Ad una prima lettura appare strano il rapporto tra Matteo Renzi e Maurizio Landini: un continuo rincorrersi tra dichiarazioni a mezzo stampa, sul vuoto di slogan poco concreti. «Contratto unico a tempo indeterminato per tutti» proclama il neo-segretario del Pd.
«Penso che Renzi voglia aprire una fase nuova», ribatte il segretario della Fiom-Cgil. Nella realtà abbiamo milioni di disoccupati e un terzo della popolazione a rischio povertà ed esclusione sociale. Con il lavoro che diviene incubo e ossessione: per chi ce l’ha, in cambio di una miseria di stipendio, spesso pagato dopo mesi. Per chi non ce l’ha e non vede prospettive di possibile miglioramento per sé e per la propria famiglia.
C’è da dire che Renzi e Landini giocano una partita importante, nell’innovazione di quel che si chiamava sinistra. Matteo Renzi, poco più che trentenne in grado di sconfiggere l’apparato burocratico residuato dal vecchio Pci. È il primo segretario Pd di provenienza democristiana: un boy scout modernizzato dal Drive In degli anni 80 berlusconiani.
Maurizio Landini è il leader cinquantenne in una Cgil che inaugura il suo anno congressuale alla ricerca di una sopravvivenza a rischio di consensi, ancor prima che di progettualità politica. Per questo tra Renzi e Landini sembrano esserci molti punti di contatto. Il neo-segretario del Pd preferisce un’interlocuzione diretta con l’attuale segretario della Fiom, forse anche per mettere in difficoltà l’attuale segreteria Cgil, ancora figlia di quel rapporto diretto tra partito e sindacato, che aveva portato Guglielmo Epifani dalla segreteria Cgil a quella Pd. Maurizio Landini si dimostra disponibile a questa interlocuzione diretta con il neo-segretario Pd.
I tempi sono cambiati: questo sostiene Matteo Renzi. E Maurizio Landini spera che cambino in positivo anche per il più grande sindacato italiano, sapendo che in ballo c’è l’ipotesi di una nuova legge sulla rappresentanza sindacale. In un periodo in cui la Fiom si trova costretta tra i conflitti dell’«era Marchionne» e le difficoltà del «caso Ilva», dove c’è il pericolo di barattare la tutela della salute con un lavoro malsano, per se stessi e per tutta la cittadinanza.
Ma sia Renzi che Landini sanno di essere dinanzi ad uno scacco. Non può esserci un gioco al ribasso, nel quale le tutele, i diritti e le garanzie vengono immolate dinanzi alla necessità di trovare un lavoro, a tutti costi, schiacciati dai ricatti di ogni tipo. Prima di evocare un assai improbabile «contratto per tutti» bisognerebbe ripensare le forme di una nuova cittadinanza sociale. Non per ingabbiare tutti dentro le rigide maglie di un fantomatico contratto di lavoro subordinato, magari «a zero ore» e con sempre meno diritti, come avviene nelle politiche di Workfare che subentrano a quelle di Welfare. Piuttosto per farsi promotori di una nuova visione della società che sappia tenere insieme le garanzie universali dei diritti sociali fondamentali della persona, insieme con politiche pubbliche che valorizzino le ricchezze individuali e collettive vittime dei meccanismi debitori del capitalismo finanziario.
Qualora Renzi e Landini volessero davvero inaugurare una nuova fase dovrebbero farsi promotori di interventi che diano fiducia al rapporto tra cittadinanze ed istituzioni, contro la logica del saccheggio economico e finanziario delle élite globali. Introdurre misure universalistiche di garanzie sociali per sconfiggere le resistenze corporative, burocratiche, assistenzialistiche e parassitarie del piccolo capitalismo italiano e del grande capitale globale. Ecco qualcosa di nuovo, a sinistra.
C’è da dire che Renzi e Landini giocano una partita importante, nell’innovazione di quel che si chiamava sinistra. Matteo Renzi, poco più che trentenne in grado di sconfiggere l’apparato burocratico residuato dal vecchio Pci. È il primo segretario Pd di provenienza democristiana: un boy scout modernizzato dal Drive In degli anni 80 berlusconiani.
Maurizio Landini è il leader cinquantenne in una Cgil che inaugura il suo anno congressuale alla ricerca di una sopravvivenza a rischio di consensi, ancor prima che di progettualità politica. Per questo tra Renzi e Landini sembrano esserci molti punti di contatto. Il neo-segretario del Pd preferisce un’interlocuzione diretta con l’attuale segretario della Fiom, forse anche per mettere in difficoltà l’attuale segreteria Cgil, ancora figlia di quel rapporto diretto tra partito e sindacato, che aveva portato Guglielmo Epifani dalla segreteria Cgil a quella Pd. Maurizio Landini si dimostra disponibile a questa interlocuzione diretta con il neo-segretario Pd.
I tempi sono cambiati: questo sostiene Matteo Renzi. E Maurizio Landini spera che cambino in positivo anche per il più grande sindacato italiano, sapendo che in ballo c’è l’ipotesi di una nuova legge sulla rappresentanza sindacale. In un periodo in cui la Fiom si trova costretta tra i conflitti dell’«era Marchionne» e le difficoltà del «caso Ilva», dove c’è il pericolo di barattare la tutela della salute con un lavoro malsano, per se stessi e per tutta la cittadinanza.
Ma sia Renzi che Landini sanno di essere dinanzi ad uno scacco. Non può esserci un gioco al ribasso, nel quale le tutele, i diritti e le garanzie vengono immolate dinanzi alla necessità di trovare un lavoro, a tutti costi, schiacciati dai ricatti di ogni tipo. Prima di evocare un assai improbabile «contratto per tutti» bisognerebbe ripensare le forme di una nuova cittadinanza sociale. Non per ingabbiare tutti dentro le rigide maglie di un fantomatico contratto di lavoro subordinato, magari «a zero ore» e con sempre meno diritti, come avviene nelle politiche di Workfare che subentrano a quelle di Welfare. Piuttosto per farsi promotori di una nuova visione della società che sappia tenere insieme le garanzie universali dei diritti sociali fondamentali della persona, insieme con politiche pubbliche che valorizzino le ricchezze individuali e collettive vittime dei meccanismi debitori del capitalismo finanziario.
Qualora Renzi e Landini volessero davvero inaugurare una nuova fase dovrebbero farsi promotori di interventi che diano fiducia al rapporto tra cittadinanze ed istituzioni, contro la logica del saccheggio economico e finanziario delle élite globali. Introdurre misure universalistiche di garanzie sociali per sconfiggere le resistenze corporative, burocratiche, assistenzialistiche e parassitarie del piccolo capitalismo italiano e del grande capitale globale. Ecco qualcosa di nuovo, a sinistra.
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