"Zero
ore" significa che i lavoratori devono essere reperibili in ogni momento
dall'azienda che deve soddisfare una commessa. Turning Point li usa per servire pranzo e cena alle mense dei
poveri, per garantire l'assistenza ai tossicodipendenti o ai malati mentali e
persuadere gli alcolisti a smetterla con la bottiglia. Chi accetta di lavorare
a zero ore lo fa per poche settimana, seguite da pause lunghe, per poi tornare
a lavorare. Senza riconoscimento della malattia, delle ferie, di
un'assicurazione contro gli infortuni, insomma dei diritti fondamentali
garantiti ai lavoratori dipendenti, come anche quelli a "termine".
Il lavoro a zero ore riguarda un
milione di persone in Inghilterra nel settore privato e in quello pubblico. Lo
sostiene una ricerca del Chartered Institute of Personnel and Development (Cipd) che
ha smentito l'ufficio nazionale di statistica secondo il quale gli iperprecari
usa e getta inglesi sono "solo" 250 mila. Il governo Cameron non ne
conosce la cifra esatta e si è impegnato ad accertarla.
I contratti a zero ore vengono
utilizzati nella "nuova economia" da Amazon, nell'intrattenimento con
la catena Cinemaworld (l'80% dei 4500 impiegati), nei pub JD Wetherspoon,
oppure negli ipermercati del retail sportivo Sports Direct (20 mila precari a
zero ore). Nello stesso modo si lavora alla Tate Gallery, soprattutto nel
servizio catering. Mc Donald's, la più grande catena di fast food del Regno Unito, ha 83 mila contratti a zero ore.
Anche
a Buckingham Palace si lavora con i contratti a zero ore. Nel palazzo della
regina ci sono 350 part-time senza orario. Vengono assunti in estate,
affiancano il personale assunto, guidano i turisti di mezzo mondo nella
Disneyland reale. Lavorano nei negozietti dei gadget, fanno la guardia nelle
stanze per evitare che un turista giapponese fotografi i bagni. Gli "zero
ore" firmano un impegno a non lavorare per nessun altro durante la durata
del contratto. La soddisfazione di lavorare per le altezze reali non ha
prezzo.
Anche
in Inghilterra la crisi si è fatta insostenibile. La Banca centrale inglese ha stabilito che non
abbasserà i tassi d'interesse finché la disoccupazione non sarà scesa al di
sotto del 7%. È una decisione importante, seguita dalla maggior parte delle
banche centrali (Fed e Bce): gli interessi sui mutui, così come quelli dei
prestiti ad un istituto di credito da parte della banca centrale, dipendono dal
numero degli occupati. È l'ammissione che la capacità di consumo può rianimare
il Prodotto Interno Lordo (Pil). Dunque, è bene conteggiare tra gli occupati
anche il milione di "contratti zero": con qualche centinaio di euro
in tasca anche gli inoccupati o i precari dovrebbero spendere qualcosa.
Questo
potrebbe corrispondere all'abbassamento dei tassi di interesse sui mutui. I
precari allora investirebbero il loro gruzzoletto in una casa, ad esempio. Solo che i precari
assunti per un pugno di settimane, o anche per qualche mese, non pagano i mutui
e le banche non ci pensano nemmeno a concedergli un prestito.
È il meccanismo che ha portato
all'esplosione della bolla dei mutui subprime negli Stati Uniti. Oggi si
vuole che il tasso di disoccupazione si abbassi, ma si tengono bassi i salari.
La precarietà della forza-lavoro, che è composta da consumatori che non possono
acquistare e fare (nuovi) debiti, alimenta la recessione. Al centro di questa crisi c’è nuovo proletariato giovanile -
una parte cospicua del quinto stato diffuso nell'industria dei servizi
alla persona, del tempo libero, in quella finanziaria, nella logistica – che
svolge un ruolo di protagonista involontario della crisi in Inghilterra, come
in Italia.
Reddito per tutt*
Guy Standing, autore di "Precari: la nuova classe esplosiva" (Il Mulino), sostiene che i tassi ufficiali di disoccupazione non considerano il precariato: ci sono momenti in cui i lavoratori sono effettivamente disoccupati, ma ufficialmente impiegati in una zona grigia dove non si guadagna e non si ricevono tutele. "Tutto questo conviene al governo - ha scritto Standing - perché veicola il messaggio che i tassi di disoccupazione stanno scendendo". Standing invoca l'introduzione di un reddito di base per tutti. Ai contrattisti a zero ore dovrebbe essere versato un bonus più alto. E comunque il reddito potrebbe permettere a queste persone di non accettare questo tipo di contratti, respingendone il ricatto. "Dobbiamo riconcettualizzare ciò che intendiamo per "lavoro".
Reddito per tutt*
Guy Standing, autore di "Precari: la nuova classe esplosiva" (Il Mulino), sostiene che i tassi ufficiali di disoccupazione non considerano il precariato: ci sono momenti in cui i lavoratori sono effettivamente disoccupati, ma ufficialmente impiegati in una zona grigia dove non si guadagna e non si ricevono tutele. "Tutto questo conviene al governo - ha scritto Standing - perché veicola il messaggio che i tassi di disoccupazione stanno scendendo". Standing invoca l'introduzione di un reddito di base per tutti. Ai contrattisti a zero ore dovrebbe essere versato un bonus più alto. E comunque il reddito potrebbe permettere a queste persone di non accettare questo tipo di contratti, respingendone il ricatto. "Dobbiamo riconcettualizzare ciò che intendiamo per "lavoro".
La soluzione italiana: lavoro gratis
Il
contratto inglese a zero ore ha un analogo nella legge Biagi del 2003: il
"lavoro a chiamata", figura tipica del diritto del lavoro
anglosassone introdotta in Italia come esempio di "modernizzazione"
del mercato del lavoro. Ma
si tratta di una figura marginale sul mercato del lavoro. In Italia la parte
del leone la fa il contratto a termine a breve o brevissimo termine (meno di un
mese). Secondo l'Isfol, nel 2012 il 42,5% delle assunzioni dei
giovani è avvenuta così.
Tecnicamente
il "contratto a termine" non è il "contratto a zero ore" inglese,
anche se svolge lo stesso ruolo: risparmio sul costo del lavoro, contenimento
dei salari e delle tutele, alta intercambiabilità dei prestatori d’opera. Come
in Inghilterra, anche da noi il consumo del lavoro giovanile è contingentato,
breve e brutale. Invece di arrestare questa deriva - curiosamente ci aveva
provato Elsa Fornero - lo si amplifica. Il governo Letta ha accorciato gli
intervalli tra i rinnovi dei contratti a termine, soddisfando una richiesta ben
precisa delle imprese. Invece di abolire i 46 contratti precari esistenti, se
ne aggiunge un altro: l’“apprendistato”.
Questo
contratto di formazione, già non molto frequentato dalle imprese italiane, è
stato snaturato dalla riforma Fornero perché riguarda i ragazzi fino ai 29 anni,
molti dei quali hanno già fatto stage o tirocini. Praticamente si resta “in
formazione” a vita, un altro modo per occultare il precariato di massa. Il
recente accordo sul lavoro all’Expo ha aggiunto un particolare inquietante a
questa strategia. Per i sei mesi della durata di questo "grande
evento" verranno creati 640 apprendisti (regolati dal contratto nazionale
dei servizi) e 195 stagisti. E si prevedono 18.500 “volontari”.
Il
lavoro gratuito è diffusissimo nel nostro paese, ma mai prima di oggi è stato
"santificato” da imprese, sindacati e governo, Quirinale compreso. Una
realtà inaccettabile persino in Inghilterra, dove almeno ci sono le “zero ore”.
In Italia no, perché si pensa che il lavoro gratuito sia un’esperienza “formativa”
per i giovani che possono fare un’esperienza. Come al servizio civile. Magari all’Expo
prenderanno contatti per l’ennesimo stage o incontreranno il principe azzurro. Nessuno
pensa che siano anche loro dei lavoratori. Questo accordo sprigiona un
paternalismo raccapricciante a cui i giovani non potranno sottrarsi. Perché non
hanno alternative.
La
rassegnazione dei sindacati ad accettare la precarietà (degli altri) come una
realtà irreversibile, da regolamentare dov’è possibile con un contratto nazionale,
è una tragedia. E lo è ancor più perché attesta una trasformazione impensabile
fino a poco tempo fa: la precarietà riguarda un ristretto nucleo di apprendisti,
mentre la stragrande maggioranza degli inoccupati lavorerà gratis o in nero.
È improbabile
che una popolazione di precari, divisa tra apprendisti e volontari, farà
ripartire i consumi e tanto meno la crescita auspicata dal premier Letta.
Roberto Ciccarelli
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