lunedì 16 gennaio 2012

COSTA CONCORDIA: CALPESTATI I VALORI DELLA GENTE DI MARE

Sergio Bologna


Una risposta agli interventi a Costa Concordia: la "movida" galleggiante.
Da nessuna parte del mio intervento sta scritto che il comandante della “Costa Concordia” era forse drogato. Il riferimento a una condizione psichica alterata riguardava il comandante della nave che ha causato il disastro in Nuova Zelanda.


Non sono abituato ai pettegolezzi, ricavo le notizie da pubblicazioni specializzate dei Lloyd di Londra che sul disastro della “Rena” sono tornate più volte. Con particolari di una certa gravità, che non ho riportato per ragioni di spazio (o di carità di patria), come quello dell’esistenza di carichi di sostanze tossiche a bordo della nave naufragata, inizialmente non dichiarati nella quantità esistente, mettendo a  rischio la sicurezza dei soccorritori.

A chi mi obietta che MSC non c’entra nulla con il caso della “Costa Concordia” rispondo che il mio intervento si muove in una logica opposta a quella di chi vuole minimizzare eventi tragici come quello accaduto all’isola del Giglio. Chi vuole minimizzare esalta sempre l’”unicità” dell’accaduto e riporta tutto al caso specifico, qui invece si tratta di inserire l’accaduto in un contesto e di denunciare pratiche che si stanno pericolosamente generalizzando fino a diventare cose “normali”, come quella di sfiorare le coste di ambienti marini delicati o addirittura di zone abitate con navi da 70/80 mila tonnellate. Immaginate cosa accadrebbe se un domani queste pratiche si dovessero estendere al trasporto aereo e dovessimo vedere degli Airbus 380, prima di atterrare all’aeroporto di Malpensa, gettarsi in picchiata sul Duomo di Milano per consentire ai passeggeri di fotografare da vicino la Madonnina.

Gli abitanti di Venezia che sabato 14 hanno manifestato contro il passaggio della “MSC Magnifica” (v. resoconto su “Il Gazzettino” con tanto di foto) hanno a cuore non solo la loro città ma la dignità dello shipping. Io capisco l’amarezza di chi, lavorando in questo settore, vede quel che succede e, sentendosi impotente, se la prende con chi denuncia questi fatti. La mia famiglia, mezza genovese e mezza triestina, vive da generazioni di porti e di navi e proprio per questo mi sono stati trasmessi dei valori etici della gente di mare che oggi vedo, con dolore amarezza, calpestati. Ma proprio in nome di questi valori dobbiamo tutti oggi reagire e non cercare di minimizzare i fatti.

Lo dobbiamo non solo a quelli che perdono la vita in questi incidenti ma anche ai milioni di lavoratori del mare e dei porti che ogni giorno fanno il loro dovere con sacrificio, dedizione e competenza.

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