Solitamente, quando si vuole fare la morale sulla libertà di parola, si cita, spesso a sproposito, Voltaire, oppure si firmano appelli di intellettuali: spesso l'una cosa non esclude l'altra. Anche nel caso in questione ambedue sono accadute.
Per l'oramai nota querelle che oppone l'ex magistrato, attuale senatore e scrittore barese Gianrico Carofiglio, ricorrente in giudizio con richiesta di risarcimento danni di 50 mila euro contro l'editor e poeta romano Vincenzo Ostuni, ci viene invece da citare Roland Barthes (a sua volta richiamato da Ostuni proprio nella frase incriminata), mentre introduce i romanzi e racconti di Voltaire:
“Insomma ciò che ci divide da Voltaire è forse il fatto che egli è stato uno scrittore felice. […] Tutto era spettacolo nelle sue battaglie: il nome dell'avversario, sempre ridicolo; la dottrina combattuta, ridotta a una proposizione (l'ironia voltairiana è sempre la denuncia di una sproporzione); il moltiplicarsi dei colpi, scagliati in tutte le direzioni, al punto da far pensare a un gioco, il che dispensa da ogni rispetto e da ogni pietà”. (Roland Barthes, L'ultimo degli scrittori felici, in Id., Saggi critici, Einaudi, 1972, p. 55)
Ovviamente Ostuni non è Roland Barthes, tantomeno Voltaire. E Carofiglio ha tutto il diritto di sentirsi dispiaciuto per il lapidario e offensivo commento di Ostuni. Eppure, in questa inutile citazione in giudizio, quello che manca è anche solo un briciolo di giocosa felicità, che la “letteratura” e la sua critica dovrebbero dispensare a piene mani ai lettori, appassionati od occasionali che siano. Questo a dir poco superfluo e sicuramente minaccioso ricorso alla giustizia riparatrice è un ennesimo segnale della tristezza di questi insopportabili tempi di passioni tristi, rancori e risentimenti.