Quella di Grillo è una
strategia diversiva. Serve a spingere l'«indignazione», tanto
celebrata nelle acampadas spagnole o negli Occupy
americani, lontano dalle piazze italiane. Più la crisi diventa
feroce e più le scariche di risentimento vengono fatte confluire in
un comodo format, quello del blog del Capo dei Cinque Stelle
che solletica il giustizialismo giacobino contro la «casta» e le
sue maschere.
Per Wu Ming, il
collettivo dei cinque scrittori (oggi quattro) autori di Q, (come Luther
Blissett), 54 e Altai, il movimento 5 stelle ha
inquadrato le energie potenziali di una rivolta contro l'austerità
in una gabbia discorsiva che fa la parodia del conflitto politico,
lasciandolo amministrare da «un'organizzazione settario-aziendale»
(la Casaleggio&Associati) e dalla guida simbolica di Beppe
Grillo. Per loro il radicalismo pentastellato «amministra la
mancanza di movimenti radicali in Italia».
La tesi esposta con
determinazione in un articolo sul sito di Internazionale, è
stata ampliata su «Giap», l'influente blog dei Wu Ming,
interrompendo il silenzio attonito dei movimenti che hanno
attraversato l'ultimo decennio, da Genova alle campagne sui beni
comuni.
Voi dite che Grillo
non è un incendiario ma un pompiere, perché pratica la sistematica
occupazione dello spazio discorsivo dei movimenti: la No-Tav, l'acqua
bene comune, la scuola e l'università, il reddito. E lo ricolloca in
una cornice che definite di «destra». Potete spiegare che cosa
significa?
La nascita del grillismo
è una conseguenza della crisi dei movimenti altermondialisti di
inizio decennio. Man mano che quel fiume si prosciugava, il grillismo
iniziava a scorrere nel vecchio letto. Nei primi anni, i liquidi
erano ancora «misti», e questo ha impedito di vedere cosa si
agitava nel miscuglio, oltre ad attenuare certe puzze. In seguito, la
crescita tumultuosa del M5S è divenuta a sua volta una causa - o
almeno una concausa importante - dell'assenza di movimenti radicali
in Italia, per via della sistematica «cattura» delle istanze delle
lotte territoriali, soprattutto di quelle più «fotogeniche». Non
c'è lotta «civica» su cui il M5S non abbia messo il cappello,
descrivendosi come suo unico protagonista. Temi, rivendicazioni e
parole d'ordine sono stati cooptati e rideclinati in un discorso
confusionista e classicamente «né-né», cioè che si presenta come
oltre la destra e oltre la sinistra. È un discorso che accumula
sempre più contraddizioni, perché mette insieme ultraliberismo e
difesa dei beni comuni, retorica della democrazia diretta e
grillocentrico «principio del capo», appoggio ai No Tav che fanno
disobbedienza civile e legalitarismo spicciolo che confonde l'etica
col non avere condanne giudiziarie. Quest'ultimo aspetto era già
evidente al primo V Day, quando dal palco Grillo accomunò Daniele
Farina del Leoncavallo a gente in odore di mafia, solo perché anche
lui aveva «condanne». Già tutto questo tanfa di cultura di destra,
ma a essere destrorso è innanzitutto il racconto dell'Italia che fa
Grillo.
Ecco, qual è il
racconto di Grillo?
C'è un «Popolo onesto»
(dato per indiviso al suo interno, niente classi, niente interessi
contrapposti) e c'è una «Casta corrotta» descritta come esterna al
«Popolo». Per risolvere i problemi dell'Italia, bisogna eleggere
«le persone oneste», che non prenderanno «decisioni di destra» o
«decisioni di sinistra»: prenderanno le decisioni «giuste». In
questo, la retorica del grillismo è affine a quella del tanto odiato
governo Monti: le questioni sono tecniche, non politiche. E' un frame
semplicistico e consolatorio, che rimuove le contraddizioni, non
tocca le cause della crisi e offre nemici facili da riconoscere.
Ma perché il M5S oggi
riscuote un enorme consenso anche presso persone di sinistra e
attivisti dei movimenti precedenti?
Se Grillo e Casaleggio
sono riusciti a fare questo, è perché i movimenti non hanno saputo
trovare vie d'uscita dalla crisi che li ha colpiti una decina d'anni
fa, non c'è stato un lavoro riorganizzativo, e i cicli di lotte che
si sono susseguiti non hanno radicato senso comune. Grillo
personifica il fallimento dei movimenti, è principalmente su questo
che dobbiamo interrogarci. Il fatto che molte persone di sinistra
anche radicale (addirittura protagonisti dei precedenti cicli di
lotte) abbiano scelto Grillo «perché non c'è altro» è
comprensibile, non è con loro che ce l'abbiamo, ma siamo convinti
che il M5S sia una falsa soluzione, e il «non c'è altro» sia una
conseguenza della «cattura» che dicevamo: se a ogni movimento viene
sovrapposta la faccia di Grillo, è inevitabile avere l'impressione
che si muova solo lui. Va spezzato l'incantesimo e, allo stesso
tempo, bisogna avviare un duro lavoro di ricostruzione.
Parlavate dei No Tav.
Il 23 marzo tutti i parlamentari M5S andranno in val susa a
manifestare contro la tav, un segnale forte, il movimento fa proprie
le istanze della valle. E questo si potrebbe ripetere per altri
movimenti. Come può essere compatibile questa scelta di organicità
ad un movimento reale con il «frame di destra» di M5S?
Dovrebbero essere loro a
spiegare come si concilia l'appoggio a un movimento che non teme di
ricorrere all'illegalità e ha praticato anche l'uso della forza, con
una concezione di «onestà» che si limita alla fedina penale
«pulita». Anche questa è una contraddizione che l'attivismo
frenetico e appariscente cerca di tenere occultata: si corre di qua e
di là proprio per non affrontare davvero nessun nodo di fondo.
Potete fare un esempio
di un «nodo di fondo» che non vogliono affrontare?
Il «reddito di
cittadinanza»: lo nominano di continuo, e questo era già un vecchio
vizio del movimento «antagonista», soprattutto di certo
post-operaismo un po'... «flower power». Ma cosa s'intende per
«reddito di cittadinanza»? La questione si divide ulteriormente in
due: cosa si intende per «reddito»? E' un sussidio di
disoccupazione? E' il salario minimo? Sono mille euro a testa? E poi,
li reperiamo tassando i ricchi oppure abolendo le pensioni e
tagliando tutti gli stipendi pubblici? Certamente l'ultraliberista
Casaleggio spinge per la seconda ipotesi, ma son tutti d'accordo?
Inoltre, cosa s'intende per «cittadinanza»? E' il principio
universalistico nato dalla Rivoluzione Francese o è la sua
declinazione nazionalista di destra? È lo ius soli o lo ius
sanguinis? Il mio vicino di casa dalla pelle scura, i cui figli vanno
a scuola con i miei, è incluso o no? A giudicare da certe
esternazioni razziste provenienti da esponenti M5S e da Grillo in
persona, diremmo che non è incluso, e che il «reddito di
cittadinanza» sarebbe erogato secondo criteri sciovinisti.
«Tifate» per la
rivolta della base del movimento contro il vertice di M5S e la base.
Ma di quale base stiamo parlando, visto che in M5S c'è il precario e
la partita Iva, ma anche il piccolo imprenditore in crisi o il
pensionato?
Su questo punto si è
generato un equivoco. Per «tifare rivolta dentro il M5S» noi
intendiamo l'auspicio che le contraddizioni si acuiscano ed
esplodano. Questo non va confuso con un discorso perbenista sulla
«base» che «è buona»: nella base ci sono parecchi fascisti e
gente che fino a ieri si esaltava per Bossi o per Berlusconi, c'è
anche quel tizio del M5S Pontedera che ha diramato un comunicato
razzista raccapricciante, c'è quel grillino sardo che ha paragonato
il matrimonio gay all'accoppiamento con animali... La «base» non è
«buona», anche questo sarebbe un frame di destra, un far rientrare
surrettiziamente il discorso del «Popolo» contro la «Casta»,
laddove in questo caso la casta sono Grillo e Casaleggio. No, noi ci
auguriamo a spaccature verticali e orizzontali, e su questioni
concrete. Saranno le battaglie specifiche a mettere i grillini «di
sinistra» di fronte a scelte che ormai non sono procrastinabili.
Pensate che Grillo
accetterà l'offerta di «governare» per non «finire come in
grecia»?
Casaleggio, che
certamente si è divorato manuali di marketing come Prosperare sul
caos di Tom Peters, si sta interrogando su come mantenere
l'immagine del M5S come «grande scompigliatore» anche in una fase
come questa, dove qualche decisione concreta andrà pur presa, e a
qualunque decisione concreta andrà sacrificato qualcosa (e
qualcuno). In ogni caso, qualunque strada scelgano, le contraddizioni
di cui sopra non potranno restare occultate a lungo.
Roberto Ciccarelli
+++ L'intervista è stata pubblicata su Il Manifesto 1 marzo 2013 e sul sito Wumingfoundation dove si svolge un dibattito molto interessante su Grillo, movimenti, crisi politica e istituzionale in Italia
+++ Wu Ming, Chi sono:
Wu Ming, in cinese, significa «senza nome» ed è un collettivo di scrittori bolognesi che si sono incontrati alla metà degli anni Novanta nel progetto «Luther Blisset». Con questo nome, Roberto Bui (Wu Ming 1), Giovanni Cattabriga (Wu Ming 2), Luca Di Meo (Wu Ming 3, uscito dal gruppo nel settembre 2008), Federico Guglielmi (Wu Ming 4), Riccardo Pedrini (Wu Ming 5) hanno scritto «Q», epica narrazione che attraversa la rivoluzione di Thomas Müntzer. Come «Wu Ming» hanno scritto «Asce di guerra» (con Vitaliano Ravagli), 54, Altai, Manituana, tutti liberamente scaricabili da «Giap», uno dei blog culturali, politici e di movimenti più frequentati in rete. Ciascuno dei membri del gruppo ha una produzione «solista».
+++Leggi anche
Giuliano Santoro: Un Grillo qualunque e il populismo digitale
Dubbi sacrosanti e riflessioni utilissime per tentare di comprendere con sempre meno superficialità la natura di questo M5S.
RispondiEliminaIl fatto è che “Grillo” si vende come unica alternativa al tanto odiato “sistema dei partiti”, circondato dal silenzio mortifero di tutti quelli che, impegnati in battaglie d’elite hanno smesso di misurarsi con quelle che una volta si chiamavano “le masse” perché queste sono profondamente diverse da quelle descritte dai manuali di sociologia.
Il cambiamento delle società contemporanee richiede ben altra disponibilità a capire, molta umiltà e infine richiede una capacità mai sperimentata fino ad oggi di ascoltare la voce dell’altro da sé.