La mobilitazione totale che spinse al fronte i soldati della prima guerra mondiale oggi si svolge sul fronte del mercato del lavoro: tutta la popolazione attiva deve essere mobilitata sul mercato del lavoro 24 ore su 24, sette giorni su sette. Gli studenti non sono soli. Ci sono anche i fratelli e le sorelle maggiori, i genitori precari, i parenti, i vicini e i lontani. Ogni loro fibra, tessuto, sinapsi sono messe al lavoro attraverso le tecnologie digitali del data mining, della micro-targettizzazione pubblicitaria, della valutazione e della profilazione sulle piattaforme digitali. Che sia occupata, disoccupata, inoccupata, la forza lavoro deve essere attiva nella battaglia per la crescita del capitale umano. E, se non lo è, deve essere attivata con tecniche come l’alternanza scuola lavoro o con le politiche attive del lavoro. Studenti, lavoratori, disoccupati: siamo pensati come veicoli del capitale, non siamo soggetti di un progetto di vita, capaci di affermare un diritto all’esistenza. Ci dicono di combattere contro la stagnazione secolare e di dare il microscopico contributo alla ripresa di un’economia inchiodata a percentuali da prefisso telefonico dove vigono le leggi dell’iper-precariato, del sotto-salario e del lavoro volontario.
Partecipare è obbligatorio in un’economia dai cicli sempre più brevi e feroci dove la forza lavoro è gestita come le scorte di un magazzino ed è mobilitata quando serve. Nella società della piena occupazione precaria questa è la vita che accomuna gli adolescenti agli ultra-cinquantenni. Nessuno può smettere di lavorare, soprattutto quando nessuno ha un posto di lavoro, né un contratto, per più di tre mesi. Il nuovo lavoro consiste nell’inviare curriculum, migliorare l’auto-profilazione digitale, pagare un master: attività a cui sono formati anche gli studenti delle superiori.
Con la retorica e la persuasione incarniamo allora il nostro capitale umano. A costo di diventare l’opposto: disumani. Nel capitale l’umano e il disumano coesistono in un permanente rovesciamento nell’opposto. L’uno senza l’altro non esistono quando si è formati all’auto-sfruttamento di noi stessi. Il superamento di questo dispositivo è necessario, ma non può prescindere dalla contemporanea comprensione della trasformazione antropologica di cui siamo il prodotto. Il processo coinvolge ogni aspetto della vita sociale, produttiva, percettiva, affettiva e discorsiva. Usa strategicamente un linguaggio ispirato alle idee di libertà, autonomia, benessere, bene comune e lo rovescia nelle pratiche del sacrificio e della depressione generalizzata. Non sempre è compreso il problema del rovesciamento dell’autonomia nel suo opposto di auto-sfruttamento, la caratteristica della politica contemporanea. Ed è difficile che lo sia, visto che questa politica è alimentata dalla nostra soggettività, protagonista della merce che siamo: capitale umano. Su questa soglia dove gli opposti coincidono, mentre l’umano è proiettato sul suo rovescio, è possibile scegliere altrimenti. Il capitale umano non è una soggettività postmoderna senza qualità, impero flessibile e vuoto dell’economico. È una forma reversibile del dominio a partire da un uso non proprietario della nostra facoltà più importante: la forza lavoro.
L’umanità non è composta solo da capitalisti, il mercato è sempre governato da qualcuno che cerca il profitto ai danni degli altri. Non tutti hanno accesso agli stessi capitali, non tutti possono diventare agenti efficienti del mercato. Le differenze di classe, di censo e di cittadinanza continuano a esistere. E non basta incarnare il proprio capitale umano per superarle. Bisogna attaccare il sogno di essere padroni, evacuare il Capitale dalle nostre vene e prendere congedo dall’umanità zombificata. Il sortilegio può essere interrotto.
Questo libro è un esercizio etico per prendere le distanze da ciò che siamo, aprendoci alle possibilità non ancora determinate dalle “verità” di qualcuno e imposte alla vita degli altri, ma presenti nel nostro vivere insieme. Pubblicato a mezzo secolo dal Sessantotto – l’anno della rivolta degli studenti e degli operai – il libro racconta la storia di un conflitto e la sua attualità. E mi chiedo: chi è, e cosa può diventare, lo studente: il gorilla ammaestrato al servizio di una piattaforma digitale; il cacciatore del lavoro, questa Bestia fantasma; il venditore di visibilità; il coscritto obbligato al lavoro di chi cerca lavori. Oppure?
Capitale disumano è parte di una filosofia della forza lavoro esposta nelle sue linee fondamentali in Forza lavoro. Il lato oscuro della rivoluzione digitale. La scuola, l’università, il mercato del lavoro, il capitalismo digitale: questi sono alcuni campi nei quali è possibile creare una genealogia e comprendere la nostra attualità, partendo dai problemi di cui noi stessi siamo l’espressione. I libri possono essere letti insieme, in maniera intrecciata e sincopata, prima l’uno poi l’altro, e contemporaneamente. Altri ne potranno seguire, altri li hanno preceduti. Da una lettura combinata emerge la continuità tra il punto di vista dello studente e del docente con quello della forza lavoro in generale, una forza oscura ma vivente dentro e fuori di noi che l’abitiamo.
* Estratto pubblicato su Lavoro Culturale
*** Roberto Ciccarelli, Capitale Disumano. La vita in alternanza scuola-lavoro (Manifestolibri)
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