domenica 1 gennaio 2012

LA COLONNA FURIOSA DEL 2011

Il Console


Dal ritornello di "I need a Dollar" al grido storpiato, infantile e nevrotico di "Luv U Foevah", il cortocircuito è completo. La ricerca di indipendenza e autodeterminazione passa per la rivolta collettiva e la riappropriazione di reddito. Uno dei migliori critici musicali della scena italiana, esploratore delle sonorità metropolitane ha fatto per noi la colonna sonora del 2011. Al primo posto, l'inno della rivolta: WU LYF – Dirt.

1. WU LYF – Dirt
2. Burial & Four Tet Feat. Thom Yorke – Mirror
3. M83 – Midnight City
4. DJ Shadow – Sad and Lonely
5. Kode9 & Spaceape (feat. Flying Lotus) - Kryon
6. YOUAREHERE – Montevideo
7. The Weeknd – Lonely Star
8. Lana Del Rey – Video Games
9. The Big Pink – Stay Gold
10. Aloe Blacc – I need a Dollar


10. Aloe Blacc perché è il pezzo-colonna sonora dell’estate verso la grande depressione: un inno
pop(ular) al reddito nella disoccupazione di massa che verrà! Autonomi e indipendenti Rise up!! Il
tutto mentre La furia dei cervelli venivav scritta:



9. The Big Pink perché questo pezzo sono i New Order devastati dal trentennio di happy hour e rave, provando a dimenticare Ian Curtis, dal quale Robbie Furze (la voce del grande rosa) ha ripreso la fronte larga: nei loro sguardi fissi e persi si specchiano i nostri, assenti, in certe mattine,
dopo notti che non abbiamo più la forza di sopportare: Is something wrong?/I think I need a  therapist/Cause all I do is taking drugs… /Now I think I got a problem…/Pills… the reason why they look at me! (Stay gold!) STAY GOLD!!



8. Lana Del Rey che avrà poco più di vent’anni, la sua ballata malinconica e senza tempo e soprattutto il suo video (http://www.youtube.com/watch?v=HO1OV5B_JDw), che non avrei mai
dovuto vedere: un incrocio tra Via da Las Vegas e i fallimenti lisergici di un David Lynch ancora più modaiolo e fottuto dall’incubo distopico di Hollywood. Una nuova Lolita ubriaca e imbronciata,
vampirizzata dai paparazzi in un cuneo temporale che sembra il Thomas Pynchon ’60s/’70s di Vizio
di forma e la sua splendida Petunia, che per me ha il volto di Lana Del Rey: He holds me in his big arms Drunk/and I am seeing stars/This is all I think of/Watching all our friends fall/In and out of  ld Paul’s/This is my idea of fun/Playing video games:



7. The Weeknd: una voce da Prince e basi electro, con cori di altri mondi; una roba senza nome,
ancora.




6. YOUAREHERE: anche sui loro tappeti elettronici – tra Roma e Londra – puntiamo il nostro 2012 musicale.





5. Kryon di Kode9, che insieme c’è Flying Lotus, perché è solo l’accenno di una collaborazione che sarebbe un capolavoro, tra oscurità dubstep e cangianti electro: e invece sono accidiosi, come me.
Un bozzetto di 3 minuti, astratto e siderale: e se non tutto, almeno l’inizio:




4. DJ Shadow, la solitaria ombra del genio che chiama a raccolta moltitudini di collaboratori, anche
dall’aldilà; infatti qui riprende un pezzo anni ’40 di Susan Reed. Ma avrebbe potuto esserci Scale it
Back con Little Dragon: due perle senza tempo. The Less You Know, The Better…



3. Midnight City: che pezzo M83! Senza parole! Si potrebbe ballare urlando alla luna, sull’Aventino, o ascoltare a palla seduti in macchina, testa tra le mani, aspettando l’alba che non arriverà, a Capocotta, persi nei visi imbronciati dei monelli del video,  Waiting in a car/Waiting for a ride in the dark/Drinking in the lounge/Following the neon signs:





2. Mirror è la collaborazione dei sogni, tra i tre genietti albionici dell’ultimo decennio elettronico,
cupo, crepuscolare e caleidoscopico al contempo: Burial & Four Tet, con Thom Yorke! Il mio sogno
è quello di vederli insieme, in una impossibile notte londinese:





1. Dirt di WU LYF – World Unite Lucyfer Youth Foundation è il pezzo e il video – che You Tube
ha sottoposto a filtro: http://www.youtube.com/watch?v=1wKZqNkcAt8&feature=related – che
infiammano il 2011 del nostro scontento. È la rabbia e il fomento, sotto il palco, in piazza e per
strada, a chi je regge. È il Protester uomo dell’anno di grazia 2011, il IV d.c. (dentro la crisi), sulla
prima pagina del Time. Soprattutto sono i fuochi e le madonne infrante. L’urlo senza salvezza,
nello sconforto. Le grida scomposte, mentre si corre a perdifiato: vetri rotti sotto i piedi, fumo nei
polmoni, occhi viola e gioia folle. The fire starts/Can you hear the sound?



Dal ritornello di I need a Dollar al grido storpiato, infantile e nevrotico di Luv U Foevah, il cortocircuito è completo: la ricerca di indipendenza e autodeterminazione passa per la rivolta collettiva e la riappropriazione di reddito. 

A parte, il numero un(ic)o tra i lavori lunghi (si sarebbe detto un tempo), anche qui da scaricare in
free download: Wugazi, 13 Chambers. Loro sono Cecil Otter e Swiss Andy, due genietti newyorkesi, rimescolatori di suoni degli ultimi vent’anni, che hanno avuto la formidabile idea di fare mash up di pezzi presi da Fugazi, storico collettivo autonomo del tardo hardcore di Washington degli anni ‘90, da sempre militanti nell’ultra-indipendente underground USA; e Wu Tang Clan, altro storico collettivo hardcore di quegli anni, ma questa volta nel senso dell’hip hop newyorkese. In arte, quindi WuGazi. Un tripudio per le nostre orecchie che passarono il crinale ‘80s/’90s logorate nell’indecisione tra il nascente fomento dell’hip hop e l’integralismo post-punk: facendo incetta di ambedue. 13 camerette, abitate da permanenti adolescenti, che fotografano quello stato d’animo: la rabbia underground sospesa tra fomento collettivo, isolazionismo radicale, assalto frontale dopo il no future, dentro il no present(s for Christmas!).

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