Il Console
Arriviamo col solito ritardo, ma
ci pare nel completo silenzio, a festeggiare gli splendenti 85 anni di Alberto
Arbasino, Maestro di furiosa letteratura e poesia.
Noialtri che
nei Titoli di coda di Altri libertini dell'indimenticabile
Pier Vittorio Tondelli, oramai rintracciabili solo nel primo volume
delle Opere curato da Fulvio Panzeri (Bompiani, 2000),
trovammo:
“L'Art
Director ha suggerito, assistito, apostrofato e supervisionato; Alberto
Arbasino ha tracciato poetiche da cinebrivido ne L'Anonimo Lombardo,
Gianni Celati incantevoli trame in Lunario del Paradiso, Michail Bachtin
ottimi, davvero ottimi trip sul Romanzo Polifonico”.
Ecco
squadernato, con parole visionarie e magiche, il nostro laico paradiso di
letterati e i loro affetti ed effetti, su di noi. Potenti trip che ci
parleranno per sempre. Con al centro il comune Maestro Alberto Arbasino. Questa
evocazione da parte di Tondelli non ha nulla della pedante prescrizione
normativa, da letterati in naftalina.
E Alberto
Arbasino, proprio da L'Anonimo Lombardo, finito di stampare
cinquantacinque anni fa, sul crinale del 1959, ci educa a una sapiente
diffidenza contro tutte le “prescrizioni affliggenti” che abbiamo incontrato
nelle nostre scuole e università.
“Già. Le
ricette di un autore del Dugento in materia di bello scrivere funzionano
appunto limitatamente al bello scrivere del Dugento. Come del resto accade per
la pittura e gli abiti d'epoca. E magari, quel tale dugentesco non era poi un
autore tanto tanto bravo... Ma lo stesso principio varrà per ogni secolo [..]
Già. Le
prescrizioni affliggenti del ginnasio e liceo, i «questo non si deve»
delle premiate facoltà di lettere, rimangono giudizi scolastici che
pretendono di assumere valore normativo appoggiandosi ad autorità remote,
consunte, inservibili, idiosincrasie che (se puntualmente osservate)
faranno produrre tutt'al più dei gustosi calchi della Cena delle beffe...”
E poche
pagine dopo, nel solco di quello che lo stesso Tondelli dirà nei decenni
successivi, riprendendolo ancora una volta da Arbasino, in una celebre lettera
a lui indirizzata, con “il trip della poetica del sale sulla ferita,
dell'andare dentro alle storie e alla realtà senza reticenze piccolo-borghesi”.
Ecco allora
Arbasino, sempre da L'Anonimo Lombardo:
“Sviluppare
da un materiale passabilmente «tragico» un groviglio di variazioni
proliferanti «da ridere»: ma ridere col Sale nella Ferita,
come quando ci diverte profondamente l'estetica di Scott
Fitzgerald e magari la saviezza di Hemingway, perché appena finiti i
bombardamenti e i combattimenti, invece di rimasticarli e riviverli da capo per
tutta la vita fra ossari e sacrari si stappa l'età del charleston e dello
champagne. Scelte già vissute e rivissute: Caporetto o Montparnasse, Carso
o Piccadilly, c'è chi ama il Testamento del Capitano e il Milite Ignoto, e chi
preferisce i Balletti Russi o il jazz, arrivando ovviamente non al
Fascio, ma a Fiesta. E a Gatsby.”
Che Fiesta
sia, Alberto Arbasino, per continuare a preferire champagne, balletti russi
e musica che batta il nostro tempo, alla permanente ricerca di quell'orgastic
future that year by year recedes before us. Auguri Maestro furioso!
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