giovedì 28 febbraio 2013

LA SINISTRA E' MORTA, SOLO UN GRILLO LA POTRA' SALVARE?

L’affermazione del Movimento 5 Stelle annuncia la scomparsa della sinistra in Italia. Non di quella “radicale”, già spazzata via dalla rivolta del 2008, quando all’incirca 2 milioni di persone si rifiutarono di votarla, azzoppando per sempre l’ala sinistra, un miscuglio di ingraismo, comunismo terzinternazionalista, nostalgici del PCI, sindacalismo di base: quella che non ha voluto aderire alla “cosa” degli Occhetto-D’Alema-Veltroni-Bersani.

E’ stato colpito duramente il blocco sociale maggioritario dell’ex partito comunista, e la sua rappresentanza politica, quella trascolorata nelle varie sigle. Nel prossimo biennio la parte residuale del “comunismo” all’italiana – tosco-emiliano – cioè il blocco della moderazione politica che gestisce l’economia delle banche e delle cooperative e le istituzioni di tre regioni, o poco più, non solo dimezzerà i suoi voti, ma rischia di perdere il diritto a rappresentare come partito quella parte residuale della società sindacalizzata, garantita, ridotta a poco più della rappresentanza di un’élite.

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Il Movimento 5 Stelle è il sintomo, non sappiamo però se sarà il soggetto, che non è possibile garantire una “governabilità” mettendo sullo stesso piano i beni comuni e la proprietà, il laburismo archeologico e il reddito garantito, il tumulto e la rappresentanza, la povertà e i sacrifici, il movimento e la stabilità. A questo punto non è nemmeno credibile quella politica omeopatica, proposta in maniera opportunistica dal Pd come dalle sinistre europee, di allentare il patto di stabilità tedesco sperando in una crescita. E questo dopo averlo votato in Parlamento con Monti e Berlusconi.

La sanzione rispetto a questo progetto, che sarà perseguito comunque fino al 2014, è stata fortissima. Semplicemente, nessuno ci crede. Gli strumenti per continuare questa opposizione all’austerità sono comunque limitati. Grillo propone un referendum sull’Euro. Se fosse questo l’unico strumento che il 5 stelle ha contro l’austerità, sarebbe una prospettiva tutto sommato irrisoria. Per farlo – e poi anche per vincerlo – ci vuole una riforma costituzionale. Insomma è una battaglia poco più che simbolica. Ma sufficiente per catturare il consenso e neutralizzare, per alcuni anni, il conflitto contro le politiche di austerità che nel frattempo continueranno. Continuando, forse, a premiare l’offerta elettorale di Grillo e Casaleggio.

A noi interessa capire la lettura che Grillo fa di questa situazione perché serve a interpretare il suo campo politico, quello che sta spazzando via l’ideologema del comunismo italiano sulla “governabilità”, che è poi lo stesso a cui si ispirano i custodi dell’ordine finanziario europeo. Grillo fa una lettura schematica e tutto sommato neutralizzante del conflitto di classe che si svolge all’interno del Quinto Stato. Da un lato ci sono milioni di esclusi dalla cittadinanza, tutta la povertà di questo mondo: giovani e precari a cui viene negato il riconoscimento del “merito” e delle “competenze”; esodati e pensionati da fame raggirati dalla cialtronaggine della riforma Fornero-Monti; i piccoli imprenditori del Nord est impoveriti e rancorosi derubati dall’Imu, dall’Irap e da tasse inique, oltre che dalla crisi.

Dall’altra parte mette coloro che non sono stati toccati dalla crisi degli ultimi 20 anni – si, perché la crisi dura almeno da 20 anni. E ci mette le rendite, i finanzieri, i dipendenti pubblici e li tratta come un Brunetta qualsiasi: lazzaroni, corporativi, mangiapane a tradimento. Può avere ragione, ma forse tra loro ci sono anche quelli che potrebbero aiutarlo nel suo progetto di rifinanziare lo stato sociale. Senza considerare che 3,3 milioni di precari – giovani e meno giovani – lavorano proprio per la pubblica amministrazione. E molti lo hanno votato.

La schematicità meramente oppositiva di questo scontro ricorda l’”apartheid” degli esclusi (giovani) voluta dai garantiti, dai “vecchi”, i precari contro i dipendenti, insomma dalla “Casta”. Questa è la base del populismo che fonda oggi la politica del Quinto Stato e attraversa mille ambienti diversi: dalla Cgil ai partiti di destra e sinistra, da Brunetta al Corriere della Sera, fino a Monti-Ichino. Grillo ha gioco facile nel dimostrare che la colpa è tutta dei “parassiti” che succhiano il valore del lavoro di chi produce o di chi è giovane. Lo dicono tutti, e a lui in questo momento garantisce una rappresentanza istituzionale.

Davanti a questa ondata di risentimento gli eredi del comunismo italiano hanno le armi spuntate: sono stati loro a votare le leggi sulla precarietà, oltre alla riforma Fornero. Tutti lo sanno e li disprezzano. E loro sono impotenti nel gestire un conflitto che usa le armi del populismo, del ritorno alla sovranità del popolo, dell’odio contro chi ti ha rovinato per sempre la vita. Ma quest’odio è politico, cioè esprime conoscenza, crea nuovi rapporti di forza e quindi nuove coalizioni dentro il quinto stato? (per chi è curioso di sapere cos'è il Qs, scoprendo magari di essere Qs, potrebbe anche leggere questo e questo. Se vi siete incuriositi, su questo blog c'è una tag "Quinto Stato" che contiene 101 articoli, forse un pò tanti ma quanto basta per saperne di più).

A questa domanda non si può rispondere mostrando solo i voti che garantiscono la rappresentanza parlamentare, come fa Grillo e il suo movimento. Questa è un’illusione che svanirà presto, appena qualcuno metterà mano al dispositivo statale che governa l’esclusione e la povertà di milioni di persone. Il Quinto Stato è una condizione irriducibile sia a questa idea come alla finzione di uno scontro “generazionale” o tra il popolo e gli espropriatori della sua ricchezza.

Per andare incontro al Quinto Stato è necessario un reddito di base, la tutela dei beni comuni, politiche economiche espansive, un nuovo Welfare e un’Europa federale, politica e sociale siano le sole e possibili pratiche politiche. Poche di queste cose rientrano nell’agenda di Grillo, ma certo nessuno le troverà nelle politiche di austerità e nei loro imitatori catto-comunisti.

Giuseppe Allegri-Roberto Ciccarelli

2 commenti:

  1. Gent.mi,

    l'articolo contiene spunti sinceramente interessanti e condivisibili.

    c'è solo un piccolo, minuscolo problema.

    Il Vs linguaggio vetero-sinistroide che tradisce un progetto vetero-sinistroide. e lo dico con dispiacere autentico, perché è un peccato davvero. Ovvero:
    'il Quinto Stato' (con le maiuscole, per giunta! cos'è? un 'noumeno'? un ente platonico? un dogma cattolico?...)
    io sono una persona. che vuole sentirsi parte (FINALMENTE!) di una comunità. di un paese che abbia un'anima. non sono un numero né di un quinto, sesto nè ultimo'stato'. non voglio essere ridotta nè allo stato liquido, né a quello gassoso.
    Quando si comincerà a capire che una politica reale si costruisce parlando con e alle persone, e non più all'autoreferenziale platea dei propri correligionari?
    così ripetete l'errore di coloro a cui contestate mancanza di visione e di inclusività...

    Grazie,

    Simona Presenti

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  2. cara simona grazie per la segnalazione, abbiamo aggiunto nel post alcuni link su che cos'è il quinto stato, che non è nè un noumeno nè un dogma cattolico. ci auguriamo che ti interessi un pò capire cos'è e magari dirci che ne pensi, potresti scoprire di essere anche tu nella condizione quinto stato. se poi ti sarai incuriosita siete, su questo blog c'è una tag "Quinto Stato" che contiene 101 articoli, forse un pò tanti ma quanto basta per saperne di più. permettici una battuta sul tuo sentirti finalmente parte di una comunità. alludi a grillo e al suo movimento? liberissima di farlo. quanto a correligionari li ne troverai parecchi, addirittura 9 milioni, troverai molta compagnia. magari diventeranno anche maggioranza assoluta del paese, e ci governerete. una comunità che si fa stato, e nessuno sarà lasciato solo, non sarà un numero. a ben pensarci, non è una prospettiva rassicurante, lo ammetterai. ma forse non parli di questo, e allora condividiamo la tua esigenza, saluti

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