sabato 22 giugno 2019

IL "REDDITO DI CITTADINANZA" DEI CINQUE STELLE E' "DI SINISTRA"? UNA DISASTROSA AMBIGUITA'





Roberto Ciccarelli

Mentre ero alla Fiera di Roma, per raccontare il concorsone per i "navigator", è rimbalzata sui media ancora una volta l'idea che il "reddito di cittadinanza" voluto dai cinque stelle, e adottato dal governo con la Lega, sia una "cosa di sinistra". Avrete sentito in Tv affermazioni del tipo: "Questo governo ha fatto cose buone, come il reddito, e cose cattive", probabilmente tutte le altre. Affermazioni che pretendono di identificare le cose "buone" nella "sinistra". Purtroppo non è così semplice, sia perché la sinistra non è necessariamente "buona", sia perché la stessa definizione di "sinistra" produce oggi disastrose ambiguità, proprio come lo sono i Cinque Stelle. Mi sono allora chiesto da dove nasca la convinzione per cui un workfare - che non è un "reddito di cittadinanza" - sia "di sinistra" e il motivo per cui, nonostante il fuoco di sbarramento dei dominanti, questa idea sia stata accreditata. E' una storia interessante, spiega molte cose nel discorso politico oggi. Ed è scandalosa. 

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Avrà vita breve, ma per il momento il successo dei cinque stelle - forma transitoria e non irreversibile di un populismo digitale - è dovuto all'idea per cui il "reddito di cittadinanza" è "di sinistra". Dal punto di vista neoliberista questa tesi ha un correlato: il presunto "reddito" è "una politica assistenzialistica" (i poveri non mangino "la pasta al sole", cit.) e che dunque la presunta "sinistra" sia "assistenzialismo", ovvero speculazione dei poveri ai danni dei veri produttori che pagano le tasse.

Queste tesi rispondono a un ormai antico adagio: sinistra è assistenzialismo, invece ci vuole una "politica nuova", magari "centrista", ragionevole, moderna e emancipata per coniugare "diritti e concorrenza, rispetto della persona e. dell'impresa, unico vettore della ricchezza". L'applicazione di queste credenze al provvedimento dei cinque stelle fa acqua da tutte le parti.

Stando alla carta, il "reddito di cittadinanza" è un progetto feroce di sussidio pubblico in cambio di lavoro e mobilità obbligatoria, estrazione di dati mediante schedatura di massa, costruzione di una società della sorveglianza digitale, oltre che di una società penale. Così inteso il "reddito" è una misura neoliberista molto aggressiva, simile a quelle adottate in tutti i paesi europei, e non solo, dalla Germania fino all'Ungheria di Orban. 

Non averlo capito - o meglio, avere fatto in modo di convincere del contrario - rivela la natura del capitale neoliberale in italia: devi lavorare senza nemmeno quel contributo alla schiavitù. Nel caso crepa. Non avrai nulla, se non in cambio di un lavoro sempre più di merda. Altro non c'è. Ipocrisia e violenza: lo stile della classe dominante più efferata d'Europa.

Lavoro=dignità?

L'idea che questa politica sia "di sinistra" è ancora più interessante. Mira, evidentemente, ad occupare un campo vuoto, meramente simbolico, ma ancora redditizio a livello elettorale. Al di là delle speculazioni, si tratta di una tesi verosimile, rispetto a una certa idea di "sinistra", ovviamente. Il workfare, teoricamente poliziesco (la sua applicazione è un'altra cosa), risponde a una ben precisa idea di "lavoro" diffusa nella cosiddetta "sinistra": l'idea che il "lavoro", al quale il "reddito" immancabilmente avvierà i "poveri" (tutto da dimostrare come, quanto e perché), restituisce "la dignità della persona".

Lavoro=dignità: in questo starebbe l'essere "di sinistra" di questo provvedimento. Ora, non c'è dubbio che questo sia un cortocircuito: in effetti è quello che si pensa proprio a "sinistra" nelle sue varie manifestazioni. Sta qui, in fondo, l'imbarazzo che è stato registrato da quando si parla di questo "reddito". E comunque, se non sarà un "lavoro", almeno dei "soldi" arrivano, si dice.

Sarebbe inoltre "di sinistra" un "reddito di cittadinanza" che esclude programmaticamente gli stranieri extracomunitari che risiedono in Italia da meno di dieci anni. Norma evidentemente anti-costituzionale, ma che trova una cittadinanza anche a "sinistra". Non si ricordano critiche significative, a questo proposito. Chi ha sollevato il caso sono stati solo i giuristi dell'Asgi. 

Marx sconosciuto

Ora, per chi è interessato a capire cosa sia una "sinistra" e, soprattutto, cosa sia un "reddito di cittadinanza", va ripreso il buon vecchio, e nuovissimo, Karl Marx. A dispetto delle retoriche che ci accompagnano da 15 anni, che ne hanno celebrato il "ritorno", nei fatti nessuno sembra averlo perlomeno letto.

- Dire che il lavoro è la dignità dell'uomo, in una società capitalistica, significa identificare tale dignità con la realtà della merce: il lavoro è merce.

- Dire che questo lavoro (perché altro al momento non c'è) è un "bisogno dell'uomo" significa identificare il lavoro come mezzo della riproduzione semplice della capacità di lavoro rispetto alle esigenze del mercato, non delle facoltà della forza lavoro a disposizione di ciascun singolo indipendentemente dal mercato e come condizione di questo mercato. Viene prima la forza lavoro, poi il capitale nella contraddizione che li lega. 

- Dire questo significa credere che i bisogni organici più elementari che si esprimono attraverso il lavoro che si dà sul mercato siano la base di tutta l'attività umana.

Nei fatti si blocca ciascuno al più basso livello dei rapporti capitalistici, l'individuo viene ingabbiato, i suoi bisogni si atrofizzano e lui diventa una palla da biliardo che carambola sul tavolo da gioco del mercato del lavoro. Così com'è concepito questo "reddito di cittadinanza" serve a questo. Dunque, se è di "sinistra" (premarxista) dire che il lavoro è il primo bisogno dell'uomo, è corretto pensare che il "reddito" sia "di sinistra".

Una "sinistra" per la quale il capitalismo è una natura e, visto che non "funziona", per questo dev'essere "curata" per riavviare la "produzione" oggi in crisi. A tal fine anche un "reddito" può servire.

Questa visione è, potenzialmente, senza giochi di parole, una bestializzazione di grandi masse di persone al grado più basso dei rapporti capitalistici, nel circolo dove la precarietà riproduce la precarietà: è la trappola della povertà. Il populismo è una giustificazione, la pennellata finale di alibi e protesta illusoria, di un progetto disperato.

Egemonia è avere stabilito questo piano, come piano della politica, unico. Non è così. Domani potrà essere diverso. Ma, per il momento, al fine di comprendere l'abisso dei paradossi in cui ci troviamo, è necessario un rovesciamento: NON è il lavoro il primo bisogno, ma è il bisogno di liberarsi da QUESTO lavoro a diventare il primo lavoro.

Il rovesciamento significa: la creazione di un essere umano ricco, cioè dotato di bisogni e desideri riccamente sviluppati, intesi come forme di una ricchezza sociale primaria. Questo è in fondo Marx e la sua idea di comunismo. Viceversa, pensare un contenuto marxista mediante concettualizzazioni premarxiste è un tentativo destinato a una disastrosa ambiguità, quella del "reddito di cittadinanza" come una "cosa di sinistra".

Dire "sinistra"

Visto che dire "sinistra" non significa necessariamente dire "anticapitalismo", si resta convinti che il lavoro - con o senza "reddito" - possa diventare il primo bisogno della vita. Come tutte le altre, anche questa è la mistificazione di un carattere universale ed eterno dell'essenza umana. "Sinistra" significa non enunciare politicamente la possibilità di un reddito sganciato dal lavoro, nella prospettiva di un reddito incondizionato.

Questo, sia detto per chiarezza, non significa illudersi di fare a meno del lavoro merce, ma contrastare  l'obbligo a questo lavoro considerato unico accesso alla cittadinanza sociale. E' l'innesco per qualcos'altro, una condizione di possibilità per un impiego esistenziale e politico differente del tempo, non il fine in sé come invece pretende essere il "lavoro".

Scandalo

Del resto questa è una falsità sempre più evidente dal momento che il lavoro, quando esiste, è sempre meno l'espressione di una ricchezza sociale e sempre più una violenza.Tranne alcuni coraggiosi e puntuali interpreti come il Basic Income Network Italia, e con la significativa eccezione di Non una di Meno, Il silenzio che ha accompagnato nell'ultimo anno e mezzo il tentativo ideologico riuscito dei Cinque Stelle di fare passare il "reddito di cittadinanza" come qualcosa di "sinistra" è esemplare di uno scandalo: non accettare la possibilità che l'essere concreto dell'essere umano non sia il lavoro, ma la discontinuità, la festa, il riposo, gli istanti, i casi, la violenza, la salute e la malattia, l'attività e il reddito, la pausa e lo slancio.

A cosa allude la parola "reddito di base", per di più "incondizionato"? Alla prospettiva di un impiego alternativo del tempo, contro l'organizzazione capitalistica del lavoro e del tempo. Ogni impiego del tempo è un impiego politico. Se la politica può essere anche un eserizio del potere, allora è possibile immaginare una disponibilità di tempo radicalmente differente rispetto a qualsiasi concessione che il capitalismo è disposto a fare in termini di "tempo libero". 

Uno scandalo inaccettabile. Ed è proprio questo che rende interessante il "reddito".