Intellettuali di se stessi. Lavoro intellettuale in epoca neoliberale, il nuovo numero di Aut Aut, 365/2015, edito da Il Saggiatore
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Dopo un fascicolo monografico dedicato alla problematizzazione dell’insegnamento scolastico (La scuola impossibile, 358, 2013) e un altro dedicato alla critica dei dispositivi di valutazione della ricerca (All’indice. Critica della cultura della valutazione, 360, 2013), “aut aut” mette ora a tema la condizione del lavoro intellettuale in epoca neoliberale.
In questo campo, le categorie socio-politiche che organizzano gli spazi e i tempi delle professioni saltano, rendendo estremamente complessa l’impresa di mettere ordine tra figure del lavoro che proliferano, si ibridano, e molto spesso si incorporano in una o più persone contemporaneamente. La condizione del lavoro intellettuale emerge come stretta fra il desiderio di indipendenza e di cooperazione, di un buon lavoro e di una buona vita, da una parte, e il ricatto esistenziale, la sussunzione reale della vita imposti dall’appartenenza a un eterno esercito industriale di riserva, dall’altra.
Abbiamo pensato di definire questa figura complessa e contraddittoria con l’espressione “intellettuale di se stesso”, che segnala la penetrazione della forma di vita neoliberale dell’“imprenditore di se stesso” nell’ambito del lavoro intellettuale, ma marca anche uno scarto rispetto alla figura che il Novecento ci ha lasciato in eredità: quella dell’intellettuale a cui è demandato il compito di pensare e farsi espressione di un collettivo, di una classe, di un partito o di un’istituzione. L’intellettuale di se stesso è piuttosto il rovescio neoliberale di quell’“intellettualità di massa” che i movimenti degli anni settanta avevano delineato in quanto esito dell’affermarsi del general intellect nell’ultima fase del modo di produzione fordista. In seguito, il mercato neoliberista ha organizzato in regime di concorrenza le potenzialità che un’intellettualità diffusa produce, eleggendone l’individuo proprietario a portatore unico.
Le questioni che si aprono sono diverse e tutte cruciali: è possibile valorizzare il desiderio di autonomia del lavoro indipendente senza che quel desiderio sia catturato, nella forma della concorrenza, da parte del mercato neoliberista? È possibile quindi praticare l’indipendenza e la cooperazione in modo non alternativo o contrapposto? Quella dell’intellettuale di se stesso è una scelta o un’imposizione? Il lavoro intellettuale, in effetti, costituisce una cartina di tornasole del livello di integrazione e commistione fra pratiche di soggettivazione e modi di assoggettamento, se si pensa alle forme di autodisciplina, autosorveglianza, così come di ascetismo o di “marketing del sé” che pure appartengono a questa condizione e alle sue forme di visibilità. Eppure, come emerge dal fascicolo, questa profonda individualizzazione del lavoro intellettuale delinea anche la possibilità di determinare una forma di vita comune proprio laddove sembrano agire con la massima efficacia i dispositivi di concorrenza e competizione che separano, distinguono, isolano.
Le pratiche relazionali che hanno caratterizzato la composizione di questo fascicolo non possono che partecipare a quella forma di vita a cui abbiamo accennato, tanto quanto i contenuti dei singoli contributi. Ci siamo rivolti, infatti, ad autori e autrici il cui lavoro intellettuale non è quasi mai strutturato all’interno di questa o quella istituzione, ma che partecipano, più o meno loro malgrado, alla condizione dell’intellettuale di se stesso. Le nostre discussioni intorno a questo tema si sono svolte tra un’application da chiudere per una position nell’università straniera di turno, una deadline incombente, un lavoro intermittente e un pagamento da rincorrere, distanze geografiche da ridurre per e-mail o Skype – insomma, tra vite i cui pezzi sono da tenere insieme quasi quotidianamente.
In questo quadro, l’intellettuale di se stesso non è una categoria che ha la pretesa di una legittimazione/ricomposizione teorica di una forma di vita così composita, variegata e contraddittoria, vuole piuttosto costituire uno spunto per aprire un discorso che, attraverso e nonostante le sue pratiche e i suoi stili diversi – anche di scrittura, come questo stesso fascicolo mostra –, tenti di sottrarre il lavoro intellettuale alla individualizzazione più esasperata.
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L'indice del numero 365/2015 di Aut Aut: Intellettuale di se stesso. Lavoro intellettuale in epoca neoliberale
Premessa
Massimiliano Nicoli L’etica del lavoro intellettuale e lo spirito del capitalismo
Dario Gentili Cosmo e individuo. Per una genealogia del lavoro intellettuale nell’epoca neoliberale
Roberto Ciccarelli L’emergenza delle nostre vite minuscole
Carlo Mazza Galanti Un curriculum a modo tuo
Federico Chicchi, Nicoletta Masiero Incrinature. Posture e linee di fuga del lavoro cognitivo
Andrea Mura Debito e comune. Per un’etica del non-tutto
Alessandro Manna La degradazione. Piccola sociobiografia portatile di Lorena, ricercatrice precaria
Vincenzo Ostuni Paranoia e capitale
Massimiliano Nicoli L’etica del lavoro intellettuale e lo spirito del capitalismo
Dario Gentili Cosmo e individuo. Per una genealogia del lavoro intellettuale nell’epoca neoliberale
Roberto Ciccarelli L’emergenza delle nostre vite minuscole
Carlo Mazza Galanti Un curriculum a modo tuo
Federico Chicchi, Nicoletta Masiero Incrinature. Posture e linee di fuga del lavoro cognitivo
Andrea Mura Debito e comune. Per un’etica del non-tutto
Alessandro Manna La degradazione. Piccola sociobiografia portatile di Lorena, ricercatrice precaria
Vincenzo Ostuni Paranoia e capitale
INTERVENTI
Alessandro Di Grazia Coetzee e De Bruyckere alla Biennale di Venezia 2013
Carlo Deregibus Responsabilità e progetto. L’eredità di Enzo Paci ed Ernesto Nathan Rogers
Luigi Azzariti-Fumaroli Walter Benjamin, collezione privata
Sergio Benvenuto Merleau-Ponty e l’allucinazione
Alessandro Di Grazia Coetzee e De Bruyckere alla Biennale di Venezia 2013
Carlo Deregibus Responsabilità e progetto. L’eredità di Enzo Paci ed Ernesto Nathan Rogers
Luigi Azzariti-Fumaroli Walter Benjamin, collezione privata
Sergio Benvenuto Merleau-Ponty e l’allucinazione
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