domenica 13 gennaio 2013

RODOTA': "IL REDDITO DI CITTADINANZA E' UN DIRITTO UNIVERSALE"

«In Europa - sostiene Stefano Rodotà, uno dei giuristi italiani che hanno partecipato alla scrittura della Carta di Nizza e autore de "Il diritto di avere diritti" - siamo di fronte ad un mutamento strutturale che spinge qualcuno ad adoperarsi per azzerare completamente i diritti sociali, espellere progressivamente i cittadini dalla cittadinanza e far ritornare il lavoro addirittura a prima di Locke. Per accedere ai beni fondamentali della vita come l'istruzione o la salute, dobbiamo passare per il mercato e acquistare servizi o prestazioni. Il reddito universale di cittadinanza è il tentativo di reagire al ritorno a questa idea di cittadinanza censitaria».

Il reddito di cittadinanza, dunque, non il «salario minimo sociale e legale» chiesto dal presidente uscente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Come spiega questa dichiarazione?

Juncker ha mostrato più volte un'attenzione rispetto ad una fase nella quale debbono essere ripensati una serie di strumenti anche partendo da una riflessione più profonda sulla dimensione dei diritti. A parte la sua citazione di Marx, credo che la sua dichiarazione dovrebbe essere valutata alla luce dell'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali. In una delle sue carte fondative l'Ue si impegna a riconoscere il diritto all'assistenza sociale e abitativa e a garantire un'esistenza dignitosa ai cittadini. C'è un'assonanza molto forte con uno dei più belli articoli della nostra Costituzione, il 36. Considerati insieme, questi articoli offrono una chiave per considerare il reddito fuori dalla prospettiva riduzionistica con la quale di solito viene considerata. Diversamente dall'approccio del salario minimo, il reddito non può essere considerato solo come uno strumento di lotta contro la marginalità. In Europa non c'è solo la povertà crescente. Io credo che oggi la lotta all'esclusione sociale passi attraverso l'adozione del reddito di cittadinanza.


Cosa ne pensa del "reddito di sopravvivenza" proposto da Monti nella sua Agenda?
Monti si ispira all'idea riduzionista del welfare. La sua società è quella del capitalismo compassionevole di George Bush dove la vita degli esclusi è pari al grado zero dell'esistenza, un'esistenza che non è quella libera e dignitosa, è pura e semplice nuda vita. È l'idea che lo Stato deve cercare di non far morire i poveri. È una prospettiva inaccettabile. Se poi questo reddito di sopravvivenza è considerato non come la guida da seguire, ma come un passo per andare oltre verso il reddito di cittadinanza, non nel modo riduttivo in cui se ne sta parlando in questi giorni come il salario minimo, possiamo aprire una discussione qualitativamente importante nella cultura politica. Una discussione obbligata dati i tratti che ha la nostra Costituzione e la prospettiva indicata dalla Carta dei diritti. Esistenza e sopravvivenza sono però agli antipodi. Certo, dobbiamo considerare anche la sopravvivenza, ma quello cui noi dobbiamo guardare è l'esistenza libera e dignitosa.

Riesce ancora a mantenere una fiducia ammirevole nelle istituzioni europee e a non considerarle solo come l'emanazione diretta della Bce o della volontà tedesca di imporre politiche anti-inflattive e di rigore nei bilanci pubblici. Come mai?

Ma perché l'Europa non è a geometria variabile. Non può essere ridotta solo alle politiche economiche che assorbono tutte le altre dimensioni. Non è possibile ricordarsi degli aspetti virtuosi dell'Europa solo quando interviene per sanzionare i licenziamenti di Pomigliano oppure la legge italiana sul testamento biologico e dimenticarli quando impone di considerare l'economia come il Vangelo, con questa idea di mercato naturalizzato. L'Europa è un campo di battaglia. Io stesso ricordo la fatica di introdurre nella Carta di Nizza i principi di solidarietà e uguaglianza che prima mancavano.

Susanna Camusso (Cgil) sembra avere tutt'altra idea sulla proposta di Juncker e ha escluso il «salario minimo» perché danneggerebbe la contrattazione nazionale. Come lo spiega?Capisco la sua volontà di salvaguardare la dimensione contrattuale, ma la trasformazione strutturale che viviamo ci obbliga ad andare oltre questo orizzonte. Il tema capitale e ineludibile è il reddito universale di cittadinanza. Martedì 15 a Roma presentiamo il libro Reddito minimo garantito del Basic Income Network dove discuteremo anche le proposte di Tito Boeri e Pietro Garibaldi, persone tutt'altro che ascrivibili ad un'orizzonte estremista. Il reddito è uno strumento fondamentale per razionalizzare un sistema altamente disfunzionale e sgangherato come quello italiano sulle protezioni sociali. Nei primi giorni di governo l'aveva citato anche Elsa Fornero, poi ha abbandonato questa prospettiva.

Di solito la sinistra e i sindacati considerano il reddito come un ammortizzatore sociale. Lei ritiene che sia un approccio corretto?

Assolutamente no. Oggi non è più possibile considerarlo come uno tra i tanti ammortizzatori sociali perché dobbiamo cominciare a lavorare sulla distribuzione delle risorse. L'idea degli ammortizzatori sociali riflette un modo di guardare al precariato come un problema sostanzialmente transitorio che l'intervento dei governanti farà rientrare in una situazione di normalità. Oggi non è più così e il reddito è una precondizione della cittadinanza, uno strumento per affermare la pienezza della vita di una persona. Riguarda anche i lavoratori che si trovano in difficoltà, ma è un diritto di tutti i cittadini. Questa è la prospettiva. Dopo di che, lo dico sinceramente, questo è un processo. Come per tutti gli istituti che hanno innervato, attraverso il diritto del lavoro, il modo in cui la società si organizza, ci possono essere tappe diverse, momenti di avvicinamento progressivo. 

Quali sono le prime tappe di questo processo?

Ripristinare l'agibilità democratica nelle fabbriche; difendere il diritto del lavoro dalla privatizzazione strisciante che non è una fissazione della Fiom o di Maurizio Landini; una nuova legge sulla rappresentanza sindacale ma soprattutto ripristinare il diritto all'esistenza che passa attraverso il reddito di cittadinanza. È una questione di cui non possiamo liberarci né con un'alzata di spalle come ha fatto Carlo Dell'Aringa, ma anche dicendo che il contratto funziona bene, il sindacato fa la sua parte, mentre invece nella società c'è più di qualcosa che non funziona. Dobbiamo pensare a una trasformazione radicale, proprio come accadde con lo Statuto dei lavoratori. Perché non dovrebbe accadere oggi?

Perchè forse allora c'era l'autunno caldo, la migliore cultura giuslavoristica con Giugni, Romagnoli, Mancini sostenne l'avanzata del movimento operaio. Oggi non è così...

C'è una certa sordità del sindacato perché ritiene che gli strumenti acquisiti siano sufficienti per fronteggiare qualsiasi situazione. Ricordo che Romagnoli gli ha rivolto critiche molto severe quando abbiamo elaborato e firmato il referendum contro le modifiche all'articolo 18 e contro l'articolo 8. In generale trovo spaventoso constatare i guasti della progressiva emarginazione del dialogo con la cultura politica. E questo non accade solo nel mondo del lavoro.


Tutti sperano che il 2013 sia l'anno del ritorno alla crescita dell'Europa. E' più un auspicio, che la realtà. Mi sembra di capire che per lei la precondizione fondamentale anche per la crescita economica sia una trasformazione radicale del modello sociale vigente. Che tipo di modello sociale è quello fondato sul reddito di cittadinanza?
Non può non essere fondato sulla tutela e la garanzia dei diritti sociali che oggi vengono espulsi attraverso la naturalizzazione del mercato. Questo deve essere un punto di riferimento necessario per un nuovo modello sociale. Non voglio semplificare eccessivamente, ma se guardiamo oggi a quello che accade nel mondo è certo che esiste la prepotenza e la violenza della logica mercantile. Ma esiste anche tutta una serie di azioni politiche che cercano di ridurre il danno. Quello che è avvenuto negli Stati Uniti con gli interventi contro la disoccupazione o la riforma della Sanità di Obama, da molti considerata come un pannicello caldo, è invece una vera rivoluzione per gli Usa. Mi ricordo Hillary Clinton quando espose al Congresso la sua riforma sanitaria che fu spazzata via dalla potenza delle società di assicurazioni. Questo significa che la dimensione dei diritti sociali e il riferimento a principi fondativi è quello che noi dobbiamo avere presente.  


Roberto Ciccarelli
(versione completa dell'intervista apparsa su "Il Manifesto"  12 gennaio 2013)

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Leggi anche: Perché la politica italiana non capisce il reddito minimo garantito? di Giuseppe Allegri

Leggi: Salario o reddito? Il minimo che manca in Agenda di Roberto Ciccarelli

Leggi: "Il reddito di cittadinanza è un diritto universale" su Micromega

9 commenti:

  1. ritengo RODOTA' uno studioso ed un VERO UOMO POLITICO.! Torna quanto mai difficile non condividere il Suo pensiero ed il modo di esporlo in maniera intellegibile anche a chi non ha una cultura specifica..!

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  2. dei Rodotà si è rotto lo stampo...

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  3. Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di questi grandi uomini come Rodotà. Speriamo che le sue proposte vengano prese in considerazione nel prossimo governo, perché un uomo senza lavoro e senza reddito indispensabile alla vita decorosa di un essere umano si può considerare un uomo morto.

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  4. Che persona straordinaria!, è incredibile come riesca a farsi capire da tutti....semplicemente. Lo vorrei Presidente della Repubblica Italiana.

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  5. mio padre naviga da 30 anni e sta mantenendo a fatica 2 studenti fuori sede, la sua pensione sarà da fame, perché dovrebbe vedersi annullare di colpo tutti i contributi ed avere un reddito di cittadinanza pure peggiore???
    Ragionate

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    1. caro francesco, probabilmente hai confuso quello che dice rodotà sul reddito di cittadinanza, come diritto universale, con le cose confuse, e inquietanti, che dice grillo. secondo il quale il reddito fa finanziato (anche) tagliando gli stipendi (e forse pensioni) dei dipendenti pubblici - parte della "casta". ti consigliamo vivamente di rileggere questa intervista, e se hai tempo, l'ultimo libro di rodotà, dove si parla anche di questi problemi. non tutto l'esistente si esaurisce nel polverone alzato da grillo. saluti

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    2. non capisco perchè deve essere grillo il colpevole della confusione! Comunque è vero; Grillo inizialmente parlava di reddito di cittadinanza e poi ha usato altri termini, fino ad arrivare all'assegno disoccupazione forse rendendosi conto che: 1-la gente non capiva cos'è il reddito di cittadinanza 2-che la situazione ha bisogno di risorse economiche immediate per far fronte a un'emergenza reale di disperazione. Il taglio delle pensioni che proponeva era per le pensioni d'oro, oltre una certa cifra e per un numero di anni. Un contributo di solidarietà, non carità, fra membri di una comunità in grave crisi e in cui, per diritto, nessuno deve restare indietro.

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  6. non sono sicuro di aver capito bene la proposta di Rodotà e ne chiedo conferma:

    sia nel caso della retribuzione da lavoro (art. 36 Costituzione), sia nel caso di un reddito concesso a chi non può lavorare (reddito di cittadinanza), si ritiene importante trovare il modo di riconoscere agli individui un reddito tale da garantire un esistenza libera e dignitosa.

    E' così?


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  7. reddito di cittadinanza, di disoccupazione, di sopravvivenza, di sussistenza, minimo, di dignità, sociale e legale, sembra ci sia l'imbarazzo della scelta e si tratti solo di scegliere il meglio, quello che va meglio per tutti dopo un calcolo benefici-costi.
    Aooooooooo, ma ve volete sveglià, qui si fa la fame, e se non si riesce a scappare manco quella si fà, si crepa, in mezzo alla strada, o in casa coi genitori a meditare omicidi e suicidi.
    Ma la volete finì di fare i distinguo costituzionali e partitici quando la prima cosa da fare è di dare soldi a chi a un reddito 0. uno zero grosso cosìììììììì.
    Negli altri paesi europei (io vivo in Inghilterra, un paese di merda che voi non vi potete manco immagginà, dove celebrano la morte della Thatcher come quella di un eroe popolare e dove 4 giornali su 5 hanno in seconda pagina, dopo il meteo e le tette, storie di malvagi scrocconi che si permettono di ricevere 300-400 pound al mese senza lavorare, come se ci fosse lavoro dignitoso in giro), ci stanno dei minimi di reddito di disoccupazione, per far sopravvivere la gente, per darli un'indipendenza seppur nella povertà, che a un uomo vero non è la povertà che fa problema, è la schiavitù, e non si parla altro che l'eliminarli il più possibile sti redditi, a poco a poco, fino a che non resti altra alternativa che essere disposti a fare qualunque lavoro (anche le SS) o a morire di fame.
    E voi siete qui a fare i distinguo.
    Ma che si introduca qualsiasi misura che dia la possibilità di respirare. che ne so, in una città del sud, (io sono di Catania) 200 euro al mese e una stanza in affitto. poi si può cominciare a parlare di cosa meglio e di cosa è peggio.
    Ma per favore và....

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