Bisogna usare con cura i dati sulla condizione occupazionale dei laureati diffusi ieri a Bologna da Almalaurea, il consorzio interuniversitario che riunisce 64 atenei italiani. Nel XVI rapporto che ha coinvolto quasi 450 mila laureati post-riforma emergono due elementi fondamentali: il primo è che, rispetto al quinquennio 2008-2013, la crisi ha colpito i laureati triennali non iscritti ad un altro corso di laurea, tra i quali la disoccupazione è cresciuta di quasi quattro punti percentuali, dal 23% al 26,5%.
La recessione ha fatto una strage tra i neodiplomati tra i 18 e i 29 anni (+14,8% disoccupati), 5,8% tra i diplomati «più anziani», mentre tra i neolaureati è al 6,5% e tra i laureati +2,9%. Tra il 2007 e il 2013 il differenziale tra la disoccupazione dei neolaureati e dei neodiplomati è passato da 2,6 punti a favore dei primi a 11,9 punti percentuali.
Il secondo dato è che, dopo cinque anni, la laurea diventa un argine contro la disoccupazione dilagante, anche se è meno efficace rispetto ad altri paesi. La condizione occupazionale dei laureati tende infatti a migliorare, la stabilità del lavoro e il reddito registra un miglioramento, pur attestandosi su 1400 euro mensili (1358 euro per i triennali,1383 per i magistrali), una media modesta ma comune ai salari italiani. Se invece si misura l'occupazione dopo un anno dalla laurea i dati sono ben più drammatici e dimostrano l'ostilità del mercato del lavoro rispetto ai più giovani. Lo si capisce dalle retribuzioni ad un anno dalla laurea che si attestano sui mille euro netti mensili (1003 per il primo livello, 1038 per i magistrali, 970 per i magistrali a ciclo unico).
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martedì 11 marzo 2014
giovedì 30 maggio 2013
ALTRO CHE "CHOOSY": I LAUREATI SONO FIGLI DELLA BOLLA FORMATIVA
Studiano, vanno all'estero, lavorano di più da precari, sono disposti a cambiare città, si laureano in tempo e sono sempre più giovani. Eppure non trovano lavoro. I dati dell'ultimo rapporto Almalaurea confermano che in Italia è esplosa la bolla formativa e che fino ad oggi sono fallite le riforme che hanno cercato di avvicinare il mondo dell'università a quello del lavoro. Cerchiamo di capire il perché
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giovedì 28 giugno 2012
LAPSUS, PASSI FALSI E GAFFE NELLA RIFORMA DEL LAVORO
Roberto Ciccarelli
Nella riforma del lavoro approvata ieri alla Camera, e nelle dichiarazioni del ministro Fornero che l'ha battezzata, emerge un piano impalpabile, addirittura psicoanalitico, di cose dette e poi negate, di pensieri inconfessabili eppur sospirati attraverso la produzione di "gaffe".
Psicoanalisi della Gaffe
Stiliamo una fenomenologia breve della "gaffe", abbozzando un'improvvisata psicoanalisi a partire dall'etimo della parola. Gaffe, apprendiamo, è balordaggine, sproposito, granchio, ma anche sbaglio, topica, equivoco, granchio, azione o espressione inopportuna, atto o parole che rivelino inesperienza o goffaggine. In francese significa afferare con il gancio o gaffa (lunga pertica con due rami, uno diretto e l'altro ricurvo che serve ad agganciare la barca). In italiano "gaffe" si dice anche "gaffa" e deriva dal longobardo "gairo", punta di giavellotto, o "gancio d'accosto".
Una lettura sintomale di questi atti mancati, pulsioni che girano a vuoto, che scambiano la verità per senso comune e la propria banalità per ragione incarnata, racconta meglio questo paese, e la mentalità di chi lo governa, di quanto non facciano i singoli provvedimenti contenuti nella riforma.
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mercoledì 25 gennaio 2012
MICHEL MARTONE: IL VERBALE DEL CONCORSO PERFETTO
Il verbale del concorso in cui Michel Martone ha ricevuto l’idoneità a professore ordinario. Il destino di un uomo, ricercatore di ruolo, e avvocato, a 26 anni; professore associato a 27, professore ordinario a 29, consulente della Civit presieduta da suo padre per 40 mila euro, viceministro a 38.
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MARTONE: RITRATTO DEL VICEMINISTRO CHE SMENTI' PIETRO ICHINO
Apologo sull'enfant prodige del governo dei Professori. Già protagonista del fallimentare serial tv il "contratto", il sacro graal dei precari, la nomina a viceministro al Welfare di Michel Martone, figlio di Antonio Martone presidente della Civit, segna una sconfitta della linea culturale e politica di Pietro Ichino, più volte considerato ministro in pectore del Lavoro del governo Monti. Scopriamo il perché.
giovedì 12 gennaio 2012
REDDITO DI BASE: L'ANTIDOTO CONTRO IL GENOCIDIO ITALIANO
Il governo Monti proporrà nuovi ammortizzatori sociali e la ministra
Fornero è una fan del reddito minimo (ma condizionato). I sindacati, un tempo fieramente contrari, oggi ne parlano, ma anche loro mettono condizioni. Tutti parlano di un reddito condizionato dall’obbligo di accettare qualunque attività lavorativa. Confindustria nega che ci siano "troppi precari" e "non è vero che ci sono troppi contratti atipici". Proponiamo la recensione all'ultimo libro di Giuseppe Bronzini, l'unico a prospettare soluzioni chiare, realistiche e giuste contro il genocidio di un terzo della forza-lavoro attiva in Italia.
***
È
da segnalare con estrema attenzione e interesse il volume di Giuseppe
Bronzini, Il reddito di cittadinanza. Una proposta per l’Italia e per l’Europa, perché non avrebbe
potuto esserci momento più adatto per la sua pubblicazione,
nel pieno di una crisi che diffonde povertà e insicurezza, con
le timide proposte di un Governo, come quello Monti-Napolitano, che
vorrebbe tenere insieme equità e rigore di bilancio, evocando
sacrifici e «riforma del ciclo di vita», ma anche
l’introduzione di «un reddito minimo garantito per chi è
senza lavoro» (in tutti e due i casi è il Ministro del
Lavoro Elsa Fornero a parlare).
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