domenica 1 dicembre 2013

NICK CAVE& THE BAD SEEDS: FURIOSO TALENTO, INVINCIBILE FOMENTO

È forse il destino di Nick Cave & The Bad Seeds a Roma: capitare in date storiche.

Li avevamo lasciati con le luci dell'ambulanza accese che fendevano la folla, la sera del 23 maggio 1992, al Tenda Strisce sulla Cristoforo Colombo, mentre si parlava sottovoce, a occhi bassi. Ricordo un Prince Faster affranto e interdetto, tra gli altri. Era il giorno della tragica strage di Capaci: “il concerto andrebbe annullato”, ci dicevamo sommessamente mentre ci avvicinavamo all'EUR.


Invece assistemmo a una perfomance indemoniata, con il nostro idolo invasato, capelli lunghissimi e sovreccitato. Tanto quanto un Blixa Bargeld irresistibile provocatore, da nevrastenico rumorista col fomento qual era ed è. Come se tutta la rabbia, la frustrazione e la tristezza di quella giornata fosse esplosa nel delirio del Tenda Strisce. Era il tour di Henry's Dream, ma con versioni indescrivibili di The Good Son, Deanna e The Carny, oltre a una superba Jack The Ripper (qui la scaletta). Poi l'epilogo a sirene spiegate.
“Ancora l'eroina”, si diceva, sempre a mezza bocca. In ogni caso erano anni complicati, eppure sconvolgenti, per Nick Cave & The Bad Seeds dell'iconoclasta Blixa Bargeld e del genietto Mick Harvey.

Con molto più distacco mercoledì 27 novembre 2013, sempre a Roma, al Senato della Repubblica, alle 18 andava in scena la decadenza di un uomo che ha tenuto in scacco questo Paese per vent'anni. E intorno alle 23, all'Auditorium Parco della Musica, solo un paio di chilometri più a nord, Nick Cave intonava il primo bis, God is in the House: This song's for Silvio”. Una perla malinconica, che zittisce il pubblico. E che spiazza con la sua poesia e quel pizzico di sarcasmo contenuto nella dedica.



È stata una serata indimenticabile. E per molti versi migliore di quella degli anni novanta. Un Nick Cave in forma smagliante, nonostante i sessanta si avvicinino. Per fortuna senza i baffetti dell'epoca Grinderman: anche i capelli sembrano tornati ai suoi vent'anni da Birthday Party. E chissenefrega se le malelingue parlano di tintura.


Soprattutto un'atmosfera esaltante, come in tutte le date di questo tour (qui un ottimo report da Ljubljana), a partire dalla parte finale di Jubilee Street che scatena il delirio per la successiva ora e mezzo dopo. È ovunque un crescendo di atmosfere dark, blues da locale underground, garage post-atomico, oscure sinfonie celestiali. Con la possente voce baritonale di Nick Cave sempre sull'orlo rabbioso di una lirica malinconia senza tempo. L'unico rammarico è che con la platea a 60 euro a poltrona il pubblico che preme sotto il palco e protende le braccia verso l'estasi della caverna è solo parzialmente di oramai trentennali seguaci (soprattutto un gruppetto sulla sinistra del palco). Mentre egemone appare il generone romano, tanto che le tre persone che salgono sul palco, manco cantano una strofa delle canzoni in questione (da Mermaids a We Real Cool). Perché non si può scendere dalle balconate in platea: ma noialtri del loggione rimaniamo Les Enfants du Paradis!


La sensazione è che Nick Cave stia benissimo fisicamente e in stato di grazia vocale e musicale. I Bad Seeds esteticamente un po' in ombra, a cominciare dal grandissimo Barry Adamson, che si stenta a riconoscere. Sicuramente la parte dell'eroe (“What hero!!” esplode a un certo punto Nick Cave) la fa il folle Warren Ellis, mentre suona il violino da invasato (salendo e scendendo dalla sedia), piuttosto che la sua chitarrina. È il ruolo lasciato vuoto da Blixa: quella dell'esagerazione anche rumoristica.


E c'è da dire che le versioni di Tupelo, From Her To Eternity e The Mercy Seat sono mastodontiche, mentre Sad Waters è da lacrime e Deanna scatena la parte più affezionata del pubblico, ma anche Barry Adamson (The Negro Inside Me!) col suo tamburello. Ma di ottimi report del concerto romano abbonda la rete, a partire da Nerds Attack.


Quello che vale la pena ribadire è la potenza inaudita del suono Bad Seeds (forse la migliore band in circolazione?) e della performance vocale di Nick Cave potente e lirico, esaltato e poetico, luminescente e oscuro: con i pezzi al piano che non sono pause dalla tensione, ma evoluzione di uno stato di grazia.Poco conta che ovunque vada ripeta gli stessi gesti, come a Milano la sera successiva.


Nicola e i Semi Cattivi sembrano indicarci una strada, che tiene insieme il delirio collettivo sul palco, con la ferrea autodisciplina di tutela e cura della propria indole. Se, parafrasando il tanto amato Antonin Artaud, “la logica anatomica dell’uomo moderno è proprio di non aver mai potuto vivere, né pensare di vivere, che da invasato” Nick Cave e la sua ballotta ci dicono che questi sono i tempi per tenere insieme, ed alimentare reciprocamente, furioso talento individuale e invincibile fomento collettivo


Il Console

1 commento:

  1. Sintesi perfetta! Grazie per il link. Ho visto qualche video, condivido l'impressione sui fans qualunquisti.. Ma la tizia che balla su "Papa won't leave you Henry" e non si decide a scendere dal palco!? Mah.. Saluti cavernosi a te! Long live The Bad Seed!

    RispondiElimina