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mercoledì 11 novembre 2015

SCRIVIAMO INSIEME I DIRITTI DEL LAVORO AUTONOMO

Roberto Ciccarelli

Un atto pubblico di cittadinanza a Roma, Esc Atelier, 14-15 novembre. La Coalizione 27 febbraio organizza e promuove un atto pubblico per scrivere i diritti del lavoro autonomo: Lo statuto che non c'è. Se ben articolato lo statuto potrebbe essere un'occasione per i lavoratori intermittenti, precari, a termine, prestatori d'opera occasionali, il vasto mondo del quinto stato

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Lo statuto del lavoro autonomo professionale annunciato dal governo Renzi punta ad ampliare le coperture su maternità, pagamenti in ritardo, spese per formazione e le tutele per le malattie gravi per chi lavora con la partita Iva. La bozza redatta dal giuslavorista bocconiano Maurizio Del Conte conferma le dichiarazioni rilasciate in un incontro con le associazioni dei freelance l'11 ottobre e sarà accompagnato da una riforma del regime fiscale agevolato per gli autonomi, un rimedio al pasticcio creato dal governo l'anno scorso. Dovrebbe essere sospeso l'aumento dei contributi Inps al 27,72% e si parla di un'equiparazione dei freelance e parasubordinati della gestione separata agli altri autonomi, commercianti e artigiani, con l'aliquota al 24%. In attesa che la discussione sulla legge di stabilità confermi gli annunci, si è aperta la discussione su uno statuto che promette di essere la prima misura normativa decisa in Italia da molto tempo. I lavoratori autonomi possono conquistare un avamposto utile per chi non è autonomo, ma lavora precariamente.

mercoledì 5 febbraio 2014

ALZA IL VOLUME, NASCE IL MANIFESTO DEI FREELANCERS EUROPEI

E' partita la campagna di crowdfunding organizzata dall’EFIP, UN movimento europeo dei freelancer, promosso da associazioni in Italia, Germania, Inghilterra, Olanda, Belgio e Francia.


"Stiamo costruendo un movimento dei freelancers europei. Perché abbiamo bisogno di una voce comune affinché i politici europei inizino ad ascoltare i nostri problemi. Da soli, siamo ignorabili. Insieme, siamo più forti. Per fare partire il movimento, abbiamo bisogno di un sito che ci aiuti a realizzare la nostra campagna. Un sito dopo i/le lavorator* indipendenti possano unirsi firmando un freelancers manifesto"




lunedì 6 gennaio 2014

CHE COSA È IL QUINTO STATO. LEGGENDO UN LIBRO DI GIUSEPPE ALLEGRI E ROBERTO CICCARELLI


Damiano Palano su TYSM - Un saggio critico su Il Quinto Stato - 

"Riecheggiando il vecchio pamphlet rivoluzionario dell’abate Sieyes, Allegri e Ciccarelli si propongono innanzitutto di definire cosa sia il Quinto Stato, e dunque di delinearne in modo chiaro il perimetro. E, da questo punto di vista, il criterio che tiene insieme elementi diversi non è tanto il tipo di lavoro effettivamente svolto, ma soprattutto la condizione di ‘apolidia’, ossia il fatto che a determinati lavoratori non siano riconosciuti alcuni diritti sociali fondamentali. Per questo nell’alveo del Quinto Stato confluiscono tanto i lavoratori della conoscenza freelance, quanto il mondo dei lavoratori migranti, esclusi dai diritti di cittadinanza: «Il Quinto Stato è una condizione incarnata da una popolazione fluttuante, composta da lavoratori e lavoratrici indipendenti, precari, poveri al lavoro, lavoratori qualificati e mobili, sottoposti a una flessibilità permanente. La loro cittadinanza non è misurabile a partire dal possesso di un contratto di lavoro, né dall’appartenenza per nascita al territorio di uno Stato-nazione poiché per questi soggetti si presuppone l’avvenuta separazione tra la cittadinanza e l’attività professionale, l’identità di classe, la comunità politica e lo Stato. Oggi sono stranieri o barbari tanto i nativi italiani, quanto i migranti. Entrambi appartengono alla comunità dei senza comunità. La loro è una cittadinanza senza Stato, poiché lo Stato non riconosce loro la cittadinanza»[14]. In sostanza, il fatto di svolgere un’attività lavorativa non è una condizione sufficiente per accedere alla garanzia dei diritti, e così i membri del Quinto Stato, non avendo un contratto di subordinazione a tempo indeterminato, rimangono «cittadini dimezzati», peraltro estranei alle rappresentanze politiche, sindacali, imprenditoriali".

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domenica 10 novembre 2013

FINALE DI PARTITA (IVA): IL QUINTO STATO DOPO CINQUE ANNI DI CRISI


In sei anni sono scomparsi oltre 400 mila lavoratori indipendenti. La situazione più grave è nel Nordovest. Crescono però le partite iva tra gli under 35 nelle professioni e nel lavoro cognitivo. I dati della Cgia di Mestre sulla condizione del quinto stato che comprende 5,5 milioni di persone che non fanno parte del lavoro dipendente o della grande impresa.

La crisi ha travolto anche i lavoratori indipendenti. Per loro che svolgono mansioni individuali, per un cliente o conto terzi, erogano servizi, talvolta creano micro-impresa, ma soprattutto lavorano con la partita Iva non si muovono i sindacati. Il governo non convoca tavoli di crisi. Non rientrano nella grande impresa e nemmeno nel lavoro dipendente tipicamente subordinato. Restano nell'ombra, mentre si spendono miliardi per sostenere il reddito di tutte le altre componenti del lavoro dipendente o quello delle imprese.

lunedì 14 ottobre 2013

APOLIDI, INDIPENDENTI, MIGRANTI: IL QUINTO STATO DA DECODIFICARE

Aldo Bonomi

Emerge la crisi del cosmopolitismo umanitario e il modo di percepirci come comunità. Dal mutualismo al coworking fino all'esperienza di Olivetti, i riferimenti necessari a definire la nuova realtà del Quinto Stato

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La tragedia di Lampedusa chiede sospensione ai microcosmi che parlano solo di imprese e territori. 
Anche se la resilienza dell'isola di Lampedusa merita di essere raccontata come caso emblematico di capacità di adattarsi e lottare in solitudine di fronte all'evento epocale delle migrazioni dei "dannati della terra". Che non sono solo i migranti nel mercato del lavoro globale, ma richiedenti asilo, come ha evidenziato il Presidente della Repubblica. 

Una moltitudine di apolidi prodotti dalla geopolitica e dalla geoeconomia globale. Che scardina i cosmopolitismi del 900. Da quello degli stati-nazione, in transizione verso un'Europa che non c'è, a quello di classe, proletari di tutto il mondo unitevi, che si rovescia spesso nel suo opposto: il conflitto tra gli ultimi. Sino al fallimento di quello liberista della globalizzazione soft che ha liberalizzato la circolazione delle merci che si fa hard a fronte della circolazione degli uomini. Si sente solo la voce del cosmopolitismo religioso che fa riferimento all'uomo ed urla VERGOGNA. Gad Lerner, su Repubblica, ha scritto che la crisi del cosmopolitismo umanitario ci riporta ad interrogarci sul nostro percepirci come comunità di uomini. 

martedì 24 settembre 2013

CHE COS'E' IL QUINTO STATO?


Giuseppe Allegri-Roberto Ciccarelli,
Il Quinto Stato
Il Quinto Stato è l’universale condizione di apolidia in patria in cui vivono almeno otto milioni di italiani ai quali non sono riconosciuti i diritti sociali fondamentali. La stessa condizione interessa almeno cinque milioni di cittadini stranieri che inoltre subiscono l’esclusione dai diritti di cittadinanza a causa della loro extra-territorialità in uno Stato.

Il Quinto Stato è una condizione incarnata in una popolazione fluttuante, composta da lavoratrici e lavoratori indipendenti, precari, poveri al lavoro, lavoratori qualificati e mobili, sottoposti a una flessibilità permanente. La loro cittadinanza non è misurabile a partire dal possesso di un contratto di lavoro, né dall’appartenenza per nascita al territorio di uno Stato-nazione poiché per questi soggetti si presuppone l’avvenuta separazione tra la cittadinanza e l’attività professionale, l’identità di classe, la comunità politica e lo Stato. Oggi sono stranieri o barbari tanto i nativi italiani, quanto i migranti. Entrambi appartengono alla comunità dei senza comunità. La loro è una cittadinanza senza Stato, poiché lo Stato non riconosce loro la cittadinanza.

In questo mondo, non basta lavorare per essere riconosciuti come lavoratori. E non basta affermare di essere cittadini di uno Stato per essere riconosciuti titolari dei diritti sociali, previdenziali, civili. La cittadinanza è stata limitata al possesso di un bene residuale, intermittente, e sempre meno retribuito: il contratto di lavoro. Anche quando ha la fortuna di possederlo, il cittadino-lavoratore viene sezionato in una lunga serie di identità parziali.

Si parla, ad esempio, di lavoratori precari, atipici, parasubordinati o con partita IVA i quali, pur potendo dimostrare di partecipare alla politeia, restano cittadini dimezzati perché non godono di un contratto di subordinazione e a tempo indeterminato. Altrettanto complicata è la condizione di chi vive nell’emisfero dell’impresa, oggi travolta della crisi economica iniziata nel 2008. È proprio la zona grigia tra il lavoro e l’impresa a costituire uno dei tratti caratteristici del Quinto Stato.

giovedì 3 gennaio 2013

IVA PARTY: FESTEGGIA SOLO LA RAI



L'ultimo Natale nelle redazioni Rai è stato più desolante del solito. L'azienda ha obbligato i dipendenti alle ferie forzate per risparmiare sui compensi per le giornate festive. Tra le scrivanie e le consolle audio e video si aggiravano i redattori a partita Iva. I programmi come Ballarò vanno in ferie, i redattori no. Accade 365 giorni all'anno, non solo durante tutte le feste comandate, Capodanno e Ferragosto compresi. 

martedì 23 ottobre 2012

GENERAZIONE DI PIANISTI

Quando al governo c'è una generazione di pianisti per i giovani:i professori stay hungry, stay choosy. Storielle disincantate sul governo Monti contro i bamboccioni, i neet, i ragazzi che non "possono permettersi di rifiutare un lavoro qualsiasi.

giovedì 6 settembre 2012

AUTONOMI E FREELANCE: IL DILEMMA DEL TOPO NEL FORMAGGIO

“Topi nel formaggio”, “individui servili” e “culturalmente rozzi”, protagonisti di “pratiche non di rado sgradevoli e perfino ripugnanti della nostra vita pubblica”. Sono alcune delle espressioni usate negli anni Settanta da Paolo Sylos Labini a proposito della crescita esponenziale di una nuova forza-lavoro, il lavoro indipendente che non rientrava nel modello produttivo della grande fabbrica, in quello del lavoro salariato e, in generale, del lavoro dipendente. Da allora ne è passato di tempo ma, per la sua strutturale complessità, il lavoro indipendente resta ancora oggi un'anomalia rispetto al governo delle relazioni produttive e alle politiche del lavoro.

Il processo di formazione del lavoro indipendente ha un carattere globale e non può essere limitato alle valli bergamasche, alle province del Veneto o ai distretti industriali. E’ stato un fenomeno metropolitano che ha investito per un ventennio le scuole e le università, tracimando dagli angusti, e probabilmente inesistenti confini della “piccola borghesia”, a quelli dei comportamenti di massa, dell’immaginazione simbolica e degli stili di vita della popolazione più giovane e acculturata e avrebbe, più tardi, inciso sulla mentalità della forza lavoro qualificata, intellettuale e professionale che Sergio Bologna e Andrea Fumagalli definirono, nel 1997, "lavoro autonomo di seconda generazione". Negli ultimi quindici anni si è consolidato un lavoro orientato alle funzioni cognitive e delle relazioni sociali. Oggi questa situazione riguarda i giovani tra i 25 e i 34 anni che hanno aperto la partita Iva nelle attività professionali, scientifiche e tecniche (cioè nel lavoro cognitivo autonomo) e, all'inizio del 2012, hanno superato per la prima volta quelle aperte nel settore tradizionale delle partite Iva, quello del commercio e dell'artigianato.

martedì 28 agosto 2012

IL QUINTO STATO TRA PASSATO E FUTURO: AUTONOMIA, MUTUALISMO, COOPERAZIONE



1. Nel 1672 il pastore amburghese Johannes Müller, seguace di Spinoza, annotava l’esistenza di un segmento sociale molto ampio, intriso di idee filosofiche, radicali, anti-deiste, materialiste e repubblicane. Era un movimento continentale, si addensava nelle grandi e piccole città del tempo, ai bordi dei mercati e dei laboratori di arti e mestieri, delle università, come delle corti. Sostava sul soglio delle chiese, frequentava le taverne, brulicava. Era costituito da Gentlemen e Ministers senza impiego certo, precario, eruditi e nullafacenti; ma anche professionisti e artigiani, uomini di mondo, religiosi pentiti e spretati, provenienti dalla borghesia nascente come dal popolo. 


Alcuni viaggiavano tra Francia, Inghilterra, Olanda e Italia. Il loro impegno per l’indipendenza del proprio lavoro, e l’emancipazione dalla condizione di sussistenza, si scontrava nella resistenza delle corporazioni dei mestieri, i bandi impressi dalle chiese e dalle università, entrambe gelose del sapere posseduto, organizzato in nome di una ragione divina, trascendentale o corporativa. 

venerdì 22 giugno 2012

LAVORARE INSIEME. STORIE DI COWORKING A PALERMO





Roberto Ciccarelli

Il passato si tocca in via Re Federico 23, nel popolare quartiere della Zisa a Palermo, dove la pratica del lavorare insieme in spazi condivisi, il co-working, è diventato un modo per costruire nuove comunità. Negli anni Settanta, racconta Cristina Alga dell'associazione Clac che ha dato vita all'omonimo co-working Re Federico, al terzo piano di questo palazzo liberty, viveva una comune di musicisti. 

Il romanzo
A quel tempo c'era l'abitudine di riunirsi in uno dei saloni dell'appartamento nobiliare per dare concerti. Oggi una comunità di freelance ha avviato un esperimento di un nuovo modello di co-work. 

«Ci sono luoghi che mantengono la memoria di chi lo ha vissuto – afferma Cristina – Qui nel co-work Re Federico il destino resta improntato alla condivisione: ieri c'era la musica, oggi il lavoro in comune. Man mano che le persone arrivano, la sensazione è rassicurante: dagli elementi più superficiali a quelli più essenziali, questo spazio mantiene un'aria di famiglia, di comunità». 

Dal prossimo settembre, Re Federico ospiterà 15 postazioni di lavoro per freelance, autonomi e indipendenti che condivideranno servizi wifi, plotter, cucina, punti relax, per favorire momenti di scambio e di progettazione. Nel 2013 si prevede l'allargamento dell'attività nell'appartamento vicino, sempre al terzo piano. I ragazzi di Clac pensano di ristrutturarlo e sarà destinato per metà alla co-abitazione. Nel progetto definitivo l'area a disposizione per questa nuova attività di condivisione sarà superiore a 500 metri quadri.


"il co-housing - aggiunge Cristina - è condividere la cosa più intima di una persona, l'abitazione. è coraggioso, e tutto da sperimentare, è un modello di aggregazione per chi fa un lavoro come il nostro che porta ad essere isolati".

sabato 2 giugno 2012

IL NOME DI BARTLEBY

martedì 15 maggio 2012

MACAO: L'UTOPIA CONCRETA DEL LAVORO INDIPENDENTE

Uno spazio verticale di 33 piani dove riunire le arti e le professioni indipendenti, liberali, cognitive e creative, come quelle operaie e artigiane, seguendo un modello di auto-governo che va dalla formazione alla co-progettazione, dalla creazione di una filiera dell'arte alternativa a quella pienamente finanziarizzata (a Milano, passando da Venezia e Roma e, poi, sulla scena globale) ad un laboratorio del co-working dove il principale obiettivo è la creazione e la socializzazione di un'attività operosa, non la concessione a pagamento di loculi dove la "creative class" si accomoda con il suo computer e finge la normalità di avere un ufficio, ricevere i "clienti", simulare la comodità di un atelier, quando invece paga solo il marchio acquistato in franchising dalle multinazionali del co-working.

Questa è l'idea di Macao.  L'utopia concreta dei lavoratori dell'arte che hanno occupato per dieci giorni la Torre Galfa di Milano, al centro di una delle aree della speculazione immobiliare più grande d'Europa, non muore con lo sgombero di stamattina.  Macao, infatti, rovescia il presupposto del lavoro professionale, nell'ambito del lavoro della conoscenza: non più fondato sullo status professionale del singolo professionista che ha bisogno di "distinzione" e "autorevolezza" e quindi acquista, affitta o condivide uno studio professionale, un laboratorio o un atelier, uno spazio espositivo oppure un'aula universitaria dove mostrare il proprio sapere davanti ad una platea di studenti o di apprendisti in un master a pagamento. 

mercoledì 25 aprile 2012

giovedì 12 aprile 2012

CHE COS'E' IL QUINTO STATO?






1. Il Quinto Stato è l’universale condizione di apolidia in patria in cui vivono almeno 7 milioni italiani a cui non sono riconosciuti i diritti sociali fondamentali. Nella stessa condizione vivono almeno 5 milioni di cittadini stranieri che non possiedono tali diritti, e subiscono l’esclusione dai diritti di cittadinanza a causa della loro extra-territorialità in uno Stato.

giovedì 22 marzo 2012

sabato 17 marzo 2012

GIORNALISTI FREELANCE: SOMMERSI E SALVATI

Sono i "paria" dell'informazione. I dati parlano di una vergogna senza precedenti che si può paragonare senza timore di esagerare, a quella dei caporali che sfruttano la manodopera a giornata. Due euro al pezzo, 5 o dieci. E non importa che si tratti di grandi testate o del giornale di provincia. Il precariato sottopagato non è più limitato al “periodo di prova”, cui segue un’assunzione: può invece durare una vita intera. Scrivere in Italia, la giungla del lavoro immateriale sottopagato, senza diritti, non tutelato:

mercoledì 14 marzo 2012

VITA DA FREELANCE

Il dibattito sul lavoro e sulla previdenza non dà risposte ai bisogni dei dei professionisti, i knowledge workers, e dei lavoratori indipendenti. Cresce la richiesta di nuovo patto sociale... (Roberto Ciccarelli. perodista. Felipe Goycoolea, riprese e montaggio).

mercoledì 22 febbraio 2012

LA PARTITA IVA E LA RAI: UNA LUNGA STORIA

Il blitz del coordinamento dei giornalisti freelance «Errori di Stampa» è riuscito. Colpita in pieno volto dalla notizia sulla clausola maternità inserita nei contratti di consulenza per i collaboratori esterni, la Rai ne aveva negato l'esistenza ma poi, con un intervento del direttore generale Lorenza Lei, ieri ha ammesso di «non avere nessuna difficoltà ad eliminarla».

lunedì 20 febbraio 2012

Non partoriRAI: bufera sulla maternità precaria


Donna, giornalista, precaria. Alla Rai la sua vita è un trattato di funambolismo. Per lavorare all’ombra del cavallo di Viale Mazzini ha dovuto aprire una partita Iva e versare 600 euro all’anno al commercialista. 1200 è, in media, il reddito mensile per una collaborazione che dura per un ciclo di trasmissioni. Salvo poi scoprire una «clausola gravidanza» al punto 10 del contratto di consulenza che l’azienda offre a tutti i collaboratori esterni. Se questa lavoratrice dovesse restare incinta, o affrontare un infortunio o una malattia, la Rai si riserva il diritto di dedurre «i compensi relativi alle prestazioni non effettuate», oltre a quello di rescindere il contratto «senza alcun compenso o indennizzo».