Damiano Palano su TYSM - Un saggio critico su Il Quinto Stato -
"Riecheggiando il vecchio pamphlet rivoluzionario dell’abate Sieyes, Allegri e Ciccarelli si propongono innanzitutto di definire cosa sia il Quinto Stato, e dunque di delinearne in modo chiaro il perimetro. E, da questo punto di vista, il criterio che tiene insieme elementi diversi non è tanto il tipo di lavoro effettivamente svolto, ma soprattutto la condizione di ‘apolidia’, ossia il fatto che a determinati lavoratori non siano riconosciuti alcuni diritti sociali fondamentali. Per questo nell’alveo del Quinto Stato confluiscono tanto i lavoratori della conoscenza freelance, quanto il mondo dei lavoratori migranti, esclusi dai diritti di cittadinanza: «Il Quinto Stato è una condizione incarnata da una popolazione fluttuante, composta da lavoratori e lavoratrici indipendenti, precari, poveri al lavoro, lavoratori qualificati e mobili, sottoposti a una flessibilità permanente. La loro cittadinanza non è misurabile a partire dal possesso di un contratto di lavoro, né dall’appartenenza per nascita al territorio di uno Stato-nazione poiché per questi soggetti si presuppone l’avvenuta separazione tra la cittadinanza e l’attività professionale, l’identità di classe, la comunità politica e lo Stato. Oggi sono stranieri o barbari tanto i nativi italiani, quanto i migranti. Entrambi appartengono alla comunità dei senza comunità. La loro è una cittadinanza senza Stato, poiché lo Stato non riconosce loro la cittadinanza»[14]. In sostanza, il fatto di svolgere un’attività lavorativa non è una condizione sufficiente per accedere alla garanzia dei diritti, e così i membri del Quinto Stato, non avendo un contratto di subordinazione a tempo indeterminato, rimangono «cittadini dimezzati», peraltro estranei alle rappresentanze politiche, sindacali, imprenditoriali".
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