martedì 6 marzo 2012

MATTEO, VITA DA OPERAIO E FUNAMBOLO

Roma 8 marzo 2012:
presidio dei lavoratori dello spettacolo
Inchiesta sul lavoro operaio nell'industria più immateriale che c'è: la musica pop. 

***
Matteo Armellini era un rigger. Un tecnico appenditore specializzato nei carichi sospesi, luci, amplificazioni, cavi. Allestiva i giganteschi palchi dei concerti di Laura Pausini, di Zucchero o Eros Ramazzotti. A 30 anni (31 a maggio), era laureato in Storia alla Sapienza, e molti lo hanno conosciuto al liceo classico Mamiani. Amava la politica, così come la filosofia. E ha scelto un mestiere che potrebbe essere l'espressione di un libro famoso, il trattato di funambolismo di Philippe Petit. 


Matteo aveva scelto di essere un operaio altamente specializzato, le sue prestazioni richiedevano un fisico agile e muscoloso, di quelli che si riconoscono tra chi fa free-climbing o sulle barche a vela si occupa dell'albero. E in pochi anni ha maturato una ricercata e apprezzata competenza tecnica. Il rigger deve sapere appendere i motori elettrici che elevano le «americane». Per farlo resta sospeso a mezz'aria tramite corde di sicurezza e deve avere buone conoscenza della fisica. Dal suo colpo d'occhio dipendono infatti le prove di carico delle strutture. 

Ieri, Matteo non ha fatto in tempo ad arrampicarsi perché la struttura del palco allestito al Palacalafiore di Reggio Calabria ha ceduto prima, schiacciandolo quando era ancora a terra. Le indagini accerteranno se la responsabilità è della produzione, oppure dei gestori del palazzetto dello sport, una struttura del tutto inadeguata per contenere il gigantismo di un evento che di solito viene celebrato negli stadi, in estate. Questa nuova tragedia, dopo quella che ha colpito Francesco Pinna a dicembre, deceduto dopo il crollo del palco del concerto di Jovanotti a Trieste, può essere l'occasione per raccontare la filiera del lavoro operaio nell’economia più immateriale che c’è: la musica pop. 

Di rigger come Matteo, sul palco di media grandezza che si stava allestendo al Palacalafiore, ce ne dovrebbero essere almeno altri tre, guidati da un head-rigger, il coordinatore di questi ragni umani, uomo di esperienza. La loro paga oscilla in media dai 250 ai 350 euro lordi al giorno, dipende dalla produzione e dal tipo di contratto. Una figura diversa da quella di Francesco Pinna, che svolgeva la funzione di «facchinaggio», altrettanto fondamentale per l'allestimento di un palco ma, a differenza del rigger, viene pagato all'incirca 6 euro netti all'ora.
Poi ci sono gli scaffolders, i ponteggiatori, organizzati in squadre che possono arrivare fino a dieci unità. In tour colossali come quelli di Laura Pausini o di Vasco Rossi, le maestranze possono superare anche le 100 persone, e tra di loro esistono differenze dal punto di vista contrattuale, professionale e di reddito. 


Di solito, le grandi produzioni come il «F&P group» e la «Riccardo Benini produzioni» che organizzano il «World Tour» della Pausini reclutano le alte professionalità in aziende come «Insieme»la cooperativa abruzzese con sede a Castevecchio Subequo in provincia de L'Aquila che aveva assunto Matteo Armellini nel 2009. Le altre figure vengono assunte in loco, attraverso promoter locali come la Esse Emme di Maurizio Senese, con le quali il management del tour sigla contratti di produzione o, più spesso, acquistano la data del tour. A loro tocca organizzare il settore dell'accoglienza (catering, logistica e servizi), comunicazione e biglietteria. Poi c'è il settore che fornisce i materiali per realizzare i palchi. Il palco del Palacalafiore è stato costruito dalla Italstage, un gigante del settore fondato nel 1986 a Napoli, specializzato nella costruzione di torri e palcoscenici, trasporto di gruppi elettrogeni e tribune in tubi innocenti da migliaia di spettatori. 


Il gigantismo di questi tour alimenta imprese a rete altamente flessibili che attivano una forza-lavoro altrettanto flessibile pronta a lavorare 24 ore su 24 per l'allestimento, lo smontaggio e il trasporto. Il modello organizzativo è sempre quello della sub-fornitura accomadataria, basata sul lavoro operaio altamente specializzato, ma anche sulla manodopera priva di inquadramento contrattuale. Questa è la vita del retropalco.

Entrambe vengono organizzate in una filiera di appalti e subappalti, che ricorda molto da vicino l’impresa edile. Questo accade per ogni «evento»: un festival di musica classica, le sagre di paese, i campionati mondiali di nuoto o di vela, come per i «grandi eventi». L’obiettivo è realizzare enormi incassi, nel più breve tempo possibile. L'"inedito World Tour" della Pausini ha realizzato in poco tempo 100 mila biglietti solo per le date di Roma e Milano. 


Un tempo che non risparmia nessuno, nemmeno i funamboli.


Roberto Ciccarelli


***
Roma, giovedì 8 marzo 2012, presidio dei lavoratori dello spettacolo all'entrata del Palalottomatica, prima del concerto di Antonello Venditti. Le immagini:




Il testo del volantino distribuito:

THE SHOW MUST GO OFF
Dopo il crollo del palco di Trieste, è avvenuta un’altra intollerabile tragedia a Reggio Calabria in cui un nostro amico e compagno di lavoro ha perso la vita e altri sono rimasti feriti.
La crescita esponenziale delle dimensioni dei palchi e della spettacolarità degli show si scontra con l’inadeguatezza delle location dove tali eventi vengono messi in piedi.
I palazzetti dello sport e gli stadi non sono a norma nemmeno per il motivo per cui sono stati costruiti, ma ogni volta vengono concessi in deroga da sindaci o prefetti di turno.
La responsabilità diretta del crollo del palco del tour della Pausini è di chi ha dato l’autorizzazione a costruire una struttura così pesante su un pavimento che ha ceduto quando ancora non erano stati appesi nemmeno il 10% dei materiali di audio, luci, video e scenografia.
E SE IL PALCO CROLLASSE DURANTE IL CONCERTO?
Solo il caso ha voluto che queste tragedie siano avvenute durante l’allestimento dei palchi e non mentre era in atto lo show con il pubblico presente.
E’ importante che tutti sappiano cosa avviene per dare vita a questi mega-eventi che arricchiscono gli artisti e le produzioni.
Noi operai non facciamo parte della loro famiglia, come dicono nelle loro ipocrite ed infami dichiarazioni: le paghe non sono adeguate alle mansioni svolte, arrivano dopo mesi, i turni superano ampiamente le dodici ore, c’è una pianificazione scellerata degli eventi che risparmia sulla sicurezza dei lavoratori e del pubblico.
Non esistiamo come categoria di lavoratori perciò non abbiamo nessun diritto.
Vogliamo la dignità e il rispetto che ci spettano.
operaispettacololiveroma@gmail.com OPERAI DELLO SPETTACOLO ROMA

10 commenti:

  1. Ottimo articolo Roberto, unica nota: Scaffolder, non scaff holder.

    Ahimé chi o cosa sia stato a causare le morti è ancora ignoto, aspettiamo che la legge faccia il suo dovuto corso.

    Importante è che si abbia la coscienza che certe attività sono ad altissimo rischio e che mancano certificazioni adatte a chi opera sopra e sotto queste strutture, come avviene nella maggior parte dei paesi europei. Conoscenza è anche coscienza. E la coscienza può permettere di ovviare a scelte poco pragmatiche, come quella di portare delle produzioni così imponenti in strutture progettate, fin dal principio, per scopi assai diversi.

    Cambierà qualcosa, me lo auguro.

    Lorenzo Ortolani

    RispondiElimina
  2. Corretto, grazie Lorenzo. Una prima risposta ai tuoi, seri, interrogativi, l'hanno data oggi i lavoratori dello spettacolo, amici e colleghi di Matteo, che hanno organizzato un presidio fuori dal palaeur dove si sta costruendo un altro palco.

    RispondiElimina
  3. Era perfetto....se avessero smesso di montarlo!
    Venditti....stessa agenzia di Laura Pausini...

    Non so...ma d'istinto....sarebbe stato perfetto!!
    Senza rumore, senza casino....in silenzio!
    Tranquilli!
    Fermi. Stop.

    In silenzio. Come quel silenzio, con cui e' venuto giu' tutto a Reggio Calabria...

    Col cuore a pezzi per Matteo.

    Io.

    RispondiElimina
  4. attenzione,non era giorno di montaggio ma di show,nostro obiettivo raggiungere il pubblico...e ci siamo riusciti,raggiungere altri tecnici ...e ci siamo riusciti,serrare le fila e continuare a lottare...speriamo di riuscire.
    julius.

    RispondiElimina
  5. corretto, grazie. avanti così, proprio così...

    RispondiElimina
  6. Questa battaglia, stavolta, sara' vincente!
    Ottimo lavoro!

    Lorena

    RispondiElimina
  7. Scusate ragazzi, forse sembrerò monotono, perchè da qualche giorno ripeto sempre la stessa cosa su qualunque blog, bacheca o social network mi capiti a tiro, ma premettendo che vanno benissimo tutti questi movimenti di protesta che sorgono spontaneamente e comprensibilmente quando succede qualcosa di terribile come è successo a Matteo e Francesco, bisogna anche ricordarsi obbiettivamente che, così come sono nati, purtroppo poi inevitabilmente muoiono nel silenzio dopo troppo poco tempo.
    E allora io credo che sia ora di rendersi conto che l'unica vera forma di protesta che noi tecnici possiamo mettere in atto è l'astenersi dal lavorare ogni qualvolta che vediamo (e purtroppo capita spesso) che ci sono delle situazioni palesemente gravi e potenzialmente pericolose e di cercare di convincere anche quanti più colleghi possibile ad abbandonare il cantiere.
    Sono consapevole che così facendo si rischia di diventare disoccupati ma fino a che continueremo ad accettare certe cose nel nome del lavoro purtroppo ci sarà chi di lavoro ci muore.
    Il lavoro si perde protestando per le palesi irregolarità del sistema solamente se si è da soli a protestare..
    ..cominciamo a renderci conto che la nostra professionalità non si trova sugli alberi e se, non uno solo, ma tanti o meglio tutti (sono un utopista lo so) i tecnici cominceranno a dire "no, io in queste condizioni non ci lavoro" saranno loro a rimanere senza la loro macchina da soldi e non noi senza il lavoro.
    E comunque io preferisco in ogni caso perdere un lavoro che perdere la mia vita per aver lavorato.

    Ciao Matteo

    Marco Giovanetti

    RispondiElimina
  8. Bel post, bella iniziativa, bravi tutti, allarghiamo il fronte e portiamo all'attenzione pubblica disonesti e farabutti. Senza estremismi e colpi di testa, ma con determinazione. Questo sistema si è creato in qualche decina d'anni (peraltro in un paese dove parallelamente ne sono successe di tutti i colori...), non cambierà in poche settimane, ma DEVE cambiare, altrimenti inevitabilmente imploderà su se stesso.

    RispondiElimina
  9. dal 1989 lavoro nel mondo dello spett. coprendo tutti i ruoli che mi venivano assegnati, acquisendo esperienza si procedeva nel propio cammino e si prendevano dei bei soldini, rigorosamente in nero,per poi finire in una cooperativa che non versava contributi ma ti chiedeva il30% del lordo pattuito ora per me le cose sono cambiate perchè ho cominciato a rifiutare certe condizioni di lavoro e ho pagato queste mie scelte con il completo isolamento per circa cinque anni rendendomi conto che avevano comunicato a vari gestori del personale nonche service con i quali collaboravo le mie richieste per loro controproducenti, anzi pericolose per gli altri che continuano tuttora a lavorare in condizioni di fuorilegge, perchè se accettiamo e siamo consapevoli, siamo anche complici. Tutto ciò per dire che ora lavoro in un teatro dove la maggiorparte dei spettacoli rappresentati viene allestita da personale non in agibilità e alla richiesta di un controllo all'ente preposto cioè la SIAE si è visto un'ispettore che ha controllato le agibilità del personale del teatro ma non dei componenti della compagnia ospite, come per farci capire che certe denuncie non si devono fare, quindi a parer mio il marcio è radicato talmente bene nel sistema che fà parte del sistema stesso.

    RispondiElimina