Economia politica della promessa. Un libro contro il lavoro gratis. Sarà distribuito in edicola con il Manifesto il 30 aprile e in libreria.
Raccoglie le inchieste sul lavoro gratuito. A cominciare dallincredibile storia sull'accordo sul lavoro gratuito all'expo di Milano che inizia il primo maggio. Ecco la premessa
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La maggior parte dei testi raccolti in questo piccolo volume sono stati pubblicati in sei puntate, e in forma molto più succinta sulle pagine culturali del Manifesto il manifesto nello scorso autunno e sono stati ampiamente ripresi nel corso della discussione sempre più approfondita e vivace sul dilagare delle forme gratuite di lavoro. Il fatto che queste ultime fossero ormai diventate un elemento indispensabile per il funzionamento di interi comparti produttivi e incombessero sempre più da vicino su molti altri, come strumento di ricatto, come passaggio obbligato nei percorsi del lavoro precario, come schema disciplinare e come manipolazione ideologica della soggettività, ci avevano convinto ad affrontare il tema con una maggiore ampiezza. Ovviamente, né la serie di articoli usciti sul giornale, né il piccolo volume che avete tra le mani esauriscono in alcun modo la complessità di una condizione, molteplice nelle sue sfaccettature e mobile nei suoi confini come quella del lavoro gratuito e ancor meno possono dare risposta soddisfacente alla domanda su come questo possa organizzarsi per imporre l’abolizione di questa forma di sfruttamento. Abbiamo preso in esame solo alcuni comparti e un evento assolutamente esemplare per quanto riguarda la torsione commerciale del “volontariato” e l’economia politica della promessa quale è l’Esposizione universale che sta aprendo i battenti a Milano. Laddove il lavoro a salario zero ha ricevuto l’incredibile benedizione dei sindacati.
Raccoglie le inchieste sul lavoro gratuito. A cominciare dallincredibile storia sull'accordo sul lavoro gratuito all'expo di Milano che inizia il primo maggio. Ecco la premessa
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La maggior parte dei testi raccolti in questo piccolo volume sono stati pubblicati in sei puntate, e in forma molto più succinta sulle pagine culturali del Manifesto il manifesto nello scorso autunno e sono stati ampiamente ripresi nel corso della discussione sempre più approfondita e vivace sul dilagare delle forme gratuite di lavoro. Il fatto che queste ultime fossero ormai diventate un elemento indispensabile per il funzionamento di interi comparti produttivi e incombessero sempre più da vicino su molti altri, come strumento di ricatto, come passaggio obbligato nei percorsi del lavoro precario, come schema disciplinare e come manipolazione ideologica della soggettività, ci avevano convinto ad affrontare il tema con una maggiore ampiezza. Ovviamente, né la serie di articoli usciti sul giornale, né il piccolo volume che avete tra le mani esauriscono in alcun modo la complessità di una condizione, molteplice nelle sue sfaccettature e mobile nei suoi confini come quella del lavoro gratuito e ancor meno possono dare risposta soddisfacente alla domanda su come questo possa organizzarsi per imporre l’abolizione di questa forma di sfruttamento. Abbiamo preso in esame solo alcuni comparti e un evento assolutamente esemplare per quanto riguarda la torsione commerciale del “volontariato” e l’economia politica della promessa quale è l’Esposizione universale che sta aprendo i battenti a Milano. Laddove il lavoro a salario zero ha ricevuto l’incredibile benedizione dei sindacati.
Gli ambiti che abbiamo preso in considerazione sono quelli del mondo dell’arte e delle professioni creative, del giornalismo e dell’editoria, dell’accademia e della politica che, seppure possiede uno statuto alquanto anomalo, e di scarsa popolarità, fa da modello motivazionale alla pretesa di assoluta dedizione avanzata dalle aziende. Non si tratta che di un primo passo nella direzione di un lavoro di inchiesta più vasto e approfondito di cui vi è ormai estrema urgenza. A cominciare da quei settori nei quali il lavoro gratuito o semigratuito si è affermato da più tempo e con maggiore diffusione.
C’è da aggiungere che il lavoro gratuito o vergognosamente sottopagato non si limita affatto ai settori di cui ci siamo occupati in queste pagine. Queste forme di sfruttamento si estendono sempre più rapidamente ai più diversi ambiti professionali dallo spettacolo alla moda, dalla cooperazione internazionale a diverse “professioni liberali”, come si chiamavano una volta, dalla comunicazione alla gestione di eventi pubblici e privati. Ma non solo alle attività qualificate, per le quali è previsto un effettivo processo di apprendimento, sia pure destinato a non sfociare mai in un lavoro ragionevolmente retribuito, o una qualche forma di gratificazione. Una insopportabile retorica, accompagnata da continui interventi di “riforma” aziendalista dei percorsi formativi, prescrive perfino l’ addestramento al lavoro “in generale” e la predisposizione ad accettare qualsiasi condizione di “impiego” incluso quello non retribuito. Senza contare l’intento di costringere i percettori di sussidi a svolgere attività lavorative di poca o nessuna qualità, secondo un modello di accanimento “lavorista” che si va affermando in diversi paesi europei.
Un vero insulto nei confronti delle giovani generazioni, bombardate dalla mitologia della “società della conoscenza” e dalle ricorrenti fandonie sulla meritocrazia. Nessun angolo della società è ormai al riparo dal gioco di sponda tra lavoro precario e lavoro gratuito. Due realtà la cui interazione si è resa ormai evidente agli occhi di tutti.
Il diritto del lavoro, i tribunali, le istituzioni, meno che mai le politiche di governo, offrono oggi strumenti efficaci di difesa da queste forme di ricatto e di sfruttamento che, al contrario, vengono favorite. è una situazione allarmante che abbiamo voluto ripercorrere nel saggio che conclude questo volume. Ma non si tratta solo di descrivere la miseria di una condizione sottoposta a un formidabile potere di ricatto, bensì anche di individuare e praticare forme di resistenza e di lotta in grado di contrastarlo efficacemente. Sottraendosi all’illusionismo dell’ideologia e al timore delle gerarchie. Incrociando le braccia di fronte a una promessa che sappiamo non sarà mai mantenuta. Per tornare a quell’idea di esodo intraprendente, di détournement delle energie e della cooperazione sociale che da molti anni stiamo inseguendo. Con l’auspicio che anche il lavoro dipendente regolarmente retribuito cominci a prendere coscienza di quanto queste pratiche di “impiego” senza reddito lo minaccino da vicino, contribuendo al suo deprezzamento quando non alla sua sostituzione.
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Economia politica della promessa, ManifestoLibri, pp.96. In edicola e in libreria dal 30 aprile. Un'inchiesta collettiva a cura di Marco Bascetta. Con inchieste di: Giuseppe Allegri, Marco Bascetta, Giuseppe Bronzini, Roberto Ciccarelli, Andrea Colombo, Valeria Graziano, Cristina Morini.
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