Giuseppe Allegri-Roberto Ciccarelli, Il Quinto Stato |
Un libro è un collettivo di voci. Non c'è solo chi scrive, l'"autore", e dall'altra parte il "pubblico" che - bontà sua - acquista e legge. Il Quinto Stato che esce oggi in libreria e in E-book è una partitura. Se risulterà stonata, sarà responsabilità dei soli autori, come sempre. Ma chi ha scritto ha cercato di accordare la sua voce con chi parla. Chi parla potrebbe riconoscersi su quest'onda.
In questo libro
troverete ponti temporali nel passato e verso il futuro. Quelli che collegano l'arte di Piranesi con le fughe sul posto di Diogene
il cinico, la rivolta di Eleonora Pimentel de Fonseca a Napoli nel 1799 con lo spirito di
associazione dei coworking e del FabLab. Le intuizioni del “quartario”
Luciano Bianciardi con la Manchester/Madchester dei “quintari”,
del situazionista Tony Wilson e dei Joy Division.
Torniamo a Parigi, capitale
del XIX secolo, con l'Europa che vorremmo, spazio politico dove
lottare per
maggiore libertà, solidarietà e giustizia sociale. Parliamo con il
sindacalismo delle origini di Osvaldo Gnocchi-Viani e con la
Freelancers
Union di Sara
Horowitz. Filippo Buonarroti e Adriano Olivetti
con le sperimentazioni dell'autogestione urbana.
Non è un collage, è un modo di raccontare una storia. Parliamo con Thomas Paine di giustizia sociale. Arthur Rimbaud nelle notti parigine, con l'arte di
un nuovo vivere in comune. Robespierre con la sovversione artistica
metropolitana. L'indomita ricerca di autodeterminazione individuale e
collettiva di Flora Tristan, con le mille cospirazioni per
l'eguaglianza.
Perché il Quinto
Stato è un processo continuo di indipendenza, solidarietà,
cooperazione, felicità individuale e collettiva.
Questo
libro non sarebbe stato possibile scriverlo, e neanche pensarlo,
senza aver avuto la fortuna di incontrare e fare molti percorsi
insieme a centinaia e centinaia di persone in continuo movimento,
sperimentatrici e sperimentatori metropolitani e municipali, nelle
pieghe di territori immobili.
Che si tratti di
potenti movimenti di riappropriazione di spazi da restituire alle
cittadinanze, come Macao
a Milano, l'Angelo
Mai altrove occupato, il Teatro
Valle e il Nuovo
Cinema Palazzo a Roma, La Balena nell'Ex-Asilo
Filangieri di Napoli, l'Ex-Colorificio di Pisa,
il Teatro
Garibaldi Aperto di Palermo, SaLE
docks di Venezia, per citarne solo alcuni.
Piuttosto che di
associazioni, collettivi, movimenti, circoli che si organizzano per
rivendicare le proprie vite e attività indipendenti ed operose:
l'Associazione Consulenti Terziario Avanzato (ACTA),
il Sindacato Traduttori Editoriali (STradE),
i giornalisti romani di Errori
di Stampa, l'Associazione Nazionale Archeologi
(ANA), gli avvocati dell'Associazione Difensori di Ufficio di Roma (ADU) e gli avvocati MGA (Mobilitazione generale degli avvocati), gli architetti e ingegneri di Iva
sei partita, le Diversamente
Occupate in equilibrio tra lavori e non lavori,
gli scrittori
precari, Lib21
per la qualità della vita, precari-e della ricerca e dei lavori
cognitivi de il
lavoro culturale, l'Osservatorio trans-mediale
della città in mutazione di Palermo Kom-Pa,
l'Unione
degli Studenti, Link
– Coordinamento universitario e quindi la Rete
della Conoscenza. Non vogliamo dimenticare la Rete dei Redattori Precari che lavora nell'editoria, e molto potrebbe raccontare sul mondo in cui viviamo anche noi. Il Quinto Stato cerca di farlo.
Quindi spazi
sociali della cittadinanza attiva e di movimenti urbani: lo spazio
Arci Biancovolta
di Viterbo, quello Officine
Corsare di Torino, o il Fanfulla
101 di Roma, quindi il centro sociale Tpo
di Bologna – Laboratorio di arte, cultura, politica – e il
Bartleby,
sempre a Bologna; il Laboratorio ZetaLab
di Palermo, ESC
Atelier autogestito di Roma. E partecipiamo alle Officine Zero a Roma, il mondo di OZ...
Tutto questo, e molto altro che purtroppo qui stiamo dimenticando, è il mondo che abbiamo incontrato. E che abbiamo cercato di fare parlare con noi. Di questo mondo, mai avrete notizie sui media mainstream, in molti libri sul "precariato", la "crisi", la "disoccupazione".Non di questo ci occupiamo: parliamo invece di lavoro indipendente e di come è cambiato. E del perché questo è il nostro futuro.
Le sperimentazioni
di lavoro condiviso e nuova impresa dei Coworking: dal CoWo
Milano/Lambrate, al ToolBox
Office di Torino; dal Lab
121 di Alessandria, al Coworking Re
Federico di Palermo; dai romani SPQWoRk,
Cowo360, fino alla rete The Hub Coworking. Nel libro parliamo anche con Multiverso di Firenze. E con il FabLab Combo di Firenze.
Il libro, tra le dediche, riporta un incontro commovente e per noi fondamentale, quello con la Società di Mutuo Soccorso di Corridonia, che il 9 giugno 2013 ha compiuto 150 anni di vita:
Artieri e operai di Pausula! Proseguite con altrettanta alacrità l’opera intrapresa: stringetevi tra voi e sarete forti, e l’opera vostra sarà dai venturi benedetta.
Trattandosi però anche di un libro non possiamo non ricordare le biblioteche che abbiamo infestato, e soprattutto l'indefessa competenza, disponibilità e professionalità delle persone che vi lavorano e che vi abbiamo incrociato (spesso esasperate dalle nostre domande, richieste, ricerche): un vero tesoro diffuso nei nostri quartieri e città; ancor più per le strade e i palazzi di Roma.
La
Biblioteca
della Fondazione Lelio e Lisli Basso a pochi
metri dalla libreria di antiquariato-modernariato di via del Teatro
Valle (Occupato): una sorta di quartier generale che sul far della
sera continua a riempirsi di quintari-e di tutte le età.
E
nelle vicinanze, quasi a formare un quadrilatero, con la libreria
Serendipity
del Conte a Corso Rinascimento, attraversando Torre Argentina c'è la
Biblioteca
di Storia Moderna e Contemporanea, a Via
Caetani, nello splendido Palazzo Mattei, innanzi alla lapide che
ricorda il ritrovamento del cadavere, martoriato, di Aldo Moro.
Due
biblioteche comunali di Roma Capitale: la Biblioteca
Rispoli a un passo dalla “sede regale”
dell'ancien régime di Palazzo Grazioli e la Biblioteca
Flaminia a una breve passeggiata dagli
splendidi spazi aperti dell'Auditorium Parco della Musica e del
MAXXI.
E poi
le due biblioteche “sapientine”, nel senso di Sapienza, facoltà
di Scienze politiche: quella di Teoria dello Stato e di Studi
politici, che sappiamo ora unificate
dall'ennesimo processo burocratico di complicazione delle forme di
vita, del lavoro e di erogazione dei servizi.
Almeno uno tra noi due si ritrova nel motto di Guy Debord –
“ho scritto molto meno di quelli che solitamente scrivono, ma ho
bevuto molto di più di quelli che solitamente bevono”. L'altro ha scritto molto di più e ha bevuto molto di meno. Ritiene di avere fatto, dunque, una vita inutile. In ogni caso c'è da ringraziare chi ci ha dissetato, e chi non ha letto, raramente assecondando anche la nostra troppo leggera condizione
economica.
Dai
baretti nei pressi del nostro Teatro Valle e di piazza Vidoni, di
fronte a Sant'Andrea della Valle, alla trattoria da Sergio a
vicolo delle Grotte, a un passo da Campo dei Fiori, fino alla
sempreverde e sempre caustica Sòra Paola Der Pallaro,
passando per Tonino a Via dei del Governo Vecchio, dietro alla
Biblioteca di piazza dell'Orologio e, soprattutto, all'enoteca Il
Piccolo, sempre sulla stessa via, ma nei pressi della statua del
Pasquino. Dalle “svedesi” (vecchia e vecchissima gestione,
piuttosto che quella attuale) di via Tiepolo, al Bistrot nel
cortile del Politecnico, sempre su via Tiepolo, ai baretti di Via
Fracassini, fino a Bla Kongo di Giorgio e consorte, in via
Ofanto, a fianco dell'imperscrutabile Villa Albani.
Dal Rouge
sanlorenzino, vecchia sede a un passo da ESCAtelier e nuova sede in
Piazza dei Siculi, ai pranzi volanti alla Casetta
di Via dei Marrucini, a fianco di Piazzale Aldo Moro, a Sapienza,
piuttosto che alla vineria Argabbio
di Via dei Ramni. Ma soprattutto e sopra a tutti, a San Lorenzo, il
Bar Marani, sulla via
dei Volsci della nostra formazione, perché
“siamo stati allevati anche noi sulla pubblica via”, “dove la nostra giovinezza si è così completamente perduta, bevendo qualche bicchiere, si poteva sentire con certezza che non avremmo mai fatto nulla di meglio”, (Guy Debord e Aristofane nelle parole del demagogo dei Cavalieri).
Perché
un giorno ci piacerebbe, con Rabelais autore anche di un celebre
Trattato
sul buon uso del vino, dire: “Bevitori illustrissimi, e voi, Impestati
pregiatissimi, perché a voi, non ad altri, sono dedicati i miei
scritti”
Complimenti e auguri.
RispondiEliminaSilvestro
In ritardissimo, caro Silvestro scusaci, ma solo ora mi sono accorto dei tuoi complimenti e auguri: grazie assai di tutti e due e da tutti e due!!
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