sabato 11 gennaio 2014

500 NO ALLA PRECARIETA' DI STATO

Roberto Ciccarelli

Non era mai successo che i professionisti dei beni culturali scendessero uniti in piazza con i lavoratori dello spettacolo, gli studenti, i dottorandi, i lavoratori autonomi o i traduttori. Questa coalizione sociale ha manifestato oggi in Piazza del Pantheon a Roma contro il bando "500 giovani per la cultura" indetto dal dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Mibact) e per chiedere tutele per il lavoro indipendente, precario, intermittente e autonomo.

Nelle intenzioni del ministro Massimo Bray il bando dovrebbe essere un'opportunità di lavoro per 500 «giovani» tirocinanti e stagisti under 35 chiamati a digitalizzare il patrimonio culturale. La sua iniziativa ha invece scatenato polemiche. Innanzitutto contro l’indennità da 5 mila euro lordi, 416 euro al mese, 20,8 al giorno, 3,4 all’ora con la quale il ministero intendeva pagare gli «assunti» vincitori del bando che scade il 24 gennaio. «A 35 anni in Italia sei ancora considerato un giovane – afferma Sara Parca, storica dell'arte di 43 anni e aderente agli "Storici dell'Arte in Movimento” - questa è l'impostazione delle politiche del lavoro nel nostro paese. Altrove, a questa età, sei già professionalmente realizzato, qui sei considerato un giovane da formare. Senza contare che chi svolge questa professione è già formato con laurea e specializzazione».


La rivolta è scattata proprio su questo punto: si vuole far passare per formazione, tirocinio o apprendistato quello che in realtà è un lavoro mascherato, rivolto a persone di ogni età che hanno una competenza ma vengono pagati una miseria. E, dopo un anno di «occupazione», se così la si vuole definire, torneranno ad essere quello che sono oggi: precari.

 La manifestazione è stata convocata dall'Associazione nazionale degli archeologi (Ana), insieme a architetti, archivisti, bibliotecari, ingegneri o demoetnoantropologi, ricevendo l'adesione di 45 associazioni, movimenti e sindacati dopo la diffusione di un appello in rete un mese fa, l'11 dicembre. La loro polemica sulla gestione del lavoro nei beni culturali è stata la miccia che ha innescato una volontà di protesta generale contro l'impostazione paternalistica del governo Letta sulla disoccupazione giovanile e il precariato.«Questo bando umilia lavoratrici e lavoratori e i loro percorsi di formazione – scrivono ad esempio il Teatro Valle occupato e tutte la rete dei teatri e degli atelier occupati in Italia - Quello che accade nel settore dei Beni Culturali è comune a tutto il mondo del lavoro immateriale, dall’università allo spettacolo, dall’editoria alla comunicazione»

Da un lato, c'è dunque la retorica sul patrimonio culturale da valorizzare. Dall'altro lato, non viene riconosciuta la dignità a chi si occupa di questo patrimonio ogni giorno. La contraddizione è tale da avere spinto lo stesso Ministro Bray a modificare i termini del bando, ma non a rovesciarne l'impostazione come invece chiedono i promotori della manifestazione. Il Mibact ha portato da 110 a 100 il voto di laurea minimo per accedere alla selezione, ha eliminato l'obbligo di certificare la competenza lunguistica, ha ridotto da 1400 a 600 il numero di ore annue per l'attività di formazione.Questo potrebbe permettere l'aumento dell'indennità inizialmente prevista.

Per gli organizzatori non basta. «Resta il compenso per attività specialistiche da 5 mila euro lordi all'anno e il limite di età discriminatorio rispetto ad una direttiva europea. Il bando è un insulto a tutti i professionisti che hanno deciso di fare dei beni culturali un lavoro oltre che una passione – sostiene il presidente dell'Ana Salvo Barrano - O si trova il modo per lavorare con piena dignità, e quindi non come stagisti o tirocinanti, oppure si fa un bando con procedure trasparenti per incarichi di tipo autonomo da assegnare sulla base di una selezione. O lavoro pubblico o lavoro privato. <em>Tertium non datur</em>, perchè sarebbe solo un lavoro da schiavi».

Questa lotta non si limita solo al riconoscimento del merito o alla richiesta della qualità di un lavoro nei beni culturali. Esprime il desiderio di contrastare la tendenza perseguita dagli ultimi governi: ridurre la politiche contro la disoccupazione al modello unico di un apprendistato (permanente). I governanti credono così di applicare il modello «tedesco» che stabilisce l'alternanza tra «scuola e lavoro», ma trascurano che questo modello è inapplicabile in un paese dove gli apprendisti neo-occupati erano solo il 2,4% nell’ultimo trimestre 2013, 57.843 in tutto, –7% rispetto al 2012. Da questi dati si capisce la rabbia e il senso di una denuncia raccolta sin dal luglio dell’anno scorso da un istituto di ricerca come Almalaurea. Visto che il settore culturale ha perso 1,3 miliardi di risorse per effetto dei tagli che hanno devastato la finanza pubblica, statale e locale; visto che il Fondo Unico dello spettacolo è stato tagliato dai 507 milioni di euro del 2003 ai 389,8 nel 2013 (-23,1%); visto che scuola e università sono state tagliate di 10 miliardi, allora l'Italia non è in grado di valorizzare la conoscenza. Se non esistono risorse, dicono i governanti, adattiamoci all'esistente (cioè al patto di stabilità). Estendiamo i contratti precari all'infinito. Paghe basse e nessuna tutela sociale per tutti, laureati e non.

«Questo bando tradisce un'impostazione paternalista e assistenzialista – sostiene il paleografo e archivista a partita Iva Angelo Restaino, 31 anni – il governo pensa che noi siamo dei disperati da salvare con provvedimenti emergenziali che non risolvono nulla. La cosa più grave è che i 2,5 milioni di euro stanziati non produrranno nuovo lavoro, non serviranno a costruire un'impresa, contratti di tipo subordinato a tempo determinato o indeterminato, né a favorire la libera professione».
Certezza dei diritti sociali, difesa del valore del lavoro e del reddito, uguaglianza nell'accesso ad un incarico o ad un concorso, contrasto alla precarietà statale o nel privato. Sono rivendicazioni ricorrenti nel Quinto Stato del lavoro indipendente. C’è anche la richiesta del riconoscimento della professionalità. La chiedono gli archeologi, e molti lavoratori nei beni culturali o nella formazione. Una lotta iniziata anni fa che sembra essere arrivata ad un punto di svolta. La discussione sulla proposta di legge 362 Ghizzoni-Madia-Orfini inizierà lunedì alla Camera. Il sito della protesta è:  500no.wordpress.com

Questo è l'elenco degli aderenti alla protesta

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Leggi l'intervista: Gli Archeologi: "Giovani o meno, non siamo schiavi da 3,4 euro all'ora"
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