sabato 23 novembre 2013

BIN: PER IL REDDITO MINIMO OCCORRE UNA «LARGA INTESA»


Dinanzi all’immobilismo sulla questione sociale dimostrata dalle larghe intese attualmente al Governo diviene urgente promuovere una «larghe intesa sociale e politica» per introdurre un reddito garantito in Italia: qui e ora.

Inutile insistere sulla cruda realtà delle statistiche: un quarto della popolazione sospesa tra esclusione e marginalità sociale, un tasso di disoccupazione giovanile al 40%, circa tre milioni di disoccupati, per non considerare i milioni di «scoraggiati» che neanche si affacciano più al «mercato del lavoro», tutte e tutti senza alcuno strumento di sostegno al reddito.



In questi mesi il Governo non è stato capace di adottare nessuna misura utile ad arginare l’esplodere di una questione sociale che peggiora continuamente, nel sesto anno di crisi sociale ed economica, acuita dalle misure di austerità assunte dalle politiche pubbliche. L’Italia ha così guadagnato il triste primato di avere, tra i 28 paesi dell’Ue, il tasso maggiore di incremento della popolazione a rischio di esclusione sociale e si avvia a rimanere l’unico Paese senza una forma di garanzia universalistica dei «bisogni primari».


Negli stessi mesi sono state presentate alle Camere tre proposte di legge per l’introduzione di una qualche forma di reddito garantito (cfr. il manifesto 15 novembre 2013). Parlamentari del Partito Democratico ed i gruppi di Sinistra Ecologia e Libertà e del Movimento 5 Stelle hanno depositato tre distinti progetti di legge in favore di misure che in qualche modo hanno a che fare con il reddito minimo garantito.


È il momento che queste tre proposte diano vita ad una concreta, unica, iniziativa in favore di un reddito minimo garantito, che permetta di introdurre, realmente, una prima tutela delle persone a rischio povertà, esclusione sociale determinata dall’aggravamento della precarietà di vita. Una misura capace di agevolare l’autodeterminazione individuale e investire sulle possibilità di miglioramento delle condizioni sociali, culturali, economiche delle donne e degli uomini. L’Unione europea si avvia, peraltro, ad introdurre parametri sociali di valutazione delle politiche economiche nazionali che potrebbero costare all’Italia, stante l’inerzia sul fronte del contrasto alla povertà, sanzioni molto gravi come l’esclusione dalle risorse del Fondo Sociale Europeo.


Nella primavera scorsa inoltre circa 170 associazioni, raccogliendo oltre 50mila firme, hanno presentato una proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del reddito minimo garantito. Da tempo in molte manifestazioni di movimenti sociali, studenteschi, di precari-e e disoccupate/i la richiesta di un reddito garantito è tra le prime ad essere urlate. Una dimostrazione che nel Paese e in diversi settori sociali e della società civile l’introduzione di questa misura è già largamente sentita e condivisa.
Lanciamo quindi un appello perché le forze politiche ed i singoli parlamentari sensibili al tema convergano su un’unica proposta legislativa, determinando una “larga intesa parlamentare per il reddito garantito” che si misuri con i numeri necessari per giungere finalmente ad approvare una proposta di legge, la più universalistica, garantista e inclusiva possibile.


Una «larga intesa» in grado spostare l’asse delle politiche di austerity verso la definizione di nuovi diritti, a partire dal reddito garantito.


Consiglio direttivo Basic Income Network – Italia


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1 commento:

  1. La politica italiana non capisce il reddito minimo garantito perché i figli qui sono educati ad essere un'appendice in balìa della famiglia e dei vari gruppi di potere economico-religiosi. Se ti sforzi di farne parte sopravvivi, altrimenti sei spacciato/a. L'Italia non ha mai conosciuto la vera democrazia liberale. Sono stati i democratici-liberali a introdurre i principi del reddito minimo in Gran Bretagna. Qui in Italia l'idea del patriarcalismo imperante non ha mai perso quota. E se qualcuno ha davvero necessità di aiuto per sopravvivere deve andare con il cappello in mano alla porta delle istituzioni Cattoliche. Con questo non voglio dire che le istituzioni Cattoliche non abbiano meriti, ma sono convinta che uno Stato fondato su principi di laicità deve aprire le porte a tutti. Bisogna dire inoltre che le persone che portano più innovazione sono quelle che rischiano maggiormente di non essere comprese e quando la situazione si fa dura per davvero risulta difficile pensare e prendere decisioni. Questo è un male per l'intera società perché le innovazioni maggiormente liberanti rischiano di scomparire davanti al mantenimento a tutti i costi di una situazione esistente che porta le persone a correre a perdifiato e a non dare attenzione all'ambiente e ai diritti della persona umana.

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