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lunedì 14 novembre 2016
TWITTER E' IN CRISI, COMPRIAMOLO NOI!
Roberto Ciccarelli
Twitter chiude anche la sede italiana a Milano. A spasso sedici dipendenti compreso il country manager Salvatore Ippolito. Continua la campagna #WeAreTwitter: il social network può essere comprato dai suoi stessi utenti. Un'idea suggestiva, forse rischiosa, forse irrealizzabile, che potrebbe trasformarsi nel più incredibile esperimento di proprietà collettiva del XXI secolo. Pubblicato su PrismoMag
Twitter potrebbe dare un nuovo taglio al personale, e a Wall Street non lo vuole comprare nessuno. Lo scrittore e studioso Nathan Schneider ha allora avuto un’idea: noi siamo Twitter e come utenti possiamo comprarlo. Costruiamo la cooperativa di piattaforma digitale più grande al mondo. Certo, la proposta #WeAreTwitter potrebbe essere uno spottone per rilanciare le sorti, non rosee, dell’azienda co-fondata e diretta oggi da Jack Dorsey. Ma potrebbe anche essere l’esperimento più incredibile di proprietà collettiva del XXI secolo.
Comprare Twitter è un affare?
Aderirò a questo esperimento, quando partirà. Ma voglio fare un buon investimento, anche con pochi euro/dollari. E per questo ho studiato le carte economiche dell’azienda. Twitter, si diceva, ha dato una sforbiciata all’8 per cento della forza lavoro, 300 persone circa. Diciassette hanno perso il lavoro in Italia dov'è stata chiusa la filiale milanese. Altrettante ne sono state licenziate quando Dorsey ha ricominciato a fare l’amministratore delegato l’anno scorso. La compagnia ha nel frattempo assunto i banchieri di Goldman Sachs e Allen & Co per valutare l’opzione della vendita, ma le aziende che avevano espresso un interessamento all’acquisto – Salesforce, Walt Disney o Alphabet – si sono ritirate. Twitter ha perso il 40 per cento del suo valore nell’ultimo anno. Le perdite hanno reso più difficile pagare i suoi ingegneri con le stock option. Un problema per un’azienda della Silicon Valley, fondata sul pagamento in base al rendimento dell’innovazione su un mercato ipercompetitivo con i giganti Google o Facebook.
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mercoledì 4 marzo 2015
FREELANCE, QUANDO LA PROTESTA CORRE SUL TWEET
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Illustrazione di +Sandro Moretti |
Roberto Ciccarelli
Renzi è stato bloccato. Non dalla Cgil che ha portato un milione di persone in piazza nella manifestazione o l’inutile sciopero generale contro il Jobs Act. Ci sono riusciti i freelance e le partite Iva con twitter. Una situazione inconcepibile per chi ragiona con la mentalità tradizionale della politica. Che cosa è accaduto? Il racconto e l'analisi su Euronomade.
***
Basta
un tweet storm per fermare una riforma. È il risultato inedito in Italia della
mobilitazione online organizzata dalle associazioni del lavoro autonomo e dei
freelance Acta, Alta Partecipazione e Confassociazioni che, per il momento,
hanno neutralizzato la grave riforma del regime fiscale agevolato per le
partite Iva under 35 imposta dal governo Renzi nella legge di stabilità. Una
decisione smentita già sei ore dopo la sua approvazione dal presidente del
Consiglio che ha detto di avere fatto un errore (“autogol” nel gergo falso-pop
dei ceti dominanti). Questo dettaglio è importante per comprendere il lato
debole della politica dell'austerità oggi.
Per
la prima volta, in un anno di governo, Renzi ha ammesso di avere sbagliato. Non
c'è riuscito il milione che la Cgil ha portato in piazza nella manifestazione
di Roma il 25 ottobre 2014 o l'inutile sciopero generale contro il Jobs Act
fatto una settimana dopo l'approvazione in Senato della legge delega il 3
dicembre 2014. Ci sono riusciti, invece, poche migliaia di persone hanno
colpito ripetutamente l'account twitter del presidente del Consiglio per
quattro mesi e lui – che ha sempre quel cellulare in mano anche nelle
conferenza stampa con altri capi di stato – ha speso del tempo a leggere questi
tweet. E da solo, nella camera buia della sua coscienza, ha compreso l'errore
che poi ha confessato anche in Tv. Monti, o Letta, per non
parlare di Berlusconi, non l'avrebbero mai fatto. La “rottamazione” ha portato
una novità nel cuore dello Stato: al di là di chi realmente è Renzi, c'è
qualcuno che sente di far riferimento ad una dimensione sociale del quinto
stato. Si tratta di un dato politico non irrilevante.
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