Giuseppe Allegri
Renzi dice che l'alta velocità sbloccherà la crescita in Italia. Il denaro creato dal nulla della Bce scatenerà la crescita. Ma Mefistofele la pensava diversamente. La dispotica austerity dei banchieri di Elido Fazi
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Nella non certo torrida estate
del 2014 l'Italia torna in deflazione, come nella tarda estate del 1959. Mentre la disoccupazione
supera il 12,6%, con quella giovanile intorno al 43%: si perdono mille posti di
lavoro al giorno. Queste le considerazioni allarmate di stampa e politica, dopo
le comunicazioni ISTAT riguardanti i dati degli ultimi mesi di Grande
Depressione italica. Ci servirebbe un mefistofelico diavolo, poeta e
visionario, per “uscire dalla crisi”?
«Come uscire dalla crisi
economica con le ricette del diavolo» è il sottotitolo volutamente provocatorio
del pamphlet Mefistofele (Utet, p. 220, euro 13,90),
scritto da Elido Fazi, editore di professione, economista
post-keynesiano di formazione e passione. E c'è tanto di dedica a Jens Weidmann, «potente neoliberista presidente
della Bundesbank, che di solito fa il bello e cattivo tempo in Europa»,
sostenitore di un'interpretazione diabolica del Faust di Goethe. Infatti
il dispotico banchiere utilizzò il testo del patto Faust-Mefistofele per
scagliarsi contro la storica affermazione di Mario Draghi, del luglio 2012: «la
BCE farà tutto quello che è necessario (whatever it takes) per salvare
l'euro». Anche «dare iniezioni di liquidità monetaria».
Un grave peccato
morale, per Weidmann, convinto che l'atto di creare moneta sia figlio del
diavolo Mefistofele, poiché «degenera in inflazione e distrugge il
sistema monetario», come, appunto, insegnerebbe il Faust di Goethe.
La colpa del debito e l'Italia,
Paese loser?
All'origine di questa
interpretazione c'è l'ideologia del debito (dei privati come dei sovrani)
inteso come colpa, visto che Schuld in tedesco significa sia debito
che colpa, peccato. E allora, nella sempre più incerta “Europa
tedesca”, solo l'imposizione di austere misure di risanamento dei conti
pubblici sembra possa assolvere dalla colpa del debito. Mentre
echeggia il terrore dell'inflazione, intesa come “la” tragedia che attraversò
gli anni Venti tedeschi, verso il consenso al nazionalsocialismo, che pure Fazi
ci ricorda arrivò con le elezioni del 1932, quando la Repubblica di Weimar era
già precipitata in un periodo di deflazione. Deflazione che avvolge parte
dell'Europa e ora ufficialmente l'Italia, da quindici anni in stagnazione e
perciò sospesa sul baratro di una Grande Depressione.
Con il serio rischio di
diventare il vero Paese loser: un «Giappone europeo». Quel
Giappone uscito da una deflazione ventennale solo con la massiccia iniezione di
moneta imposta nella primavera 2013 dal nuovo premier Shinzo Abe, padre di
quella che verrà ribattezzata Abenomics. Elido Fazi segue questa
tendenza e smonta l'ideologia monetarista che ha reso l'Europa ostaggio
dell'incubo inflazionistico (inflation targeting), sacrificando
qualsiasi ipotesi di politiche pubbliche capaci di invertire il ciclo economico
depressivo. C'è una storia millenaria che permette di rifiutare il pensiero
unico imposto dai «tecnocrati della triste scienza», allievi dei Chicago
Boys, consiglieri di Pinochet, Thatcher e Reagan.
La ricchezza collettiva della
moneta comune
Così si risale al sesto secolo
avanti Cristo, con Solone che «introduce una radicale e coraggiosa riforma
finanziaria, il cui primo punto è la cancellazione, parziale o totale, dei
debiti, con la restituzione delle terre sequestrate dai creditori», quella
ristretta oligarchia del denaro che aveva messo in ginocchio i piccoli
coltivatori diretti. Nell'antica Grecia, come negli Stati Uniti degli anni
Trenta del Novecento, con Roosevelt. Solone è quindi il «primo governante a
essere cosciente che la moneta è un bene comune della società e che la sua
creazione non può essere lasciata all'avidità dei finanzieri privati».
È questa
la chiave di volta per considerare la moneta e «il credito al servizio di tutti
i cittadini di un paese o un'area come l'eurozona, e non soltanto al servizio
di una élite finanziaria o di alcuni paesi che, oltretutto, meno ne hanno
bisogno». Perché la moneta esiste per legge, non per natura, per dirla già con
Aristotele. È un'istituzione creata dagli esseri umani che si associano per
godere di un maggior grado di benessere individuale e collettivo. E Fazi ci
narra come, proprio a partire da politiche monetarie espansive, sia possibile
rifiutare l'austero rigore depressivo, per affermare una moneta comune
intesa come ricchezza comune.
Fiat money
Ecco tornare Mefistofele
(quello di Fazi, contro Weidmann), che nel Faust consiglia al sovrano
dell'Impero indebitato di creare moneta dal nulla, Fiat money, «come per
magia», per risanare le finanze, ma soprattutto per dare solidarietà, gioia,
serenità alla cittadinanza. Nell'allegoria carnascialesca narrata da Goethe il
carro diabolico è trainato dal dio della ricchezza, Pluto, e da quello delle arti e della profezia, Apollo,
perché solo dall'incontro di ricchezza e poesia è possibile pensare una vita
degna. Le “crisi epocali” esigono economisti poeti, come il Keynes delle Prospettive
economiche per i nostri nipoti, uscito a ridosso del grande crollo del 1929
e ricordato in chiusura da Fazi.
Nel cuore oscuro di un'Europa
oppressa da avari banchieri e ottusi nazionalisti è difficile rintracciare economisti
(e) poeti adeguatamente visionari, in grado di adottare le ricette del
diavolo. Tanto che Renzi, nella polemica estiva con Weidmann e i banchieri
tedeschi, non è certo sembrato “mefistofelico”. Mentre al vertice della Bce
pare Goethe sia letto con passione. Chissà come sarà interpretato e poi messo
in opera, nei prossimi mesi, delle bolle finanziarie a venire e delle guerre
diffuse nelle quali già siamo immersi.
Fiat money. Già. Palato degustativo per banchieri e il Mefisto, sicuramente. Peccato ne perdino memoria per il finaziamento degli investimenti promessi o azzardati. Che sia colpa dei mercati non aggiornati alla competitività,per il prezzo unico,o causati da un'assenza di unità di capitali da investire senza/altra speculazione che il bene comune,il lavoro e l lavoratori?..Bianca 2007
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