Nella due giorni organizzata a Napoli dal Laboratorio Dada e dall'Asilo della conoscenza, articolata in seminari, presentazioni, concerti, dialoghi a più voci sulla nostra contemporaneità affettiva, politica e artistica, avremo modo di disvelare l'attualità di un libro che ha ispirato filosofi e musicisti, trasformando le scienze umane e influenzando i movimenti sociali.
E partiremo dalla definizione di desiderio che oggi, proprio come negli anni Settanta quando è uscito il libro, viene inteso come “desiderio di una cosa mancante”, cioè come qualcosa di irrealizzabile e, come tale, rappresentazione di uno scacco o colpa dell'individuo. E' questa idea che ispira l'agire dei governi dell'austerità, ed è sempre questa l'idea che si è diffusa nella filosofia “ufficiale”, quella che si insegna all'università quando si parla dell'AntiEdipo. Questa coincindenza non è casuale, ma è il risultato di un processo di restaurazione e di rimozione del pensiero critico, come dell'autonomia della vita. E, tuttavia, lontano dall'essere una rappresentazione creata da un vuoto, il desiderio è stato concepito in questi quarantanni come una realtà piena, una “macchina” di produzione, cioè come l'affermazione della vita. E non potrebbe essere altrimenti. Nonostante tutto, noi viviamo. E questa non è soltanto una domenica della vita.
Parlare, oggi, dell'AntiEdipo significa cogliere un altro punto importante della nostra attualità. Negli anni Settanta, Deleuze e Guattari individuarono nell'Edipo lo strumento di organizzazione di una società, e del suo governo, oltre che della formazione della personalità e della civiltà, oggi l'Edipo torna ad essere un dispositivo altrettanto fondamentale. Non più nella forma privatistica del desiderio del bambino di sposare la madre e uccidere il padre, bensì in quella globale del desiderio del Capitale di incarnare lo Stato e uccidere i suoi figli.
All'istinto di morte, di cui l'Edipo è espressione purissima, questo rovesciamento aggiunge un altro elemento: stroncare ogni iniziativa volta alla sopravvivenza fisica e psicologica indipendente dal potere immateriale dell'Edipo. Polverizzare il desiderio di autonomia, sottraendo risorse e tempo per l'intelligenza, e, infine, annientare ogni desiderio che non sia quello della dipendenza da qualcuno, foss'anche l'ultima illusione prima dello schianto finale. La depressione, lo spaesamento, l'angoscia della povertà, dell'isolamento, della disoccupazione trovano origine in questo Edipo al quadrato, un Edipo tanto più colossale, quanto più invisibile. La famiglia, naturalmente, è l'àncora di salvezza per salvarsi – per il momento – dal baratro. Ci paga il salario, la disoccupazione. Ecco ricomposto il circolo dell'Edipo. Oggi, più di ieri, nel mediterraneo siamo tutti Edipo.
Queste sono le ragioni per continuare oggi a leggere un libro come l'Antiedipo: una rivolta contro l'Edipo che è in noi, perchè questa è una rivolta contro il dispositivo che ci governa anche fuori di noi. E, per favore, davanti a chiunque vi definirà “anarco-desiderante”, ridete, ridete! Con questa definizione è stato classificato l'AntiEdipo in questi anni, come se fosse il breviario del declassamento delle élite sessantottesche nei ranghi della piccola borghesia passata dai movimenti all'impresa, alla politica o alla pubblicità di Mediaset. Oggi chi replica questa surreale – e insensata – accusa è solo uno che non controlla il desiderio di sottometterci al controllo del debito, del rigore, dell'austerità. Cioè all'appagamento del suo conato di potere, di ristabilire le gerarchie di un mondo che predica il nostro suicidio, e la sua salvezza.
Ridiamo, perchè noi siamo i vivi. Loro i morti.
Ridiamo, perchè noi siamo i vivi. Loro i morti.
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40 anni di desiderio
Due giorni di dibattito, concerti, incontri in occasione del quarantennale dalla pubblicazione dell'AntiEdipo di Gilles Deleuze e Félix Guattari (1972-2012)
Napoli, 29-30 ottobre 2012
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