Claudia Boscolo
La commissione bilancio approva l'emendamento della norma inserita nella legge stabilità, riguardante l'aumento dell'orario lavorativo dei docenti da 18 a 24 ore settimanali. Improvvisamente i soldi sono stati trovati, quindi non c'è più bisogno di vessare gli insegnanti. Ci si chiede se il governo davvero non fosse a conoscenza del fatto che esistevano altri fondi a cui attingere. Per quale motivo creare un tale scompiglio, inserendo una norma umiliante per il corpo docente e destabilizzante per il sistema scuola, se c’erano altre vie praticabili? Davvero il governo davvero pensava che gli insegnanti sarebbero rimasti in silenzio a guardare il proprio lavoro avvilito a una questione di computo di ore, come se si trattasse di una mansione amministrativa della Pubblica Amministrazione e non di un ruolo sociale della massima rilevanza con ripercussioni vitali sulla società civile, non quantificabili in ore lavorate?
Nonostante ciò a qualcosa questa vicenda è servita. Forse per la prima volta nella storia del sistema scolastico della Repubblica, i diretti interessati, cioè gli insegnanti, hanno avuto qualche mese di angoscia per riflettere sulla dignità del proprio lavoro e soprattutto sull'entità effettiva del carico di insegnamento in rapporto agli adempimenti amministrativi obbligatori ad esso collegati. Mai come in questo periodo si è assistito nelle sale insegnanti delle scuole pubbliche a un dibattito così accesso sulle ore effettive impegnate settimanalmente da ogni singolo docente per espletare i compiti relativi all'attività di insegnamento (preparazione, correzione delle verifiche) e quelli riguardanti la parte amministrativa del proprio ruolo (collegi docenti, consigli di classe, ricevimento dei genitori, programmazioni, piani di lavoro personalizzati e individuali, progetti di istituto, organizzazione di uscite didattiche e gite, ecc.).
Per la prima volta, calcolatrice alla mano, gli insegnanti hanno preso coscienza del loro effettivo orario lavorativo, dopo che tabelle e resoconti vari sono stati resi pubblici dai maggiori quotidiani del paese: un orario che si aggira attorno alle 38 ore settimanali. In accese discussioni in rete spesso è emerso da parte degli insegnanti il desiderio che queste ore fossero conteggiate sul serio, che gli fosse data una scrivania, un ufficio dove poter svolgere il proprio carico amministrativo e i relativi strumenti di lavoro (fotocopiatrici, scanner, pc, collegamento alla rete, ecc.), come succede nelle scuole del Nord Europa, perché questo carico non rimanga più un mistero per l'opinione pubblica, essendo svolto a casa e a spese proprie, ma venga svelato in tutta la sua complessità e inserito nella voce contabile di cancelleria.
Ogni anno un insegnante spende qualche centinaio di euro (e sarebbe interessante quantificare quanti sono realmente) per acquistare materiali e macchinari indispensabili al proprio lavoro (PC, stampante, carta, toner, scanner, collegamento alla rete, cancelleria, libri). Spesso anche i corsi di aggiornamento sono a carico dei docenti, per non parlare delle trasferte in caso di sedi separate, e i pasti a carico proprio in occasione di riunioni e collegi in orario extrascolastico, alla cui presenza gli insegnanti sono obbligati per legge: tranne qualche caso raro e virtuoso (le province autonome di Trento e Bolzano, ad esempio) non esiste infatti un sistema di buoni pasto per gli insegnanti. Quanto pesa tutto ciò sui magri stipendi della categoria?
Naturalmente, una seria discussione su questi punti rimarrà un miraggio. Infatti, secondo il sottosegretario all'Istruzione Marco Rossi-Doria il governo ha affrontato con sensibilità la sofferenza degli insegnanti. Certo, è molto più facile per il governo mettere a tacere la questione dell'orario, dopo avere incautamente aperto il vaso, piuttosto che confrontarsi con reale sensibilità con i disagi di un mestiere svolto attualmente in condizioni di contratto nazionale scaduto (il che significa senza adeguamento dello stipendio dovuto da anni alla categoria).
Brunetta ha criticato le modalità con cui la norma era stata inserita nella legge di stabilità. Ottima osservazione in epoca pre-elettorale. Ma l'ex Ministro della Pubblica Amministrazione potrebbe anche spiegarci cosa stava facendo fra il 2008 e il 2011, mentre i sindacati chiedevano che il CCNL scuola venisse rinnovato: emanava il fumoso d.lgs.n.150/2009, meglio noto come Riforma Brunetta, grazie al quale molti dirigenti si sono senti autorizzati ad ignorare le contrattazioni sindacali e provvedere ad assunzione diretta con fondi di istituto, scatenando una marea di ricorsi.
Dalla vicenda della norma inserita incautamente nella legge stabilità esce vittorioso Bersani, eletto a paladino del corpo docente di questo paese per avere criticato aspramente la norma e avere minacciato di bloccare la legge se non fosse passato l'emendamento. Visto che siamo in epoca pre-elettorale, ne approfittiamo per ricordare a Bersani che il suo alto compito non è terminato: si tratta ora di intervenire contro ogni ipotesi di reclutamento per chiamata diretta, salutata con entusiasmo da una parte consistente del PD, e di agire con la massima serietà riguardo alla questione della messa in ruolo di migliaia di precari, sul lavoro dei quali si regge il sistema scolastico. Si tratterebbe anche di evitare in futuro di fare cassa sui precari rivedendo i costosi e anticostituzionali TFA.
La questione scuola non si chiude di certo con la soluzione della penosa questione delle 24 ore: il capitolo è più che aperto, e così anche la stagione degli scioperi e delle manifestazioni.
Dunque : 51 settimane l’anno. Togliamo i famosi 3 mesi di vacanze ( che invece professori universitari non godono ! Sono sempre lì a studiare ! ) cioè 12 settimane. Togliamo un mese di vacanze fra Natale e Pasqua e compagnia : fanno altre 4. Se non erro fanno 35 settimane x 18 ore = 630 ore di insegnamento “frontali” ( Chissà chi è il facchino ha inventato questo termine ! Come se esistesse l‘insegnamento laterale o quello dietro le spalle ! ), contro le 150 di un professore universitario. Cioè più di 4 volte tanto. Il rapporto del netto fra lo stipendio di un professore di scuola e università è circa di 1 a 2 - 3 - 4 ( rispett. ricercatori, associati, ordinari ). Cioè, come minimo lavora 8 volte tanto ! Sì, ma i professori universitari insegnano cose sublimi e sono dei geni, mentre i professori delle scuole ( di ogni ordine e grado, come recita il Ministero ) fanno lezioncine terra terra ... Basta entrare in una qualsiasi università Italiana e sedersi ad ascoltare una lezione ( per fortuna sono ancora pubbliche ) per chiedersi : quanti sono gli insegnanti “bravi” ( e gli insegnamenti “interessanti” o, almeno, “non risibili “ ) ? Tre quarti, la metà, un terzo, un quarto . .. o ancor meno ? Tipo di lavoro : da una parte tenere a bada 20 - 30 ragazzi scalmanati ( con dietro le famiglie ), dall’altra una bella schiera di ragazzi improvvisamente rincoglioniti ( ma dove hanno perso la voglia, non dico di discutere o, Dio non voglia, contestare, ma seplicemente di ridere, scherzare, disturbare ? Deriva forse dall’enorme prestigio dell’Istituzione o dalle cose prodigiose che ascoltano ? O dal fatto che il professore all'esame può tranquillamente rimandarli ? )
RispondiEliminaNella scuola, notoriamente, se si osa dare un’insufficienza ad un ragazzo, prima intervengono i genitori, poi il Preside ( dall’alto della sua competenza ), poi il Consiglio dei Docenti, poi di nuovo il Preside in fase di scrutinio ( questa volta come manager ) ... Ultima cosa ( last but not least, stante la notoria nclinazione degli Italiani per il bunga bunga ) : se ad una ragazza del liceo metti una mano sulla spalla corri il rischio di una bella denuncia e di essere additato al pubblico ludibrio e buttato fuori : un professore universitario può andare tranquillamente e sistematicamente a letto con le loro sorelle ( e fratelli ) maggiori di un paio d’anni ( approfittando della sua posizione e vendendo promozioni ) e va tutto bene.
P.S.: E bravi i nostri compagni ! Sempre a dare una bella mano a sfasciare tutto ! Se ho capito bene ( e purtroppo penso proprio di sì ) son per la chiamata diretta ! Evviva l’illegalità, la corruzione, lo strapotere ai “manager”-facchini ! Alla faccia della meritocrazia, o meglio evviva la genuina meritocrazia ( nata, non dimentichiamolo, nelle Corporations ) : sceglie il CEO e via andare. I ducetti hanno sempre ragione !