L'attuale dirigenza CGIL appare disinteressata a ripensare le forme di un sindacato all'altezza dei tempi: questa è la sensazione condivisa, in modo sommesso tra alcuni degli autori e autrici di questo libretto, più schiettamente tra i lettori e le lettrici appartenenti a quel variegato mondo del lavoro, e (ora sempre più) del non lavoro, atipico, non standard, precarizzato, intermittente, flessibile, reso sempre meno autonomo e indipendente.
Questo è il mondo del quinto stato che oggi è precipitato nella condizione dei Working poor, cioè dei lavoratori poveri.
Questi strani animali disorganizzati hanno subìto sulla propria pelle oltre un ventennio di selvagge e inaccettabili condizioni di lavoro, retribuzione e vita. Per questo non possono che provare una insubordinata disaffezione al lavoro, così come l'hanno conosciuto, e alle sue organizzazioni, così come sono state indifferenti, nel migliore dei casi, alle loro condizioni.
Contro la ferrea legge delle oligarchie e le sue miserie
C'è da recuperare parecchio: dialoghi mancati, passi falsi, incomprensioni, diffidenze, pregiudizi,
che minano alle fondamenta le auspicabili relazioni tra i soggetti entrati nel mercato del lavoro negli
ultimi trent'anni e l'urgenza di ripensamento di un nuovo sindacato.
Questo libro può essere l'occasione per intraprendere un collettivo passo in avanti. Anche perché esordisce con una dedica a Pino Ferraris, troppo dimenticato nostro antico e giovane maestro di un nuovo sindacalismo, in grado di riscoprire le sue origini federative, contro le derive centralistiche, la sperimentazione di relazioni democratiche, contro il comando degli apparati burocratici, le pratiche di un sindacalismo orizzontale, antagonista dell'impostazione verticistica che ammorba le asfittiche
stanze di Corso d'Italia.
Alessandro Coppola, uno degli autori del libro, sottolinea la necessità di rilanciare
il sindacato facendone un movimento sociale a partire dalle pratiche statunitensi di community
organizing. Oggi è venuto il momento di fare i conti con la “ferrea legge delle oligarchie”
scandagliata da Robert Michels: non solo negli effetti nefasti ad opera delle élite del capitalismo finanziario, ma anche nella miseria delle strutture di organizzazione del mondo del lavoro.
L'universalismo concreto aldilà del lavoro tradizionale
Questa è la scommessa più rilevante che merita un'ulteriore, più approfondita, riflessione: come innescare il cambiamento in una struttura burocratica assopita nell'impotente difesa della cittadella assediata del lavoro tradizionale?
È una chance che ci riguarda. Dobbiamo sottrarci al campo del nemico. La vocazione resistenziale del sindacato confederale può essere rovesciata. Come? Riscoprendo le “esperienze di sindacalizzazione del lavoro disperso”, le pratiche per "riattivare il territorio", l'"universalismo concreto" delle culture politiche dalle quali è nata la stessa Cgil. Gli autori del libro sembrano condividere quell'antico obiettivo, oggi più che mai attuale: coinvolgere gli esclusi dalla cittadinanza, non solo una tipologia del lavoro dipendente o salariato.
E' una grande ambizione, inconciliabile con questi tempi di disillusione, cinismo, subalternità al ricatto economico e al conformismo. Ma non è un'impresa velleitaria. Abbiamo numerosi riscontri. Si parla, ad esempio, di mutualismo nelle nuove occupazioni studentesche e dei precari tra Roma e Milano, al teatro Valle come negli echi che si ascoltano nella Cgil, nelle reti dei cittadini che si organizzano per difendere i beni comuni. Questo concetto è stato usato in tempi non sospetti nelle germinali esperienze di auto-organizzazione del lavoro autonomo e professionale come il sindacato dei traduttori Strade o nell'Associazione dei Consulenti del Terziario Avanzato - Acta, l'Associazione Nazionale Archeologi - Ana.
Il mutualismo è una parola che circola, mentre si estendono in Italia le prime pratiche di auto-aiuto, a partire dall'assistenza socio-sanitaria. Anche il principio di auto-organizzazione è vivo. Nella logistica lo praticano i facchini che scioperano contro l'Ikea, o la Granarolo, bloccando le strade e gli snodi della grande distribuzione. Lo praticano i lavoratori dello spettacolo, dai rigger che costruiscono i palchi per i concerti live delle star agli artisti che occupano spazi come l'Angelo Mai a Roma o Macao a Milano, inventando nuove strutture giuridiche e di gestione.
Molto spesso queste iniziative non rientrano sul sentiero battuto dal sindacalismo confederale, anzi nascono in polemica con esso, com'é accaduto per il primo sciopero della logistica contro l'Ikea. La divisione del campo sindacale è uno degli aspetti della frammentazione, e della debolezza politica di chi pensa all'opportunità di organizzare i non organizzati. Trent'anni di scontri, e di reciproche diffidenze, non possono essere superati con un ingenuo appello all'unità. Questo discorso vale anche per la politica dove si moltiplicano gli inviti a ripensare, per l'ennesima volta, alla "sinistra", dopo la sua conclamata scomparsa in Italia.
C'è una via d'uscita. Oggi la possiamo intravedere attraverso una suggestione culturale. Domani, chissà, potrebbe diventare una prospettiva concreta. Pino Ferraris, che è il nume tutelare di questo discorso ardito e solo apparentemente utopico, direbbe che oggi in Europa siamo sull'orlo di un nuovo 1848.
Fu l'anno della rivoluzione liberale e democratica legata alla borghesia e alle grandi sommosse urbane. Si apriva un'epoca contraddittoria, dove l'intervento delle masse popolari permise anche l'affermazione di alcuni diritti sociali e politici.
Ma ciò che più conta, agli occhi di chi ripercorre oggi quegli eventi, fu l'alleanza tra i ceti urbani, gli artigiani, gli operai, una mescolanza esplosiva tra lavoro dipendente e indipendente, precariato e inoccupazione. Allora fu il collante delle sommosse, che nel tempo diedero vita a forme politiche radicali (la comune di parigi, la repubblica romana, tanto per fare degli esempi), al costituzionalismo moderno, alle prime forme di sindacato e di cooperazione. Anche allora si mirava ad organizzare i non organizzati.
La storia non si ripete due volte, se non come farsa. Ma noi continuiamo a respirare la stessa aria negli spazi di autogoverno territoriale, nelle sperimentazioni di nuove istituzioni, nella creazione di inedite economie solidali.
Giuseppe Allegri-Roberto Ciccarelli
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"Organizzare i non organizzati - idee ed esperienze per il sindacato che verrà" è per Giovedì 16 maggio
ore 17:45 @ Casa del Cinema - sala Kodak.
Ingresso da Piazzale del Brasile, Parcheggio di Villa Borghese, Roma.
Partecipano:
Elena Lattuada - Segretario confederale CGIL
Alessandro Coppola - Politecnico Di Milano
Salvo Barrano - Presidente Associazione Naz. Archeologi
Ilaria Lani - Responsabile politiche giovanili CGIL
Giuseppe Civati - Deputato PD
Giulio Marcon - Deputato SEL
Modera Federico Mello
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