- Il lavoro intellettuale in Italia lo pagano i ricercatori, di tasca propria. Leggere il rapporto presentato oggi nella sala Nassirya al Senato dall’Associazione dei dottorandi Italiani (Adi) è una discesa nella realtà del paradosso italiano: la ricerca, già oggi, la si fa solo pagando le tasse sui dottorati senza borsa (almeno 2 mila euro all’anno, da moltiplicare per tre).Questa anomalia è esplosa tra il 2009 e il 2012, tanto che oggi un posto bandito su tre è privo di reddito. La scomparsa del 25,9% delle borse è solo l’anticipazione del futuro. Durante il prossimo ciclo triennale di dottorato, i dati aumenteranno, complice il progressivo, e inesorabile, definaziamento del sistema universitario. Nei 23 atenei più rappresentativi del paese (quelli che bandiscono almeno 100 borse), fra il 2009 e il 2012 il numero dei dottorati è sceso da 5701 a 4112, crescono i finanziamenti privati.
Per il fisico Francesco Vitucci, segretario nazionale Adi, i dati «mostrano chiaramente come il sistema universitario si stia ridimensionando nel suo complesso: diminuiscono i posti di dottorato, diminuisce anche il personale strutturato ma soprattutto decine di migliaia di precari vengono espulsi ogni anno a cause del blocco del turn-over». «Per far fronte a questa vera e propria ecatombe - ha spiegato - alcune università hanno cominciato ad aumentare il numero di dottorati senza borsa e i dipartimenti che possono attingere a fondi esterni si rifugiano nell'utilizzo di contratti precari della peggior specie, che erano e rimarranno esclusi da qualsiasi tutela di welfare (ASPI, mini ASPI ecc.)»
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martedì 27 marzo 2012
VUOI FARE IL RICERCATORE? PAGA!
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