venerdì 13 settembre 2013

UNA PROFESSIONE COME LA MIA NESSUNO LA CAPIREBBE

Fabio Loiero è l'anti-eroe, auto-ironico, determinato e bislacco di questo racconto di formazione di un giovane “artista” perso nella palude di un Paese che sprofonda, nella sua immobilità, tra le molte miserie dei “giri che contano” e le poche nobiltà di chi lotta quotidianamente per una vita degna e felice.

Fabio è uno sceneggiatore tutto di un pezzo: brillante allievo del Centro Sperimentale di Cinematografia, con la fama di “artista”, perché rifiuta tutte le offerte televisive che gli arrivano (Un medico in famiglia, Un posto al sole, la nona serie di Don Matteo). Ma se fai troppo lo “schizzinoso” o, semplicemente, l'indipendente, in questo Paese sei fottuto: avrai solo “terra bruciata attorno” e un presente di miseria, solitudine e marginalità.

Per fortuna un bel giorno arriva la fatina con “una passione autentica per il cinema”: è la trans Romina (“per l'impressionante somiglianza con la Power da giovane”), incontrata al Milano Film Festival, produttrice di film, che propone subito un lavoro a Fabio. Così si diventa “sceneggiatore di film porno”, visto che Romina ha una casa di produzione, la Starlette, leader nel settore. Ecco l'agognato “contratto a tempo indeterminato, 1300 euro netti più bonus di produzione di 500 euro se supero le venti sceneggiature al mese. Cosa che avviene in modo sistematico”. Perché il genere di riferimento di Fabio è quello del porno cosiddetto “citazionista”: “riscrivo in chiave hard i migliori lungometraggi di tutti i tempi: Analcord, Erezioni di Piano, Intervista col pompino, Il glande freddo”.


E se qui inizia il vero e proprio ritratto dell'artista da giovane, che conquista l'indipendenza economica, per programmare il suo futuro da sceneggiatore indipendente – il suo primo lungometraggio, Piombo fuso – comincia anche la condanna sociale, lo stigma, di chi lo giudica per il lavoro accettato. Così Fabio viene lasciato dalla sua fidanzata, che trova, nascosto negli anfratti del pc, il trailer di un porno gay: “ma tu sei un finocchio!” è l'accusa. E per sconfiggere bacchettoni di ogni tipo, qui ci starebbe benissimo la colonna sonora di questa estate, il successo Tropicanal di Immanuel Casto: Giunge dalla costa/un ritmo pederasta/tropicanal/tropicanal.

Tanto una professione come la mia non la puoi spiegare. Nessuno capirebbe”. E sembra un'affermazione universale di questi insopportabili tempi di sottoccupazione e povertà, che dallo sceneggiatore di film porno potrebbe giungere alle mille, invisibili attività di consulenza, assistenza, ricerca di reddito e dignità, prima di tutto.

Eppure Fabio Loiero ci insegna a rimanere determinati, soprattutto nei fallimenti, a insistere con le nostre passioni, desideri, aspirazioni: con i nostri sogni, per realizzarli. Una sorta di Fail Again, Fail Better di beckettiana memoria, al tempo di una formidabile borderline come Posi Argento: E poi...problemi doppi, rimbocchi maniche e lotti. Perché alla fine si trova una strada, fosse anche per un treno ed un aereo, che da qualche parte ci porteranno, insieme con qualcun altro/a.

E un grazie a Francesco Muzzopappa che con la sua scrittura asciutta, essenziale e affilata al contempo, soprattutto altamente umoristica, ci fa sorridere, a volte sganasciare, delle nostre e altrui miserie. Con la nobiltà d'animo di uno sceneggiatore, un po' copywriter (professione principale di Muzzopappa), molto indipendente, lancia liberafreelance quasi donchisciottesco – in un mondo di strambe avventure tra prosecchi al peyote, zizì d'or e personaggi indimenticabili, come la citata Romina, Smadonna e Giovanni Settemacchie. Il bestiario, a volte amorevole, altre spregevole, delle nostre precarie vite da intermittenti della retribuzione, ma a tempo indeterminato alla ricerca della felicità individuale e collettiva

+++Francesco Muzzopappa, Una posizione scomoda, collana Le Meraviglie, Fazi editore, Roma, 2013, pp. 223, euro 14,50, 


Il Console

3 commenti:

  1. Il regista Gianni Amelio lo aveva consacrato come uno dei più talentuosi giovani del cinema italiano e il suo primo lavoro era stato lodato persino dal temuto critico di Repubblica Vincenzo Vincenzi

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    1. Vincenzo Vincenzi è più temuto di Antonio D'Orrico.

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    2. Grande Matt: Vincenzo Vincenzi è il peggio...
      Ancora complimenti a Francesco Muzzopappa!

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