mercoledì 1 gennaio 2014

AUSTERITÀ APOCRIFA: IL 3% DEFICIT/PIL E' UN'INVENZIONE

Il tre per cento è la cifra più famosa del momento. L’inaspettata celebrità conquistata da un numero che rimanda alla trinità cristiana, al simbolo esoterico del ternario (la combinazione di tre elementi), alla sintesi hegeliana dello Spirito Assoluto aleggia come uno spettro nelle stanze di Palazzo Chigi, all’Eliseo, nei paesi del Sud Europa strangolati dal patto di stabilità.

È l’espressione più pura di una religione chiamata austerità che impone un deficit pubblico non superiore al 3% del Prodotto Interno Lordo (rapporto deficit/PIL al 3%) e la norma capestro di un debito pubblico al di sotto del 60% del Pil. A destra come a sinistra, questa cabala viene esibita come la sacra sindone, brandita come un totem davanti alle popolazioni stremate dal crollo dei consumi interni, dalla disoccupazione di massa e dalla precarietà diventata la norma morale per sopravvivere nella prigione Europa.

In Francia Hollande ha annunciato 50 miliardi di euro di tagli nei prossimi tre anni, in Italia Letta giura che la spending review diretta dall’ex Fmi Carlo Cottarelli taglierà 32 miliardi di euro di spesa pubblica per restare nel 3% sul deficit/Pil entro il 2017. Ma noi restiamo in attesa del grande choc: il taglio da 50 miliardi di euro al debito pubblico per i prossimi 20 anni per rientrare nel 60% del Pil. Quella in atto è una guerra contro le popolazioni e la conquista moderna del Welfare. Ma i suoi fondamenti, spacciati come «verità» scientifiche incontrovertibili, sono il risultato di un’invenzione a tavolino. Il 3% come il 60% non rispondono infatti ad alcuna teoria economica. L’autore è il francese Guy Abeille. La storia è piuttosto nota ed è stata resa pubblica dal «Frankfurter Allgemeine Zeitung» che ha raccolto uno scoop di «Le Parisien», rilanciato infine da «Il Sole 24 ore».

Fu a questo oscuro funzionario che si rivolse François Mitterand già nel 1981 per opporre una norma cartesiana - quindi fintamente inattaccabile - alle richieste di aumentare la spesa pubblica. Parliamo di un periodo precedente alla svolta «neoliberista» mitterandiana che diede slancio anche al progetto di unione monetaria sostenuto da un altro santone socialista come Jacques Delors, la stessa che portò Romano Prodi a definire il trattato di Mastricht e il patto di Stabilità «stupido» e «inattuabile». «Abbiamo stabilito la cifra del 3% in meno di un’ora - ha raccontato il sessantaduenne Abeille - Avevamo bisogno di qualcosa di semplice e il 3% era un buon numero, un numero storico che fa pensare alla trinità».

L’aneddoto rivela inoltre il nefasto incontro tra il protestantesimo tedesco e il cartesianesimo superficiale delle élites francesi che oggi si è tradotto nell’ossessione del debito morale ed economico imposta dalla Germania ai paesi «cicala» del mediterraneo. Più volte questa visione della società e dell’economia è stata derisa da Paul Krugman e analizzata dal pensiero critico, tra cui citiamo in Italia il libro di Elettra Stimilli «Il debito del vivente» (Quodlibet), da Maurizio Lazzarato ne «Il governo dell’uomo indebitato» (Derive Approdi) o da Luciano Gallino ne «Il colpo di stato di banche e governi» (Einaudi).

A suggello dell’invenzione si può citare l’ex presidente Bundesbank Tietmeyer. Perchè il 3%, e non il 2 o il 4? «Economicamente è difficile da giustificare» rispose. Dal vangelo apocrifo dell’austerità è nato il neoliberismo europeo.

Com’è accaduto alla Francia, domani il verbo potrebbe ritorcersi contro i suoi attuali profeti.

r.c.

Nessun commento:

Posta un commento