giovedì 1 dicembre 2011

MEMORIA PER IL DESERTO DEL FUTURO

L'annuncio della riforma delle pensioni, il rincaro dell'Ici sulla prima casa, l'allungamento dell'età del lavoro, il blocco delle assunzioni, come la totale assenza di tutele e garanzie per il lavoro indipendente vennero considerate dagli storici come l'inizio del deserto del futuro. Soundtrack by Burial&Massive Attack.

2035. In una polverosa stazione di servizio tra la calabria e la lucania dove sostano i tir che trasportano armi, cocaina e pillole allucinogene dirette ai mercati delle grandi città italiane, è stata ritrovata una pagina di diario che racconta gli ultimi giorni prima dell'esplosione che atomizzò quel paese eroicamente costruito – così dicono gli storici, i demografi e i giurisperiti – sul ceto medio, il lavoro subordinato e il diritto alle pensioni.

Scartando l'involucro incrostato di polvere, leggemmo: “Nelle ore successive alla prima manovra che alzò l'età pensionabile di sei anni, dalla notte al giorno, confermando il blocco del turn-over e delle assunzioni nel pubblico, senza per questo garantire tutele e garanzie per l'ingresso al lavoro nel privato, la gabbia d'acciaio venne chiusa sulle nostre teste. E ci tolse il respiro. Era l'epoca degli esperti, professori ordinari in libera uscita, pronti a siglare un parere, una legge, una riforma e dolersene eroicamente, talvolta piangendo, altre restando rispettosamente in silenzio davanti alla distruzione”.

Ci fu un esperto che disse: “Una riforma pensionistica ha successo non solo se stabilizza i conti dell'ente previdenziale ma anche se i lavoratori destinatari della riforma risparmiano abbastanza per sopperire alle ridotte pensioni: per poterlo fare però devono sapere che pensione attendersi in futuro. Occorre dirglielo”.

Provarono a fare un esperimento. E scelsero a caso la classe 1952. gli sfortunati membri del club ascoltarono a testa bassa e ne furono terrorizzati, tremarono come foglie e rientrarono depressi nei grandi falasteri dove facevano di conto e passavano le carte.

Dopo vent'anni, nel 2031, gli esperti lo dissero alla classe 1970, e poi a quella dell'80, e anche del 90: si scoprì che gli indegni sopravvissuti alla catastrofe della classe 1952 avrebbero ricevuto una pensionicina tra i 200 e i 400 euro (che nel 2035-40 corrispondevano a poco più di 20 euro).

Si salvarono, gli espertissimi amministratori del buio. E un professore di demografia commentò professoralmente la manovra di quei colleghi che sedevano nel consiglio di facoltà (cioè dei ministri): “lavorando bene e più a lungo (cioè sei anni in più) – disse- molti pensionati invecchieranno meglio, oltre a garantirsi pensioni più dignitose”.

E fu così che rinnovò il voto sull'altare dei “giovani”, quegli spettri che circolavano nelle città alla ricerca dei cartoni, della plastica, delle bottiglie vuote che portavano coi carrelli sul mercato clandestino. Era una preghiera per l'elisir di lunga vita: “La Bibbia indicava la fine della vita verso i 70 anni e 80 per i più robusti. Oggi questo calcolo va aumentato nella media di dieci anni. E se immaginiamo che l'età pensionabile maschile aumenterà ai 66 anni, ciò significa che fino ai 70 si resterà nel sistema produttivo. Altro che anziani”.

Quelle pagine strappate si chiudevano con un'invocazione, probabilmente scritta nelle ultime ore di luce prima del buio. Così recitavano: “O espertissimo governo, o tu che amministri l'illuminata scienza del futuro. Hai fatto un deserto e lo chiamerai responsabilità. D'ora in poi nulla ti salverà”.

I tir ripresero il viaggio verso il nord polveroso e abbandonato. Rifornivano un mercato nero di 20 milioni di indigenti, devianti, marginali, criminali.

(Roberto Ciccarelli)

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