Marco Bascetta
Lavoro gratuito. Se si ammette lo scambio diretto tra il
lavoro e un debito che non può essere pagato, si attenta alla libertà
della persona. Come nella Francia. Prima della rivoluzione. Capita oggi
con lo «Sblocca Italia»
La macchina infernale del lavoro gratuito, saldamente piantata nel
cuore del sistema-paese, si va arricchendo di un settore molto
promettente nella sostituzione di quello retribuito, a vantaggio delle
amministrazioni comunali.
Si tratta del cosiddetto «baratto
amministrativo», fondato sull’articolo 24 del decreto Sblocca-Italia. Si
prevede che singoli e associazioni possano proporre interventi,
«pulizia, manutenzione, abbellimento di aree verdi, piazze, strade
ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di
interesse generale», in cambio di sconti fiscali.
Con una
interpretazione alquanto estensiva, per non dire capziosa di questa
generica norma, diverse amministrazioni comunali vi hanno scovato lo
strumento per recuperare crediti fiscali altrimenti inesigibili. Tra i
primi a sperimentare questa strada fu un comune della provincia di
Novara che aveva offerto a un cittadino in arretrato con la Tasi e il
canone di affitto di un appartamento comunale di sdebitarsi svolgendo
gratuitamente lavori di manutenzione. L’episodio fu prontamente
celebrato su diversi organi di stampa come edificante esempio di
collaborazione tra cittadini e istituzioni pubbliche, come nuova forma
di partecipazione, sia pure non proprio volontaria, ai bisogni della
collettività.
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giovedì 1 ottobre 2015
L’ULTIMA CORVEE SI CHIAMA «BARATTO AMMINISTRATIVO»
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giovedì 22 gennaio 2015
PERCHE' IL GOVERNO 2.0 DI RENZI VUOLE ELIMINARE I FREELANCE
Roberto Ciccarelli
Dal primo gennaio in vigore la riforma del regime fiscale agevolato per le partite Iva e l’aumento di tre punti della gestione separata Inps. Gli autonomi annunciano iniziative «non convenzionali» di protesta: «Metteremo il MalusRenzi in fattura». Breve storia della vera contraddizione del governo 2.0 di Renzi: quello che parla di giovani e innovazione e opprime il lavoro autonomo aumentando tasse e la previdenza.
***
Dal primo gennaio in Italia uccidere un freelance con il fisco e la previdenza non è problema. Il governo Renzi non ha voluto evitare l'introduzione della riforma del regime dei minimi e l'aumento dei contributi alla gestione separata dal 27,72% al 29,72% che penalizzeranno gravemente i lavoratori autonomi con la partita Iva. All'indomani dell'approvazione della legge di stabilità, un intervento «ad hoc» è stato promesso dal presidente del Consiglio «nei prossimi mesi», ma la doppia tagliola predisposta dal suo governo è scattata subito nella legge di stabilità ed è stata recepita dall'agenzia delle entrate.
Questo segmento del quinto stato, a cui afferiscono gli under 35 che dal 1 gennaio apriranno una partita Iva e gli iscritti alla gestione separata dell'Inps, è stato escluso da ogni incentivo garantito al lavoro dipendente dall'esecutivo targato Pd-Nuovo Centro-Destra, ad esempio il bonus degli 80 euro. Senza contare la sua discriminazione rispetto alle categorie del lavoro autonomo che contano di più. Ai commercianti e agli artigiani è stata infatti garantita l'abolizione del minimale Inps e la riduzione del carico fiscale fino a 40 mila euro e 25 mila euro di fatturato (per oltre 500 milioni di euro).
A chi svolge un ruolo nelle professioni del lavoro della conoscenza Renzi ha invece triplicato le tasse. Rispetto al vecchio regime fiscale agevolato, questa platea che il ministero dell'Economia calcola tra 570 mila e 772 mila persone, la riforma prevede 15 mila euro di fatturato lordo fissato come tetto massimo, quindi un reddito netto vicino alla soglia di povertà, insufficiente per il riconoscimento di un anno intero di anzianità contributiva.
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sabato 10 gennaio 2015
LA SOLUZIONE FINALE PER I FREELANCE
Mattia Sullini
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Siamo un Paese vecchio e corporativo che si sta mangiando i suoi stessi figli. Si sta profilando come una vera e propria ecatombe sociale per milioni di giovani e meno giovani. Che sia un bene o un male, il futuro è questo e dobbiamo farci i conti. La scelta di proteggersi da questo futuro accanendosi contro chi lo sta costruendo è ottusa, inutile e crudele
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Siamo un Paese vecchio e corporativo che si sta mangiando i suoi stessi figli. Si sta profilando come una vera e propria ecatombe sociale per milioni di giovani e meno giovani. Che sia un bene o un male, il futuro è questo e dobbiamo farci i conti. La scelta di proteggersi da questo futuro accanendosi contro chi lo sta costruendo è ottusa, inutile e crudele
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Chi si ricorda del “forfettone”, il regime semplificato con un’aliquota forfettaria del 20% cui poteva ricorrere chiunque avesse un reddito imponibile inferiore a 30.000€? Non aveva fatto nulla di male, anzi. Eppure durò veramente poco. La tragedia si consumò nell’estate del 2011, più o meno simultaneamente alla decisione di innalzare i contributi per la gestione Separata (allora al 26%) fino al 33%. Quest’ultima decisione venne sospesa ma in compenso venne emessa sentenza di morte immediata per il forfettone che fu mandato rapidamente in pensione e sostituito con i “superminimi”, il regime iper-agevolato con un’aliquota forfettaria ridotta al 5% che conosce chi ha aperto Partita Iva negli ultimi 3 anni.
La notevolissima riduzione dell’imposizione rese però probabilmente meno visibile una significativa differenza: la durata con il passaggio cessò di essere illimitata: al massimo 5 anni, prorogabili per chiunque non avesse compiuto i 35 anni. Già allora le perplessità furono molte, perchè il nuovo regime dei minimi acquisiva l’identità di politica specifica per i giovani e perdeva ogni caratteristica di sostegno al lavoro autonomo per le fasce di reddito più basse, già prive della possibilità di godere della maggior parte delle forme di welfare. Si concretizzava invece la prospettiva di vedere ulteriormente intaccato il loro reddito disponibile dall’incombente (ed ora operativo) aumento progressivo dell’aliquota INPS per la Gestione Separata fino al 33%.
La notevolissima riduzione dell’imposizione rese però probabilmente meno visibile una significativa differenza: la durata con il passaggio cessò di essere illimitata: al massimo 5 anni, prorogabili per chiunque non avesse compiuto i 35 anni. Già allora le perplessità furono molte, perchè il nuovo regime dei minimi acquisiva l’identità di politica specifica per i giovani e perdeva ogni caratteristica di sostegno al lavoro autonomo per le fasce di reddito più basse, già prive della possibilità di godere della maggior parte delle forme di welfare. Si concretizzava invece la prospettiva di vedere ulteriormente intaccato il loro reddito disponibile dall’incombente (ed ora operativo) aumento progressivo dell’aliquota INPS per la Gestione Separata fino al 33%.
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