martedì 20 dicembre 2011

FREELANCERS UNION, ITALIA

Giuseppe Allegri e Roberto Ciccarelli


Cronaca dell'assemblea romana «La furia dei cervelli» organizzata il 19 dicembre 2011 da Acta e Aiap alla quale hanno partecipato una ventina tra reti e associazioni del lavoro autonomo, culturale e cognitivo, tra le quali il Teatro Valle Occupato e i lavoratori dell'arte di Milano. Nuovo appuntamento l'11 gennaio 2012, al teatro Valle occupato. Gli indipendenti hanno iniziato il loro processo costituente***.




Forse c'è solo un solo momento in cui siamo liberi:
quando il vecchio ordine è distrutto
e il nuovo non si è ancora instaurato
Tankred Dorst, Toller. Scene di una rivoluzione tedesca.

Be', come vi pare. La Comune vi ha invitati.
Siete voi che non volete venire!"
Bertolt Brecht, I giorni della comune.


Un centinaio di persone hanno partecipato alla presentazione-assemblea de La furia dei cervelli a Porta Futuro, il nuovo Centro per l’Impiego della Provincia di Roma, nel cuore di Testaccio a Roma, al costo di non sappiamo bene quanti milioni di euro, e dedicato alla sempre più difficile conciliazione tra domanda e offerta di lavoro. 
 
Acta-Roma (Associazione Consulenti del Terziario Avanzato) e Aiap-Lazio (Associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva), hanno convocato una ventina tra movimenti, reti, associazioni del lavoro indipendente, autonomo, precario, quindi una moltitudine di singoli appartenenti al Quinto Stato: i soggetti delle nuove forme del lavoro, spesso invisibili alla tradizionale cittadinanza sociale, e sempre esclusi dalle garanzie minime del sistema di Welfare. C'era il Teatro Valle occupato, i lavoratori dell'arte che il 3 dicembre scorso hanno occupato il PAC di Milano, l'Arci. E poi la Consulta delle Professioni della Cgil, insieme al Basic-Income Network-Italia, e molti altri. È intervenuta anche la vicepresidente della Provincia di Roma, e assessore alla cultura, Cecilia D'Elia.

L’occasione dell’incontro è stata una discussione collettiva a partire dal nostro libro pubblicato per manifestolibri il mese scorso. «Questo libro – ha detto la giornalista freelance Elisabetta Ambrosi - dice basta al silenzio sui responsabili, quelli che conosciamo per funzione e nome, per ruolo e cognome. La sinistra conservatrice e quella ottusamente modernizzatrice; la mostruosa chimera della destra liberista e paternalista. Classi dirigenti che non hanno saputo vedere che oggi la vita è sempre più svincolata dal lavoro e il lavoro sempre più svincolato dal reddito e che dunque siamo di fronte ad uno tsunami che nessuna polemica sull’articolo 18, nessun dibattito sui cassintegrati, nessun talkshow sui ricercatori precari potrà scalfire. Mai nel mondo occidentale, scrivono gli autori, «si è mai visto un simile schieramento di forze per distruggere la mente e i corpi della forza lavoro». Non solo il lavoro dei lavoratori, ma la loro stessa vita». 
 
I «lavoratori indipendenti – ha continuato Ambrosi - sono tantissimi, a Roma 320.000 solo nel 2009, il 23 per cento dell’occupazione a Roma e provincia - sono lavoratori senza un reddito dignitoso, senza ferie pagate, senza malattia, senza maternità, senza diritti ma soprattutto, quello che è ancora peggio, senza neanche più consapevolezza di avere dei diritti». 
 
Fanno parte del Quinto Stato, cioè «del 30% della forza lavoro in Italia – ha specificato Enrico Parisio (Aiap-Lazio) - distribuita nelle diverse etichette che le riforme del lavoro degli anni 90 hanno partorito: cocopro, lavoratori a progetto, a collaborazione, apprendisti, stagisti, autonomi, partite iva, piccole società di persone, intermittenti, insomma i cosiddetti «atipici». «Qui il termine “atipico” chiaramente si riferisce ad una “tipicità”, che insigni giuslavoratoristi, politici, sindacalisti riferiscono alla forma del lavoro dipendente, subordinato, con contratti a tempo indeterminato. L’unico che conoscono, l’unico che sanno controllare, l’unico che può garantire dei diritti. O il nostro lavoro è riconducibile alla forma di lavoro subordinato, o non esiste. Lungi da noi l’idea di una guerra tra poveri, tra garantiti e precari – ha continuato Parisio - i nostri diritti non li otterremo mai a scapito di altri lavoratori, ma una cosa è chiara: le anche esigue risorse che vengono stanziate per il Welfare devono essere divise equamente tra tutti i lavoratori, non creando lavoratori di serie A e di serie B, C, D»

L'esigenza di creare una «coalizione dei lavoratori indipendenti» per costituire il primo esperimento italiano di «freelancers union» non è dettata dalla volontà di distinguersi dagli altri lavoratori. I knowledge workers non si sentono privilegiati ma, al contrario, vogliono affermare la loro dignità di lavoratori e non di working poors, segnalando che mai, prima di oggi, un terzo della forza-lavoro italiana è stata tutelata e rappresentata. «Viviamo in un universo – sostiene Parisio – che non è toccato dallo Statuto dei Lavoratori. Ma la cosa peggiore che avvertiamo in tutto questo discorso è la mancanza di una comprensione sui modi di produzione della società contemporanea».

A mancare non è solo una cultura «sindacale», ma anche gli strumenti statistici, politici, linguistici per leggere e organizzare una composizione sociale, numerosa ed eterogenea, diffusa e tuttavia invisibile. Su questo terremo Acta e Aiap, il teatro Valle e le reti che hanno partecipato all'incontro, ritengono di possedere strumenti, dettati dall'esperienza e dalla sperimentazione degli ultimi mesi, attraverso i quali organizzare da subito una mobilitazione.

«Mi rendo conto – ha affermato Adele Oliveri, coordinatrice di Acta-Roma - che questo è un percorso molto difficile. Una delle possibili difficoltà che abbiamo è che siamo tutti molto diversi fra noi, per il tipo di lavoro che facciamo, per il contesto in cui ci muoviamo, per aspettative, per esperienze, per le pratiche a cui siamo abituati. Queste differenze possono essere un ostacolo alla costituzione di una grande coalizione di lavoratori indipendenti, ma possono essere anche una grande opportunità, perché la diversità è fonte di ricchezza. In piccolo noi di ACTA questo l’abbiamo sperimentato, perché la nostra associazione ha la peculiarità di essere trasversale rispetto a diverse professioni e diversi “mestieri”. In questo senso, siamo molto diversi dalle associazioni di categoria a cui comunemente siamo abituati».

Difficile, dunque, comporre una coalizione nel paese che nei prossimi mesi sarà dominato dalla dura battaglia: abolizione oppure difesa dell'articolo 18, riforma degli "ammortizzatori sociali" e, addirittura, del "ciclo di vita", come improvvidamente ha detto il ministro del Welfare Elsa Fornero. Tutte argomentazioni che metteranno con ogni probabilità a tacere la vera questione sociale del nostro tempo: come tutelare il Quinto Stato, cioè un terzo della forza-lavoro attiva in Italia? 


E tuttavia ciò non ha impedito di vedere, già nell'assemblea del 19 dicembre (come, del resto, in quella precedente che si è tenuta al teatro Valle il 30 settembre scorso), che oggi è importante dare voce, e pratiche condivise, ad una platea intergenerazionale, e inter-professionale, formata ugualmente da autonomi e precari, professionisti e studenti, giovani e maturi, nella quale è maturata da tempo una nuova forma di coscienza. Gli indipendenti hanno scelto un'altra strada: quella dell'auto-organizzazione. 
 
«Di fronte alla minaccia che incombe su di noi - ha continuato Adele Oliveri, - quella di una crisi prolungata, di un progressivo impoverimento, di condizioni lavorative sempre più difficili, di un sentimento di incertezza, di precarietà sempre più pervasivo – abbiamo davanti a noi tre possibilità: possiamo non far nulla, aspettare e vedere che succede; possiamo “scappare”, andando all’estero come fanno molti, o semplicemente rifugiarci nelle denunce sterili che raramente vengono ascoltate; oppure possiamo infuriarci, farci prendere dalla furia, dall’urgenza di reagire a questo stato di cose e trovare soluzioni concrete, fattive, praticabili e condivise ai problemi che ci riguardano, direttamente e indirettamente, innanzitutto in quanto lavoratori e, aggiungerei, in quanto lavoratori indipendenti».

Il fotografo e artista Davide Franceschini, al termine dell'incontro, ha provato a mettere in parole l'esigenza che in molti, a Roma e non solo, confessano da tempo: trovare un luogo di co-working, e di co-projecting, aperto, pubblico e gratuito che risponda all'esigenza immediata degli indipendenti che non hanno un luogo per lavorare, devono affittare una scrivania o rassegnarsi a restare confinati a casa. 
 
Questo spazio comune rappresenta, nelle intenzioni degli indipendenti, un primo passo per costruire una cittadinanza basata sul mutualismo e la cooperazione. Ad esempio, è stato accolto con interesse il progetto della sezione traduttori del Sindacato Nazionale Scrittori (Cgil) di un sistema di mutuo soccorso, descritto da Elena Doria. Dallo stato, infatti, i traduttori come tutti gli indipendenti non hanno un'assistenza sanitaria e per loro la pensione è solo un miraggio. Allora hanno deciso, insieme alla società di mutuo soccorso "Insieme Salute", di creare un piano di assistenza sanitaria integrativa (attivo dal 1 novembre scorso). 

Oltre al co-working, e al mutuo soccorso, lo spazio comune che gli indipendenti vogliono progettare potrebbe ospitare attività di (auto)formazione professionale, quella alle modalità del microcredito e  all’alfabetizzazione finanziaria che per Silvestro De Falco, traduttore e membro di Acta, rappresenta un punto irrinunciabile per la cittadinanza degli indipendenti.
Il programma è ampio, come anche l'esigenza di rispondere immediatamente ai bisogni, acuiti dalla crisi, particolarmente dura a Roma. Ciò non toglie che il progetto di una coalizione del Quinto Stato, aperta agli italiani, come alle comunità immigrate che lavorano nelle micro-imprese, nel lavoro domestico o di assistenza, con o senza la partita Iva o contratti di collaborazione, sia all'ordine del giorno. Gli indipendenti pensano ad una cittadinanza fondata sulla lotta per i diritti, le tutele, la conquista degli spazi, ma anche ad una previdenza equa, alla continuità di reddito (o al reddito di base), insomma un nuovo Welfare.
L'11 gennaio 2012, al teatro Valle occupato, nuovo appuntamento per dare volto e forma a questo processo costituente.


*** (a proposito del titolo "Precari Uniti: l'articolo 18 non si tocca" al servizio apparso sul sito del Fatto: possibile che anche solo a sentirci parlare non si capisca che l'art. 18 non c'entra assolutamente nulla con la condizione del Quinto Stato e in particolare con quella del lavoratore indipendente? lo statuto dei lavoratori e l'articolo 18 non riguarda almeno 7 milioni di persone in questo paese.. ciò non vuol dire che sia giusto toglierlo per coloro che lo hanno, nè che non sia possibile regolare una condizione - quella del Quinto Stato - lasciata in italia nella barbarie giuridica, senza tutele e diritti, per serie e drammatiche ragioni, che nessuno dice in italia, nè camusso nè fornero. figuriamoci poi se accettare lo scambio meno articolo 18 più assunzioni, pensare che quello che voi chiamate "precariato" si risolva così è ridicolo. il problema sta dentro un altro ordine del discorso, non riducibile a qusta definizione buona per tutte le stagioni, "precariato", che non significa ormai più nulla, tutti sono precari e nessuno lo è, metafisica del pauperismo con il quale si rappresentano i lavoratori non dipendenti, autonomi. appello al titolista: cerca di arrivare almeno alla fine del servizio di irene. sono solo 3 minuti: "tutele e diritti per tutti gli indipendenti"

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