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domenica 3 dicembre 2017
ELVIO FACHINELLI: IL DESIDERIO E' DISSIDENTE
Elvio Fachinelli, uno dei più grandi psicoanalisti italiani, nel febbraio del 1968 scriveva su Quaderni Piacentini un articolo rivelatorio: Il desiderio dissidente. Un testo fondativo, da leggere oggi come un antidoto al decimo anno di crisi, dove a "sinistra" si fondano "partiti del Lavoro" e a destra torna l'Imprenditore Eterno. Nel mezzo: populismi e sovranismi, alternati o sovrapposti. Di base: l'alternativa, non escludente, tra l'essere imprenditori di se stessi o l'essere "popolo".
***
"Ciò che conta non è la meta, non è la proposta in sé, più o meno "reale": il gruppo impara sempre meglio che essenziale per la sua sopravvivenza non è l'oggetto del desiderio, ma lo stato di desiderio. E perché questo permanga bisogna perdere l'illusione di un'incarnazione definitiva del desiderio: il desiderio appagato è morto come desiderio, e alla sua morte da seguito la morte del gruppo. Infatti, il modo meglio codificato di appagare il desiderio del gruppo è quello di incarnarlo nella figura del leader. Qui non importa se si tratti di una persona o di un valore. Nel momento in cui il leader tende a esaurire in sé il desiderio collettivo, il gruppo cambia carattere. Da gruppo di desiderio, esso tende a farsi gruppo di bisogno. E questo richiama allora all'interno del gruppo tutti i problemi che la sua costituzione intende risolvere. A una società che offre la soddisfazione del bisogno, il gruppo oppone un perenne NON BASTA. Diventa così una cerniera di passaggio, trasforma quelli che entrano a farne parte e li restituisce all'esterno come germi vitalmente pericolosi. Il desiderio è sempre dissidente"
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sabato 8 dicembre 2012
IN ITALIA C'E' VOGLIA DI RESTANZA
Montiani, per sempre?
Il paese è riuscito a "riposizionarsi". L'affermazione è desunta dalla credibilità che questo governo, mantenuto in vita dall'opportunismo di una "strana" maggioranza che gli ha appena negato la fiducia per motivi elettoralistici (e giudiziari) di Silvio Berlusconi. Grazie a Monti avremmo conquistato l'ammirazione al tavolo delle istituzioni europee che, in cambio, hanno imposto politiche di austerità per la prossima generazione. La formula chiave che spiega l'epoca è stata proposta dal presidente del Censis Giuseppe De Rita:"il riposizionamento della società non significa tirare a campare. Chi è riuscito a riposizionarsi è probabilmente sopravvissuto".
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Roberto Ciccarelli
giovedì 28 giugno 2012
LAPSUS, PASSI FALSI E GAFFE NELLA RIFORMA DEL LAVORO
Roberto Ciccarelli
Nella riforma del lavoro approvata ieri alla Camera, e nelle dichiarazioni del ministro Fornero che l'ha battezzata, emerge un piano impalpabile, addirittura psicoanalitico, di cose dette e poi negate, di pensieri inconfessabili eppur sospirati attraverso la produzione di "gaffe".
Psicoanalisi della Gaffe
Stiliamo una fenomenologia breve della "gaffe", abbozzando un'improvvisata psicoanalisi a partire dall'etimo della parola. Gaffe, apprendiamo, è balordaggine, sproposito, granchio, ma anche sbaglio, topica, equivoco, granchio, azione o espressione inopportuna, atto o parole che rivelino inesperienza o goffaggine. In francese significa afferare con il gancio o gaffa (lunga pertica con due rami, uno diretto e l'altro ricurvo che serve ad agganciare la barca). In italiano "gaffe" si dice anche "gaffa" e deriva dal longobardo "gairo", punta di giavellotto, o "gancio d'accosto".
Una lettura sintomale di questi atti mancati, pulsioni che girano a vuoto, che scambiano la verità per senso comune e la propria banalità per ragione incarnata, racconta meglio questo paese, e la mentalità di chi lo governa, di quanto non facciano i singoli provvedimenti contenuti nella riforma.
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