlo, il cittadino-lavoratore viene sezionato in una
lunga serie di identità parziali.
Si parla, ad esempio, di lavoratori precari, atipici, parasubordinati o con partita IVA i quali, pur potendo dimostrare
di partecipare alla politeia, restano cittadini dimezzati perché
non godono di un contratto di subordinazione e a tempo indeterminato. Altrettanto complicata è la condizione di chi vive
nell’emisfero dell’impresa, oggi travolta della crisi economica
iniziata nel 2008. È proprio la zona grigia tra il lavoro e l’impresa a costituire uno dei tratti caratteristici del Quinto Stato.
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mercoledì 3 luglio 2013
CITTADINO E' ANCHE CHI HA UNA PARTITA IVA
Fisco, pensioni e welfare più equi: le proposte dell'Associazione dei Consulenti del Terziario Avanzato (Acta) al governo, ai partiti e ai sindacati: «Quello cognitivo è un patrimonio del lavoro italiano»
Leggi: Cittadino è anche chi ha una partita Iva
Leggi: Cittadino è anche chi ha una partita Iva
giovedì 30 maggio 2013
NON SOLO CASTA: I PRECARI DELL'EDITORIA
Gli operai delle tipografie settecentesche a Milano e a Torino sono stati tra i primi ad organizzarsi nelle società di mutuo soccorso. Erano dotati di una certa istruzione, si ritrovavano nello stesso spazio lavorativo, era facile avanzare richieste ai datori di lavoro e attutire i danni di un'attività logorante. Queste società di mutuo soccorso sviluppavano interventi assistenziali e solidaristici per i lavoratori. Avevano un carattere interclassista, coinvolgevano operai, artigiani e una parte della borghesia cittadina. Nel corso di una generazione, o poco più, diedero vita ai primi sindacati di categoria. Nel 1848 venne fondata la Pia unione dei legatori di libri. A Torino era la più importante società dei compositori. I soci versavano una quota utile per il sussidio dei disoccupati e dei malati. Questi soldi servivano anche alla diffusione dell'arte tipografica (praticamente i corsi di formazione). Questa forma di sindacato autogestito serviva a negoziare i prezzi dei lavori con i padroni e ad organizzare il conflitto in caso di dumping o licenziamenti.
lunedì 11 febbraio 2013
IN ATTESA DI UNA RIVOLUZIONE (POLITICA), POSSIAMO RENDERE SOSTENIBILE LA PRECARIETÀ'?
Sergio Bologna
I
candidati del PD, di SEL, di Rivoluzione civile, hanno letto questo
libretto: In-flessibili. Guida pratica della CGIL per la contrattazione collettiva inclusiva e per la tutela individuale del lavoro? Se non lo hanno ancora fatto, lo facciano. Diranno, sul
problema drammatico dell’occupazione e dei diritti di chi lavora,
qualcosa di meno generico di quanto i più volonterosi tra di loro
vanno dicendo in queste settimane pre-elettorali.
Ma dovrebbero
leggerlo anche i lavoratori con contratti “atipici” e i
lavoratori autonomi con partita Iva, perché il testo lascia
intravedere, a mio avviso, la possibilità di una svolta molto
importante nella storia della CGIL o, meglio, la esplicita, perché
il cambiamento in questi anni c’è stato ma era sotterraneo, non
ancora legittimato dai vertici, e dunque non effettivo. Ora, che
questo libretto, concepito come manuale per la “contrattazione
inclusiva” ad uso dei quadri intermedi del sindacato, delle RSU e
dei delegati, sia presentato da due segretari nazionali, dimostra che
ci troviamo di fronte a una possibile inversione di rotta di cui la
Direzione CGIL è ben consapevole. Ma di quale svolta si tratta?
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giovedì 6 settembre 2012
AUTONOMI E FREELANCE: IL DILEMMA DEL TOPO NEL FORMAGGIO
“Topi nel formaggio”, “individui servili” e “culturalmente rozzi”, protagonisti di “pratiche non di rado sgradevoli e perfino ripugnanti della nostra vita pubblica”. Sono alcune delle espressioni usate negli anni Settanta da Paolo Sylos Labini a proposito della crescita esponenziale di una nuova forza-lavoro, il lavoro indipendente che non rientrava nel modello produttivo della grande fabbrica, in quello del lavoro salariato e, in generale, del lavoro dipendente. Da allora ne è passato di tempo ma, per la sua strutturale complessità, il lavoro indipendente resta ancora oggi un'anomalia rispetto al governo delle relazioni produttive e alle politiche del lavoro.
Il processo di formazione del lavoro indipendente ha un carattere globale e non può essere limitato alle valli bergamasche, alle province del Veneto o ai distretti industriali. E’ stato un fenomeno metropolitano che ha investito per un ventennio le scuole e le università, tracimando dagli angusti, e probabilmente inesistenti confini della “piccola borghesia”, a quelli dei comportamenti di massa, dell’immaginazione simbolica e degli stili di vita della popolazione più giovane e acculturata e avrebbe, più tardi, inciso sulla mentalità della forza lavoro qualificata, intellettuale e professionale che Sergio Bologna e Andrea Fumagalli definirono, nel 1997, "lavoro autonomo di seconda generazione". Negli ultimi quindici anni si è consolidato un lavoro orientato alle funzioni cognitive e delle relazioni sociali. Oggi questa situazione riguarda i giovani tra i 25 e i 34 anni che hanno aperto la partita Iva nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (cioè nel lavoro cognitivo autonomo) e, all'inizio del 2012, hanno superato per la prima volta quelle aperte nel settore tradizionale delle partite Iva, quello del commercio e dell'artigianato.
Il processo di formazione del lavoro indipendente ha un carattere globale e non può essere limitato alle valli bergamasche, alle province del Veneto o ai distretti industriali. E’ stato un fenomeno metropolitano che ha investito per un ventennio le scuole e le università, tracimando dagli angusti, e probabilmente inesistenti confini della “piccola borghesia”, a quelli dei comportamenti di massa, dell’immaginazione simbolica e degli stili di vita della popolazione più giovane e acculturata e avrebbe, più tardi, inciso sulla mentalità della forza lavoro qualificata, intellettuale e professionale che Sergio Bologna e Andrea Fumagalli definirono, nel 1997, "lavoro autonomo di seconda generazione". Negli ultimi quindici anni si è consolidato un lavoro orientato alle funzioni cognitive e delle relazioni sociali. Oggi questa situazione riguarda i giovani tra i 25 e i 34 anni che hanno aperto la partita Iva nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (cioè nel lavoro cognitivo autonomo) e, all'inizio del 2012, hanno superato per la prima volta quelle aperte nel settore tradizionale delle partite Iva, quello del commercio e dell'artigianato.
giovedì 21 giugno 2012
DDL FORNERO: CHIAMATELA RIFORMA "DAMIANO-TREU"
Giuseppe Allegri*
Converrà chiamare “Riforma Damiano-Treu” il Disegno di legge sul “mercato del lavoro” attualmente in discussione alla Camera dei Deputati e comunemente definito “Riforma Monti-Fornero”, soprattutto dinanzi all'inspiegabile urgenza di una sua approvazione a tappe forzate, che i due parlamentari del PD, Relatori della legge, l'uno – Tiziano Treu – al Senato, l'altro – Cesare Damiano – alla Camera, hanno sapientemente inserito nelle corsie preferenziali di lavori parlamentari altrimenti immobili e rissosi.
Converrà chiamare “Riforma Damiano-Treu” il Disegno di legge sul “mercato del lavoro” attualmente in discussione alla Camera dei Deputati e comunemente definito “Riforma Monti-Fornero”, soprattutto dinanzi all'inspiegabile urgenza di una sua approvazione a tappe forzate, che i due parlamentari del PD, Relatori della legge, l'uno – Tiziano Treu – al Senato, l'altro – Cesare Damiano – alla Camera, hanno sapientemente inserito nelle corsie preferenziali di lavori parlamentari altrimenti immobili e rissosi.
«Devo arrivare al Consiglio europeo del 28 giugno con la riforma del mercato del lavoro, altrimenti l'Italia perde punti». Quella riforma del Welfare «presto verrà rivalutata anche da coloro che, pur avendola confezionata partecipando alle consultazioni, ora la criticano». Così si è espresso, lapidario e proverbiale, il Premier di unità nazionale Mario Monti lo scorso sabato 16 giugno, ospite de “La Repubblica delle idee”.
Evidentemente dicono molte verità queste due affermazion:
Da una parte la consapevolezza che l'unica “riforma” che questo Governo agonizzante può incassare è quella sul “mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, come recita il DdL presentato mesi fa al Senato da Fornero e Monti. Sembra un titolo beffardo per un Paese che entra nel quarto trimestre consecutivo di recessione, in cui l'unica cosa che cresce è la disoccupazione, prossima all'11%, mentre quella giovanile è già intorno al 35%. Sicuramente è un successo assai misero per una maggioranza governativa da grande coalizione, chiamata ad approvare “riforme di struttura” e “salvare il Paese”.
Dall'altra la certezza che le parti sociali - il patto dei produttori, di sindacati confederali e Confindustria – hanno contribuito attivamente in sede di mediazione parlamentare del testo (soprattutto tramite il Relatore al Senato, l'on. Tiziano Treu e la sua sapiente mannaia taglia-emendamenti) ed ora fingono – invero in modo assai timido – un'opposizione di facciata, dinanzi al precipitare delle condizioni di vita e sopravvivenza delle persone, ancor prima di poterle pensare “forza lavoro”.
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domenica 10 giugno 2012
CENERENTOLA SENZA LIETO FINE

Sergio Bologna
Sul sito tv.fanpage.it si leggeva un po’ di tempo fa:
"L’opera lirica "Cenerentola" di Rossini arriva sulla Rai grazie ad Andrea Andermann, lo stesso che ha portato il Rigoletto di Verdi in tv nel 2010: il progetto era già previsto per il 2011, ma arriva oggi a definizione con la scelta di musica, orchestra, ambientazione e regista. Quest’ultimo, ruolo importantissimo per la difficoltà nel mescolare cinema, lirica e televisione in opere di tale sorta, sarà ricoperto dall’orgoglio italiano Carlo Verdone, sin ora direttore dei suoi film e per la prima volta insignito di un sì prestigioso impegno.
Restano ancora sconosciuti i nomi degli attori che saranno coordinati dal romano e trapela solo la presenza, non confermata, di Ruggero Raimondi. "Dopo aver superato questo, girare un film sarà facilissimo" ammette Verdone, scelto come regista dell’opera anche per la stima che nutre verso il compositore Rossini. “Se ci fosse stato un altro compositore avrei detto no” dice il regista, senza peli sulla lingua, consapevole della grandiosità del progetto che andrà in onda in mondovisione. Le macchine da presa del romano si muoveranno tra Palazzo Reale a Torino, il parco regionale La Mandria, Villa dei laghi e la palazzina di caccia di Stupinigi, per il montaggio dei due momenti televisivi entro i quali si dislocherà l’opera: la diretta è prevista per il 3 giugno alle 20.30 e alle 23.30 e lunedì 4 alle 20.30. La coreografia della Cenerentola rossiniana sarà curata da Ennio Guarnieri, mentre le composizioni del celeberrimo musicista italiano verranno eseguite dai 64 elementi dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai con Gianluigi Gelmetti maestro d’orchestra".
Ed in effetti i telespettatori hanno potuto godere di questa nuova impresa della rete nazionale. Senonché, il giorno dopo la seconda emissione, "l’orgoglio italiano" Carlo Verdone riceveva questa lettera indirizzatagli dai lavoratori che avevano contribuito alla riuscita dello spettacolo:
"Ci chiediamo e chiediamo a Carlo Verdone, dopo la messa in scena della sua opera:
"Ma Lei è a conoscenza di tutto questo? Lei sa che il livello di barbarie contrattuale toccato in questa produzione non si era mai raggiunto, né a Torino né altrove in Italia, in nessun progetto Audiovisivo? I lavoratori, di ogni categoria, che sono coinvolti lamentano arroganza, maleducazione, soprusi e ricatti. Hanno subito vessazioni dall’inizio del loro rapporto con Rada Film sotto tutte le forme, la prima delle quali ovviamente è stata la minaccia di "espulsione" in caso di lamentele. Usiamo il temine "espulsione" invece che "licenziamento" non a caso, essendo per la maggior parte rimasti a lungo al lavoro prima di essere assunti. Quindi privi di Collocamento e obblighi contributivi da parte della Rada Film.
I contratti non si sono visti per molti lavoratori, nonostante i quotidiani solleciti, e quando sono comparsi non erano a regola. Non citano la paga, né la data di riscossione delle spettanze, né i termini dell’assicurazione obbligatoria, né l'orario di lavoro. Lei sa Sig. Verdone che nessuno ha ancora preso un Euro e alle richieste sul pagamento del dovuto viene loro risposto in modo vago ed approssimativo? Nel nostro Contratto Collettivo c'è l’obbligo di pagamento settimanale ai lavoratori. Ci sono persone che lavorano al Suo progetto da metà marzo e non hanno avuto un Euro di acconto.
Molti importanti collaboratori della prima ora se ne sono andati scandalizzati dalle condizioni di lavoro a cui erano chiamati a sottostare (tra questi Renato Berta, che avrebbe dovuto dirigere la fotografia, uno dei nomi illustri della recente storia del cinema, vincitore tra l’altro del ‘Donatello d’Oro’ del 2011 per il film di Martone ‘Noi ci credevamo’ N.d.A.). Lei sa che la Rada Film ha negato ai suoi collaboratori decine e decine di obblighi giornalieri contributivi obbligatori?
Abbiamo letto tutti l’articolo di qualche giorno fa su "Repubblica – Torino" in cui si faceva cenno alla visita negli uffici di produzione dell’Ispettorato di Lavoro di Torino e da cui si deduceva (parole del direttore di produzione, Sig. Paolo Antonucci) che gli Ispettori avevano trovato "tutto in regola". Ecco, questo è il punto. Non si sa se l’Ispettorato del Lavoro sia stato convocato da qualche lavoratore scontento o da chissà chi, sta di fatto che tutto è successo in quell’Ispezione, tranne che trovare "tutto in regola". Lei lo sa, Sig. Verdone, che al momento dell’arrivo degli Ispettori di Lavoro negli uffici di Produzione sono state fatte "allontanare" in attesa della fine dei controlli delle figure professionali che erano lì al lavoro, perché non in regola e quindi c’era il timore che potessero essere testimoni scomodi? Molti lavoratori chiamati "a giornata" non hanno mai dovuto presentare documenti di assunzione perché previsti completamente "in nero". In questa situazione Lei, Sig. Verdone, si è apprestato a condurre in porto la Sua Opera. Non sappiamo quanto frutterà alla Sua persona o alla Società di Produzione, e nemmeno vogliamo saperlo. Né sappiamo quanto reddito produrranno gli introiti pubblicitari derivanti da un progetto così grande, da andare in diretta mondiale. Ma sappiamo che tutto questo è stato fatto sulla pelle di tanti lavoratori onesti, professionali e precari che meritavano un trattamento migliore, quantomeno in termini di dignità e di legalità".
A scrivere questa lettera è stato il S.A.L.A. Sindacato Autonomo Lavoratori Audiovisivo.
Nella nostra Associazione ci sono parecchi soci a partita Iva che lavorano nel settore audiovisivo e le "regole" che vigono in questo mercato le conoscono bene. Come quella di coinvolgere dei tecnici, degli specialisti, in un progetto interessante, fare leva sulla loro passione per il lavoro, cominciare a definire il progetto in tutti i dettagli... e poi un giorno arriva la notizia "scusate, ma il finanziatore ha cambiato idea, ha problemi, però forse ne riparliamo tra qualche mese... il vostro lavoro non andrà perduto... siete bravissimi". Mesi di lavoro gratis con il miraggio di un contratto che verrà. E se chiedete a uno di questi soci: "Ma perché continui a cascarci, perché non ti sei fatto fare subito un contratto?", allargano le braccia e rispondono "O metti in conto tre bidoni prima che un progetto vada in porto o non lavori..."
Per i nostri soci che lavorano a Partita Iva la situazione è ancora più difficile. Il rapporto è quasi sempre con Agenzie, farsi "collocare" sta diventando un miraggio, la botta degli aumenti alla Gestione Separata li costringerà a gettare la spugna. E qualcuno ormai ha deciso di emigrare...
Godetevi la conferenza stampa di Andermann:
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Sergio Bologna
mercoledì 2 maggio 2012
IL GRANDE ALIBI E LE SIMMETRICHE IPOCRISIE
Sergio Bologna
E’ finito il tempo in cui tutta la crisi del paese si poteva addossare alle responsabilità della Lega e del Cavaliere. E’ finito il Grande Alibi con il quale certi partiti e grandi organi di stampa hanno vissuto, o vegetato, coprendo le loro responsabilità storiche con le immagini marionettistiche o truci di Bossi e Berlusconi. Adesso stanno lì, mezzi nudi, e la loro pochezza è sempre più visibile. Cercano di fare un po’ lo stesso giochetto con il governo Monti, ci provano, ma è più difficile, lo hanno voluto loro, lo ha confezionato il Presidente. Come si può sconfessare una cultura, propria di quella generazione di ex comunisti, che ha sempre visto il nemico a sinistra e considerato alla stregua dell’eversione le espressioni di autonomia di pensiero che si fanno rappresentanza?
"Lo scontro sull’art. 18 non è una politica per lo sviluppo, è una scena di simmetriche ipocrisie [...]. Si parla di stabilizzazione, si parla di contratto unico, ma perché nessuno parla dei working poor? Si parla di disoccupati, ma perché nessuno parla degli occupati che stanno certe volte peggio dei cassaintegrati? Perché chi lavora per far rispettare i suoi diritti deve sempre ricorrere alla magistratura? ".(Pubblicato sulla Newsletter Lab21)
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E’ finito il tempo in cui tutta la crisi del paese si poteva addossare alle responsabilità della Lega e del Cavaliere. E’ finito il Grande Alibi con il quale certi partiti e grandi organi di stampa hanno vissuto, o vegetato, coprendo le loro responsabilità storiche con le immagini marionettistiche o truci di Bossi e Berlusconi. Adesso stanno lì, mezzi nudi, e la loro pochezza è sempre più visibile. Cercano di fare un po’ lo stesso giochetto con il governo Monti, ci provano, ma è più difficile, lo hanno voluto loro, lo ha confezionato il Presidente. Come si può sconfessare una cultura, propria di quella generazione di ex comunisti, che ha sempre visto il nemico a sinistra e considerato alla stregua dell’eversione le espressioni di autonomia di pensiero che si fanno rappresentanza?
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domenica 29 aprile 2012
SE CHI CI GOVERNA NON SA IMMAGINARE IL FUTURO, PROVEREMO A FARLO NOI
Siamo lavoratrici e lavoratori della conoscenza, dello spettacolo, della cultura e della comunicazione, della formazione e della ricerca, autonomi e precari del terziario avanzato. Lavoriamo con la partita IVA, i contratti di collaborazione, in regime di diritto d'autore, con le borse di studio, nelle forme della microimpresa e dell'economia collaborativa. Siamo cervelli in lotta, non in fuga, ovunque ci troviamo.
mercoledì 25 aprile 2012
"VA' A LAVURA' CHE L'E' MEI"
Sull'arte sottile della disinformazione fondata sulle parola-baule "precarietà" e "cultura". "Cosa fanno questi precari della cultura? Lavorano?". "Ma andate a lavorare!". Sono alcune delle reazioni all'appello "Se chi ci governa non sa immaginare il futuro, proveremo a farlo noi", pubblicato anche sul Corriere della Sera, intitolato"Noi precari della cultura, questa riforma non ci tutela".
sabato 17 marzo 2012
GIORNALISTI FREELANCE: SOMMERSI E SALVATI
Sono i "paria" dell'informazione. I dati parlano di una vergogna senza precedenti che si può paragonare senza timore di esagerare, a quella dei caporali che sfruttano la manodopera a giornata. Due euro al pezzo, 5 o dieci. E non importa che si tratti di grandi testate o del giornale di provincia. Il precariato sottopagato non è più limitato al “periodo di prova”, cui segue un’assunzione: può invece durare una vita intera. Scrivere in Italia, la giungla del lavoro immateriale sottopagato, senza diritti, non tutelato:
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Sergio Bologna
mercoledì 22 febbraio 2012
LA PARTITA IVA E LA RAI: UNA LUNGA STORIA
Il blitz del coordinamento dei giornalisti freelance «Errori di Stampa» è riuscito. Colpita in pieno volto dalla notizia sulla clausola maternità inserita nei contratti di consulenza per i collaboratori esterni, la Rai ne aveva negato l'esistenza ma poi, con un intervento del direttore generale Lorenza Lei, ieri ha ammesso di «non avere nessuna difficoltà ad eliminarla».
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