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giovedì 24 gennaio 2013

SHIPPING GLOBALE: ZEUS BATTE WOTAN

Sergio Bologna

Il capitale greco che fotte il capitale tedesco. Sembra una barzelletta, invece non lo è e la signor Merkel, così severa, certe volte, con gli stati "birichini" che spendono e spandono mentre la loro economia va a picco e produce milioni di disoccupati, dovrebbe oggi dimostrare la stessa, se non maggiore, severità verso i "birichini" di casa sua. 

Stiamo parlando di shipping, di navi. Che c'entra la Germania con la Grecia? Cominciamo da quest'ultima. E' noto che lo shipping è l'unico settore dove la Grecia ha una leadership mondiale. Sono leggendari gli armatori greci, soprattutto per la loro abilità nel non pagare le tasse. Mentre milioni di greci stringono la cinghia, loro a dicembre hanno festeggiato le loro fortune in un ricevimento di mille persone in un grande hotel di Londra. La loro specialità tradizionale sono le petroliere ma ormai da un po' di tempo si sono allargati anche ad altri settori, le «bulk carrier», le container carrier, le Ro Ro. Se la sono vista molto brutta qualche anno fa, con la crisi del 2007/2008 ma, a differenza di altre volte, il Salvatore non ha assunto le modeste vesti del contribuente greco ma quelle ben più ricche della moneta cinese. Scriveva il Telegraph del 13 agosto 2012: «Le società greche stanno facendo squadra con le banche cinesi. Il premier Wen Jiabao ha consentito due anni fa che venissero erogati prestiti per 5 miliardi di dollari all'industria dell'armamento greca». E' questo che sta dietro alla consegna del porto del Pireo in mano ai cinesi, dopo più di un anno di scioperi e di opposizione dei portuali greci. 

venerdì 14 dicembre 2012

IL CRACK CHE VIENE DAL MARE

Sergio Bologna

Dal sito della fondazione Micheletti (Altronovecento) L' inchiesta dell'autore de "Le multinazionali del mare" (Egea), consulente del Comitato Scientifico per la stesura delle linee d’indirizzo del Piano nazionale della Logistica, membro del Comitato Scientifico della Fondazione “Luigi Micheletti” di Brescia e storico del movimento operaio. Un nuovo approfondimento sulla bolla finanziaria dello shipping dopo Costa Concordia, la "movida" galleggiante"

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HSH Nordbank ha nel suo settore di business un po’ il valore simbolico che Lehman Brothers aveva nel settore dei derivati. Ci troviamo di fronte al ripetersi di un copione già conosciuto ma la grande differenza tra il 2008 ed oggi è che allora la paralisi aveva colpito il circuito immateriale e virtuale del denaro, oggi colpisce il circuito fisico delle merci, dunque potrebbe essere più spettacolare, più”visibile” e creare ostacoli alla globalizzazione più consistenti e duraturi. Come scrive un importante operatore su “Lloyd’s List”: 


“Questa sarà la peggiore crisi della navigazione di linea da quando, 40 anni fa, è iniziata l’epoca del container” ed aggiunge “gran parte della responsabilità ricade su quei governi che hanno concesso agevolazioni fiscali a chi investe nelle navi”.

Ma per capire le dinamiche interne di questa crisi è necessario capire il rapporto tra la nave come prodotto industriale e la nave come prodotto finanziario sullo sfondo del cosiddetto “gigantismo navale”, cioè della tendenza inarrestabile a costruire unità sempre più grandi. Dopo la bolla immobiliare e dei mutui sub prime, la bolla dello shipping nel settore dei container. L’epicentro si è spostato da New York ad Amburgo

lunedì 16 gennaio 2012

COSTA CONCORDIA: LA "MOVIDA" GALLEGGIANTE








Strano che nessuno si sia chiesto quale bandiera batte la “Costa Concordia”. Strano che nessuno si sia chiesto chi stava sul ponte di comando della nave al momento dell’incidente. Strano che nessuno abbia ricordato che ai primi di ottobre del 2011 la nave portacontainer “Rena” della MSC è andata a sbattere contro l’Astrolabe Reef in Nuova Zelanda, uno dei più preziosi paradisi marini del globo, e che da allora (sono passati tre mesi e mezzo) sputa petrolio su quelle acque incontaminate, creando il più grave disastro ecologico in quell’emisfero. Strano che nessuno ricordi come l’Italia abbia a che fare in questi incidenti, per più motivi. Costa Crociere, nata italiana come dice il nome, è controllata dal gigante americano del settore. Ma chi la gestisce? Le navi, è bene si sappia, sono di proprietà, di norma, di una holding la cui prima preoccupazione è di metterle al riparo dal fisco e dalle norme sulle tabelle d’armamento presso certi paradisi fiscali ( da cui le cosiddette “bandiere ombra” o flag of convenience). Ma sono gestite da Ship Management Societies specializzate che decidono le assunzioni di personale e lo fanno di solito in base al principio del minor costo. 

Sulla “Rena” c’erano 15 filippini su 20 uomini di equipaggio. I filippini hanno pessima fama, ma ingiustamente, da “paria” del settore sono diventati oggi tra quelli meglio preparati, perché negli anni hanno imparato che la loro vocazione era quella ed hanno investito in scuole professionali, che rilasciano i diplomi ed i certificati necessari per l’imbarco. Purtroppo oggi il mercato dei certificati falsi è fiorente, oggi i “paria” sono altri, ucraini, vietnamiti, turchi, bielorussi. 

COSTA CONCORDIA: CALPESTATI I VALORI DELLA GENTE DI MARE

Sergio Bologna


Una risposta agli interventi a Costa Concordia: la "movida" galleggiante.

TUTTI PARIA E FREELANCE A BORDO DELLA CONCORDIA