Si chiamano Tfa e Pas, insegnano a scuola. Il governo Monti li ha concepiti in tempi diversi, ma rientrano nella stessa famiglia, concepita per mettere l'uno contro l'altro i docenti, giovani e meno giovani, abilitati e non abilitati, precari storici e precari più recenti. Figure che rientrano nell'arcipelago dell'intermittenza.
Del reddito, del cuore, di questo presente.
Questa è la storia di Alessandro Viti, e di altri 11 mila abilitati del «Tirocinio Formativo Attivo» (Tfa), che hanno pagato 2500 euro per ottenere un'abilitazione all'insegnamento, hanno affrontato test e lezioni, e un esame finale. Al termine del percorso, queste persone non sono state inserite in graduatoria e non potranno insegnare. A complicare la situazione sono arrivati i «percorsi abilitanti speciali» (Pas) riservati a chi ha svolto almeno tre anni di insegnamento nella scuola.
Quando saranno riaperte le graduatorie, queste 70 mila persone (questa è l'ultima stima) supereranno gli abilitati «Tfa». Il rischio per i Tfa è che un lungo tirocinio iniziato molti mesi fa, e condotto a ritmi forzati, si concluda in nulla. Per i Pas, che hanno un'esperienza di insegnamento spesso superiore rispetto a quella dei colleghi più giovani, ma non la loro abilitazione, l'inserimento in graduatoria segnerebbe un giusto riconoscimento dopo tanti anni difficili. Ma il conflitto è duro.
Il conflitto è tra il principio di «merito» (i Tfa hanno superato un esame e un concorso) e quello dell’«anzianità» di servizio. Il risultato è una «guerra tra i poveri». Sono in arrivo almeno 4 ricorsi, mentre i funzionari stanno cercando una soluzione al caos (è previsto un incontro il 16 settembre). Si cerca una soluzione, ancora non si sa quale.
Alessandro ci tiene a dire di non sopportare la retorica della «vittima» e non vuole cedere a quella della «meritocrazia» contro i «precari storici». Lui ha attraversato diversi mondi del lavoro della conoscenza, e non solo. Ha studiato letteratura italiana a Siena con Romano Luperini, ha scritto libri e articoli. Oggi è «un ricercatore senza assegno né stipendio». Nel frattempo, come molti altri, ha cambiato attività, coltivando la sua indipendenza. Grazie alla conoscenza delle lingue ha lavorato come portiere di notte in un Luxury Hotel. Ha fatto sporadiche supplenze nella scuola. Per due anni ha lavorato come interinale all’Inps.
«All’Inps - racconta - capivo le ragioni delle proteste degli idonei, adesso mi ritrovo dall’altra parte, sono idoneo all’insegnamento ma non posso insegnare. Ci hanno messo gli uni contro gli altri, ma in realtà siamo dalla stessa parte. Questo è il fallimento delle politiche del lavoro e del reclutamento della scuola e dell’università».
Curava le pratiche della disoccupazione. Oggi si trova dall’altra parte del vetro. E' stata una strada difficile, ma ha imparato a mettere tra sé e queste traiettorie una distanza ironica. Oggi Alessandro denuncia la frenesia burocratica che ha portato a questo esito sconfortante.
«Non so se la scuola sarà la mia strada, ma quando ho vinto il Tfa speravo di avere supplenze lunghe. Ero abbastanza convinto che il mio futuro fosse stabile almeno per quest’anno. Ora, con questa storia dei Pas è tutto scombinato. A me va bene fare un altro concorso, ma non so quando lo faranno. Sarà come ripartire da zero. Nel frattempo rischio di non avere la continuità di servizio».
Luca Mazzara, un docente precario iscritto ai percorsi abilitanti speciali (Pas), ha scritto una lettera al ministro dell'Istruzione Carrozza. Il suo testo è interessante perché spiega la contrapposizione che si è creata tra chi non è abilitato e chi, in forza della selezione che ha affrontato, vuole difendere il proprio "merito". Talvolta la polemica ha seguito questo binario ed è una contrapposizione ricorrente non solo nella scuola, ma ad esempio nel lavoro culturale.
C’è merito invece per chi, neo abilitato, chiede decreti “ad personam” per far riaprire le graduatorie incurante di ciò che questo comporta, per il solo tornaconto personale, e in barba alle condizioni alle quali si è abilitato.
C’è merito per chi divide i docenti, aizzando le diverse categorie (docenti in ruolo, docenti Gae, sissini...) contro i colleghi abilitandi, al solo fine di ottenere un provvedimento “ad personam”.
C’è merito per chi mette in piedi vergognose battaglie denigratorie contro colleghi che, non certo per colpa loro, hanno servito lo Stato per oltre dieci anni.
La polemica con i colleghi del Tfa è molto dura. Ma alla fine Luca è giunto alla stessa conclusione di Alessandro:
"[Al governo] basterebbe ricordare che Pas e Tfa sono figli dello stesso decreto per evitare migliaia di ricorsi (perché tanto con lo Stato si dialogo solo così) e per porre fine ad una vergognosa contrapposizione tra docenti".
Roberto Ciccarelli
Ringrazio Roberto Ciccarelli per il suo bell'articolo. Anche in riferimento alle citazioni riportate dalla lettera del collega Mazzara, mi corre però l'obbligo di precisare alcuni punti in merito alla contrapposizione tra TFA e PAS:
RispondiElimina- I due percorsi non sono figli dello stesso decreto, in quanto quello dei PAS è stato approvato allorché la selezione del TFA era già conclusa, e i corsi già in fase di conclusione.
- I posti disponibili per il TFA (20000) erano stati stabiliti tenendo conto del fabbisogno su base regionale per ogni classe di concorso. Su oltre 100000 partecipanti siamo stati ammessi soltanto in 11000, quindi molti meno dei posti a disposizione, a testimonianza delle durezza della selezione. In base a questi dati, era logico ritenere che il percorso TFA avrebbe garantito una corsia preferenziale nel conferimento delle supplenze rispetto ai colleghi non abilitati. Così non è, allo stato dei fatti.
- La contrapposizione Tfa-neoabilitati VS Pas-precari storici è fuorviante, in quanto l'età media dei partecipanti alla selezione per il TFA era di 38 anni (dati Cineca), e molti abilitati tramite TFA avrebbero avuto anche i requisiti di anzianità richiesti per il PAS, ma hanno deciso di passare la selezione, senza aspettare eventuali riconoscimenti fondati solo sul servizio. Questo senza nulla togliere (al contrario!) ai meriti di coloro che, neolaureati o provenienti da percorsi extrascolastici, hanno avuto la capacità di superare la selezione pur partendo da una posizione di svantaggio.
- Infatti, il servizio era ampiamente valutato nel punteggio per le selezioni al TFA, cosicché i cosiddetti precari storici sono partiti con un notevole vantaggio. Questo per chiarire come il TFA non sia stato un marchingegno escogitato per tagliare fuori chi, a prezzo di indubbi sacrifici, ha "servito" (in genere regolarmente stipendiato, a dire il vero) la scuola in questi anni, ma un'opportunità di abilitarsi concessa anche e soprattutto a loro. Alcuni ne hanno approfittato, altri non hanno saputo o voluto farlo.
- Quello che a noi del TFA pare strano è che costoro, al termine dei PAS (attivati senza selezione e con criteri d'inclusione abbastanza laschi)ci finiranno nuovamente davanti alla riapertura delle graduatorie in virtù del punteggio accumulato per anzianità, in modo da rendere quindi pressoché inutile l'abilitazione ottenuta a caro prezzo col TFA, se non come prerequisito per la partecipazione ad un futuro concorso, prospettiva al momento alquanto nebulosa.
[continua]
[seconda parte]
RispondiElimina- Non si tratta di sminuire la professionalità dei colleghi futuri PAS non abilitati, quanto più semplicemente far presente il concetto che c'era un esame aperto a tutti: noi lo abbiamo passato, loro no. Quindi, senza voler togliere il lavoro a nessuno, noi dovremmo passargli avanti in graduatoria. Da qui la richiesta di una differenziazione di valore tra il titolo TFA e il futuro PAS.
- La riapertura straordinaria delle graduatorie d'istituto (o in alternativa la creazione di un elenco prioritario salva-TFA) non è berlusconiano provvedimento ad personam, ma pratica già seguita numerose volte in passato per diverse categorie di docenti. Servirebbe ad evitare il paradosso per cui ad insegnare quest'anno siano colleghi non (ancora) abilitati, mentre gli abilitati restano fuori. Ci sembra del resto assurdo che il titolo TFA ottenuto resti sostanzialmente congelato per un anno. L'aggiornamento straordinario, peraltro, darebbe seguito alla raccomandazione contenuta nella nota MIUR alle università del 10/4/2013, in cui si raccomandava ci chiudere i corsi entro luglio in modo da garantire l'immediata spendibilità del titolo. Proposito al quale lo stesso MIUR, ad oggi, non ha tenuto fede.
Tutto questo per chiarire meglio i punti cardine delle nostre rivendicazioni. Personalmente trovo molto sgradevole dovermi porre in questi termini di contrapposizione tra lavoratori, tuttavia -se di triste guerra tra poveri si tratta- trovo doveroso chiarire la composizione delle forze in campo e le diverse argomentazioni che esse presentano.
Mi scuso per la lunghezza e ringrazio per l'attenzione.
Alessandro Viti