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giovedì 2 luglio 2015

GREFERENDUM, L' OCCASIONE PER UNA REPUBBLICA EUROPEA

Giuseppe Allegri

Il referendum in Grecia sull'austerità è contenuto nel programma elettorale di Syriza. E' loccasione per creare una nuova istituzione europea che spezzi i diktat del direttorio Merkel-Juncker-Draghi-Fmi, permetta una rinegoziazione dei debiti e apra gli spazi politici di una Repubblica europea.

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Che il processo di integrazione europea fosse entrato in una crisi strutturale divenne chiaro per lo meno dieci anni or sono, nella tarda primavera del 2005, con il doppio no referendario francese e olandese al Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa. L'Eurozona era entrata in funzione da tre anni e il grande allargamento a Est dell'Unione europea era avvenuto nel 2004, parallelo all'estensione della NATO. L'interregno europeo e mondiale post-1989 subiva un ulteriore giro a vuoto e la crisi istituzionale europea verbalizzava la scarsa coesione interna e capacità globale del vecchio Continente, con la coalizione dei volonterosi capitanata dagli USA di Bush e dal Regno Unito di Tony Blair già in Iraq dal 2003.

Ma la storia di Europa è la storia delle sue crisi. Senza risalire al pluri-secolare dibattito intorno alla Krisis, molto più modestamente, nella recente storia della costruzione europea le innovazioni istituzionali sono state spesso frutto di un inasprimento delle condizioni di crisi politiche, economiche e istituzionali, quasi si possa continuare a parlare delle occasioni costituenti nei periodi di crisi e della «fecondità delle crisi»[1].

giovedì 22 maggio 2014

UN'ALTRA DEMOCRAZIA, MA PER QUALE EUROPA?

Marco Bascetta



Quando nel 2009 entrò in vigore il trattato di Lisbona, che rendeva operativa anche la Carta di Nizza messa a punto quasi dieci anni prima, il ciclo che aveva condotto all’approvazione dell’uno e dell’altra era giunto al suo esaurimento. Il processo che tra azzardi e prudenze, resistenze e concessioni, comprendeva comunque nel suo orizzonte (e in diversi risultati conseguiti) la costruzione di un’Europa sociale e di un diritto comunitario che garantisse nel loro insieme i cittadini del vecchio continente volgeva al termine. Se era riuscito, sia pur malconcio, a sopravvivere alla bocciatura della Costituzione europea, affondata dall’esito dei referendum in Francia e Olanda nel 2005, non sarebbe sopravvissuto ai quattro fattori che negli ultimi anni hanno in larga misura ridisegnato il campo europeo.

In primo luogo, ovviamente, la catastrofica crisi economica globale che in Europa si è manifestata come crisi dei debiti sovrani. In secondo luogo, il definitivo superamento tedesco dei costi e dei problemi connessi alla riunificazione, accompagnato da un incremento di competitività ottenuto a spese dei diritti e dei salari. In terzo luogo, l’inasprirsi di quel sovranismo conservatore britannico che ha sempre messo un freno all’integrazione europea e che ora aspirerebbe perfino a ridurre ulteriormente le prerogative comunitarie. Infine la sconfitta, più o meno completa, delle resistenze antiliberiste in gran parte dei paesi dell’Unione. Per vittoria politica della destra o per assimilazione dei suoi principi fondamentali da parte delle sinistre governative o aspiranti tali.

mercoledì 7 maggio 2014

SOGNO EUROPEO O INCUBO?



 Giuseppe Allegri e Giuseppe Bronzini 

hanno pubblicato un nuovo libro: Sogno europeo o incubo?(Fazi editore,  pp. 175, 10 €) e si chiedono come l'Europa potrà tornare a essere democratica, solidale e capace di difendersi dai mercati finanziari . Qui anche un'anticipazione "cartacea"

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We believe in Europe because we are all Europeans
Moritz Hartmann, Floris de Witte

Dieci anni fa l’Europa appariva già profondamente divisa. In un celebre intervento pubblicato contemporaneamente su alcuni grandi quotidiani europei, a partire da «Libération» e «Frankfurter Allgemeine Zeitung» (quindi «La Repubblica» del 4 giugno 2003), Jürgen Habermas e Jacques Derrida ricordavano i due momenti cruciali della frattura di allora. L’adesione di tanti governi europei alla “coalizione dei volonterosi” a sostegno dell’aggressione USA all’Iraq, ma anche le oceaniche manifestazioni di protesta contro la guerra, tenutesi il 15 Febbraio 2003 in tutte le capitali del vecchio continente, segnale della nascita di “un’opinione pubblica europea” e – per il «New York Times» – di una seconda superpotenza planetaria.

mercoledì 5 febbraio 2014

ALZA IL VOLUME, NASCE IL MANIFESTO DEI FREELANCERS EUROPEI

E' partita la campagna di crowdfunding organizzata dall’EFIP, UN movimento europeo dei freelancer, promosso da associazioni in Italia, Germania, Inghilterra, Olanda, Belgio e Francia.


"Stiamo costruendo un movimento dei freelancers europei. Perché abbiamo bisogno di una voce comune affinché i politici europei inizino ad ascoltare i nostri problemi. Da soli, siamo ignorabili. Insieme, siamo più forti. Per fare partire il movimento, abbiamo bisogno di un sito che ci aiuti a realizzare la nostra campagna. Un sito dopo i/le lavorator* indipendenti possano unirsi firmando un freelancers manifesto"




mercoledì 1 gennaio 2014

AUSTERITÀ APOCRIFA: IL 3% DEFICIT/PIL E' UN'INVENZIONE

Il tre per cento è la cifra più famosa del momento. L’inaspettata celebrità conquistata da un numero che rimanda alla trinità cristiana, al simbolo esoterico del ternario (la combinazione di tre elementi), alla sintesi hegeliana dello Spirito Assoluto aleggia come uno spettro nelle stanze di Palazzo Chigi, all’Eliseo, nei paesi del Sud Europa strangolati dal patto di stabilità.

È l’espressione più pura di una religione chiamata austerità che impone un deficit pubblico non superiore al 3% del Prodotto Interno Lordo (rapporto deficit/PIL al 3%) e la norma capestro di un debito pubblico al di sotto del 60% del Pil. A destra come a sinistra, questa cabala viene esibita come la sacra sindone, brandita come un totem davanti alle popolazioni stremate dal crollo dei consumi interni, dalla disoccupazione di massa e dalla precarietà diventata la norma morale per sopravvivere nella prigione Europa.

In Francia Hollande ha annunciato 50 miliardi di euro di tagli nei prossimi tre anni, in Italia Letta giura che la spending review diretta dall’ex Fmi Carlo Cottarelli taglierà 32 miliardi di euro di spesa pubblica per restare nel 3% sul deficit/Pil entro il 2017. Ma noi restiamo in attesa del grande choc: il taglio da 50 miliardi di euro al debito pubblico per i prossimi 20 anni per rientrare nel 60% del Pil. Quella in atto è una guerra contro le popolazioni e la conquista moderna del Welfare. Ma i suoi fondamenti, spacciati come «verità» scientifiche incontrovertibili, sono il risultato di un’invenzione a tavolino. Il 3% come il 60% non rispondono infatti ad alcuna teoria economica. L’autore è il francese Guy Abeille. La storia è piuttosto nota ed è stata resa pubblica dal «Frankfurter Allgemeine Zeitung» che ha raccolto uno scoop di «Le Parisien», rilanciato infine da «Il Sole 24 ore».

Fu a questo oscuro funzionario che si rivolse François Mitterand già nel 1981 per opporre una norma cartesiana - quindi fintamente inattaccabile - alle richieste di aumentare la spesa pubblica. Parliamo di un periodo precedente alla svolta «neoliberista» mitterandiana che diede slancio anche al progetto di unione monetaria sostenuto da un altro santone socialista come Jacques Delors, la stessa che portò Romano Prodi a definire il trattato di Mastricht e il patto di Stabilità «stupido» e «inattuabile». «Abbiamo stabilito la cifra del 3% in meno di un’ora - ha raccontato il sessantaduenne Abeille - Avevamo bisogno di qualcosa di semplice e il 3% era un buon numero, un numero storico che fa pensare alla trinità».

L’aneddoto rivela inoltre il nefasto incontro tra il protestantesimo tedesco e il cartesianesimo superficiale delle élites francesi che oggi si è tradotto nell’ossessione del debito morale ed economico imposta dalla Germania ai paesi «cicala» del mediterraneo. Più volte questa visione della società e dell’economia è stata derisa da Paul Krugman e analizzata dal pensiero critico, tra cui citiamo in Italia il libro di Elettra Stimilli «Il debito del vivente» (Quodlibet), da Maurizio Lazzarato ne «Il governo dell’uomo indebitato» (Derive Approdi) o da Luciano Gallino ne «Il colpo di stato di banche e governi» (Einaudi).

A suggello dell’invenzione si può citare l’ex presidente Bundesbank Tietmeyer. Perchè il 3%, e non il 2 o il 4? «Economicamente è difficile da giustificare» rispose. Dal vangelo apocrifo dell’austerità è nato il neoliberismo europeo.

Com’è accaduto alla Francia, domani il verbo potrebbe ritorcersi contro i suoi attuali profeti.

r.c.

domenica 5 maggio 2013

LUCIANO GALLINO: "CONTRO L'AUSTERITA' SERVE UN NEW DEAL EUROPEO"

Sarà perché al ministero del lavoro oggi c'è qualcuno che riesce a leggere i numeri della macroeconomia, come il presidente dell'Istat Enrico Giovannini, ma sembra che in Italia ci sia un governo che si è accorto che «siamo in recessione da un anno». La notizia non è certamente confortante, ma una tale schiettezza nel riconoscere fatti, universalmente noti alle famiglie impoverite o al 38,4% dei giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni, mancava dal 2008. Quando cioè la crisi è iniziata e sui colli romani folleggiava Silvio Berlusconi. Da allora, purtroppo, la capacità di fare un'analisi economica onesta non è migliorata. 

«È troppo presto per trarre dei giudizi sul nuovo governo - afferma Luciano Gallino, l'autore di Finanzcapitalismo - ma mi ha colpito questa idea di riformare la riforma Fornero che dicono sia stata concepita per un periodo di crescita dell'economia e oggi, con la recessione, bisogna cambiarla perché presenta alcune rigidità che compromettono la ripresa dell'occupazione. Il problema è che eravamo in recessione anche dieci mesi fa, quando la riforma è stata approvata. Mi chiedo a questo punto che senso abbia avuto approvarla». 

giovedì 28 febbraio 2013

LA SINISTRA E' MORTA, SOLO UN GRILLO LA POTRA' SALVARE?

L’affermazione del Movimento 5 Stelle annuncia la scomparsa della sinistra in Italia. Non di quella “radicale”, già spazzata via dalla rivolta del 2008, quando all’incirca 2 milioni di persone si rifiutarono di votarla, azzoppando per sempre l’ala sinistra, un miscuglio di ingraismo, comunismo terzinternazionalista, nostalgici del PCI, sindacalismo di base: quella che non ha voluto aderire alla “cosa” degli Occhetto-D’Alema-Veltroni-Bersani.

E’ stato colpito duramente il blocco sociale maggioritario dell’ex partito comunista, e la sua rappresentanza politica, quella trascolorata nelle varie sigle. Nel prossimo biennio la parte residuale del “comunismo” all’italiana – tosco-emiliano – cioè il blocco della moderazione politica che gestisce l’economia delle banche e delle cooperative e le istituzioni di tre regioni, o poco più, non solo dimezzerà i suoi voti, ma rischia di perdere il diritto a rappresentare come partito quella parte residuale della società sindacalizzata, garantita, ridotta a poco più della rappresentanza di un’élite.

sabato 10 novembre 2012

SOLO UN COMICO CI SALVERA' DAL MONTI-BIS?


C'è un'ampia letteratura che si interroga da tempo sul progressivo slittamento dalla (più o meno reale) porosità dei meccanismi di governance al ritorno verso le rigidità del comando sovrano, come osserva con l'arguzia che lo contraddistingue Marco Bascetta su il manifesto del 27 ottobre. Infatti uno degli effetti prodotti dall'incancrenirsi delle condizioni di crisi della zona-euro è l'immediato e apparentemente inesorabile de profundis suonato per le forme di governance multilivello praticate nell'ultimo trentennio nel vecchio Continente. Eppure le classi dirigenti statali e continentali sono rimaste le stesse, gelose dei propri egoismi nazionali, disinteressate dal portare a compimento l'integrazione politica europea, rinchiuse nelle secche di politiche monetariste e di un funzionalismo che non fa funzionare nessuna dinamica di trasformazione sociale ed economica. Così l'algida tecnocrazia di una parte delle élites europee diviene l'unico verbo politico pronunciabile, istituendo quel «governo tecnico», “che altro non è se non il governo pienamente politico delle oligarchie” (sempre per riprendere Bascetta), in grado di utilizzare tutte le gradazioni possibili degli strumenti di amministrazione e governo; dall'applicazione postuma della celebre “lettera” della BCE dell'estate 2011, al decreto-legge sulla spending review, il “montismo” sembra la personificazione del compromesso storico nell'epoca della finanziarizzazione delle forme di governo.

giovedì 20 settembre 2012

LA GUERRA CORSARA CONTRO IL VERBO DELL'AUSTERITA'

E' online il primo numero di Quaderni Corsari


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La guerra di corsa, quella dei corsari, è vecchia come la storia e tornerà nel Mediterraneo vessato dalle politiche dell'austerità. La descriveva Boccaccio, con un brivido, e poi Cervantes nelle novelle esemplari e in quel meraviglioso capitolo del Chisciotte dove il cavaliere e il suo scudiero Sancho incontrano gli attori viaggianti che mettono in scena la morte. E la troviamo naturalmente in Omero. I corsari non sono feroci come i pirati dell'Oceano, che infestavano quei mari immensi sotto le insegne del teschio e le mentite spoglie di un re imperialista. 

La guerra di corsa

Parliamo di corsa, e di corsari, perché nel Mediterraneo la distinzione sul piano giuridico è netta. La corsa è una guerra lecita, resa tale da una dichiarazione formale. Bisogna immaginarsi uomini e donne, giovanissimi e belli in maniera commovente, che oggi sono armati di passaporti, commissioni, istruzioni, insomma di un armamentario di detti e contraddetti in cui l'intelligenza ha grandi spazi e può esprimersi ormai solo in un attacco ad una nave, in un approdo in incognito su una costa, infiltrandosi nei commerci dei porti di Tunisi o di Alessandria, Napoli o Genova. La bellezza è un fulmine da cogliere a mani nude in un'Europa dove è disprezzata, almeno quanto lo è la vita di chi non ha certezze. Se non quella di prendere la via del mare.

giovedì 1 dicembre 2011

IL DIVINO FURORE SERPEGGIAVA NELLE STRADE D'EUROPA


"Gli attori italiani nascono e sono ancora oggi attori di giro", ha detto il regista teatrale tedesco Peter Stein, nomadi, menestrelli, cantastorie, funamboli virtuosi sul filo, creatori di comunità nobili e riottose, alla ricerca del prossimo ingaggio e del popolo che viene. Nacque così l'alleanza che terrorizzava l'Europa. Con loro c'erano pensatori eretici e radicali, medici, ottici e alchimisti, professionisti, venditori di sterco di gallina e di idee tumultuose nelle corti d'Europa. Con loro c'erano lavoranti di bottega, folli visionari e profeti, figli ripudiati e aristocratici, sette paramassoniche e borghesi illuminati con il culto del "cane spinoza", della commedia dell'arte o di Goldoni. La loro alleanza con il popolo e le classi più avanzate nei mestieri urbani fu grandiosa e temibile. Nasceva il Quinto Stato. Ancora oggi il furore divino di Giordano Bruno formicola nelle strade. E fermenta.

La fotografia di Peter Stein è di Francesco Carbone: Teatro Valle Occupato