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venerdì 8 dicembre 2017

FUORILUOGO OVUNQUE, OVUNQUE A CASA


Roberto Ciccarelli

Lo straniero mette in discussione l’identico e la proprietà, evidenzia l’estraneo che risiede nel proprio. Straniero è la possibilità di essere diverso da ciò che si è. Lo straniero non è solo l’altro da me, ma è quello che abita in me. Questa è una conquista nella consapevolezza dell’essere umano ed è stata definita da Freud come “perturbante”, ciò che turba l’ordine dell’Io, mostrando l’inquietudine più grande: l’Io è un altro ed è fondamentalmente straniero a se stesso. 

È unheimlich, letteralmente un essere-senza-casa. L'origine sta nel movimento, quello fisico, tra i continenti, alla ricerca di un'apertura del muro eretto dallo Stato, tra le navi da guerra che danno la caccia ai migranti fuggiaschi. E nel movimento dello sporgersi fuori da sé, nel fluire nella vita, non ne dominare. Straniero sei tu, oltre la cittadinanza, oltre la nascita in un luogo. 

Wanderung, si dice ancora in tedesco. In questa parola, profonda come la storia, c'è il migrare e l'errare. La verità di questa parola bellissima è questa: chi abita non è mai puro. Viene da un movimento, si dirige verso un altro movimento. Il punto dove è arrivato coincide con una nuova partenza. Prima che fosse l'abitante di una terra, c'era l'errante che ha deciso di fermarsi, prima di ripartire. Questa verità è scandalosa nel tempo dello sciovinismo del benessere, del cinismo securitario, del "non sono razzista, ma...". E' inquietante che il bianco sia come il nero: oggi è inaccettabile per lo Stato armato dall'odio contro i migranti.

sabato 15 giugno 2013

IL NOMADE CHE DUNQUE SONO, NON LA FUGA DEI CERVELLI CHE AUSPICANO


Roberto Ciccarelli

E anche se il viaggio è immobile, da fermo, 
impercettibile, imprevisto, sotterraneo, 
dobbiamo chiederci quali sono oggi i nostri nomadi
DELEUZE

La famiglia di mio padre è costituita per oltre tre quarti da emigrati negli Stati Uniti. Oggi non conosce i nipoti e i pronipoti che portano il suo nome oltreoceano. Lui stesso è di origini albanesi. Mio padre è un arbresch, cioè parla l'albanese che il generale Scanderberg importò nell'Italia meridionale a metà del 400 quando Ferdinando I gli concesse i feudi di Monte Sant'Angelo, Trani e San Giovanni Rotondo. Con mia sorella, siamo cresciuti nella sospensione tra la lingua inglese e quella albanese, lontani idiomi incomprensibili che ascoltavamo quando i parenti si riunivano d'estate nel paesino di origine della migrazione della famiglia. Si chiama Greci, in provincia di Avellino, ricostruita 30 anni dopo il terremoto dell'Irpinia. Alle spalle della grande casa dell'infanzia, che si affaccia sulla vallata dove corre la linea ferroviaria Napoli-Bari, bombardata dai tedeschi e dagli americani nel 1944, c'è via Scanderberg. Nelle estati afose degli anni Settanta ho imparato dov'è l'Albania.

domenica 30 dicembre 2012

IL PARTITO DELLA FUGA DEI CERVELLI COLPISCE ANCORA

Dicembre è il mese dei consuntivi. E delle offensive del partito della fuga dei cervelli. La sua è una retorica pervasiva, improntata allo sport preferito nazionale - l'autocompatimento e il vittimismo - è riuscita ad imporre nell'ultimo decennio l'idea che in Italia esista un'emergenza "fuga dei cervelli".

Quando la nave affonda, i migliori fuggono
Non c'è ombra di dubbio: da questo paese che affonda, stanno fuggendo tutti, soprattutto i suoi  figli migliori: laureati, che hanno studiato, sul loro "capitale umano" lo Stato ha investito risorse. Non trovano occupazione, e quindi vanno all'estero. E' un mercato globale che premia chi parla l'inglese. Chi ne ha le capacità, e i meriti, lascia la barca, e legittimamente trova un posto di lavoro - in un'università, in un'impresa - dove il suo talento verrà adeguatamente ricompensato.

Questo, più o meno, quello che sappiamo della fuga dei cervelli.

Ma per dimostrare se esiste una "fuga dei cervelli" bisogna conoscere le statistiche. E saperle leggerle.