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lunedì 18 maggio 2015
LAVORATOIO: VIDEOMAPPA DEL LAVORO INVISIBILE
Requiem del quarto stato. Video-istallazione "Lavoratoio", vista in febbraio alla Casa internazionale delle Donne a Roma, nell'ambito del progetto I racconti del lavoro invisibile.
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domenica 22 febbraio 2015
LA VITA AGRA(TIS)
Giuseppe Allegri, Roberto Ciccarelli
Pubblicato su Lavoro Culturale
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Il lavoro non è finito. È diventato infinitamente più povero. Si sopravvive con l'odiosa sensazione di essere al lavoro per altri, raramente per sé, mentre il reddito è inconsistente e aleatorio. La vita è messa al lavoro: gratuitamente. C’è tuttavia un aspetto che passa inosservato: anche quando si è inoccupati o disoccupati, oggi si produce ricchezza.
E’ la condizione del quinto stato al centro del progetto di racconti del lavoro invisibile. Per invisibile qui s'intende “impercepibile per la legge” e “indecifrabile ai codici del mercato”. Questo lavoro che ha distrutto i vecchi perimetri, colonizzando la vita, è “invisibile” perché mette in discussione con una radicalità mai vista l'antica partizione tra diritto pubblico (sul quale è concepito il lavoro subordinato) e il diritto privato (sul quale è concepito il lavoro autonomo).
Risultato: cresce una “zona grigia” dove vengono meno i confini tra la subordinazione salariale e l'impresa, come quelli tra Stato e mercato. Anche l'immagine di un soggetto generale del lavoro – ad esempio la classe operaia – sfuma. Fu a questa teoria che un tempo vennero consegnate alcune chiavi del progetto di emancipazione della società alienata. La rivoluzione femminista, si legge in questo progetto, smascherò quanto poco universale, e molto escludente, ci fosse in queste convinzioni.
Precario, a tempo indeterminato, free lance, autogestito, autoprodotto. Ricattabile, flessibile, sfruttato. A volte semplicemente gratuito. Imprigionato nel caporalato, mascherato, interinale. Confuso con i tempi di vita, isolato e sempre meno sindacalizzato. Il lavoro è cambiato per tutti. E cerca un nuovo futuro dov’è protagonista il quinto stato. Questo è il progetto dei racconti del lavoro invisibile
Pubblicato su Lavoro Culturale
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Il lavoro non è finito. È diventato infinitamente più povero. Si sopravvive con l'odiosa sensazione di essere al lavoro per altri, raramente per sé, mentre il reddito è inconsistente e aleatorio. La vita è messa al lavoro: gratuitamente. C’è tuttavia un aspetto che passa inosservato: anche quando si è inoccupati o disoccupati, oggi si produce ricchezza.
E’ la condizione del quinto stato al centro del progetto di racconti del lavoro invisibile. Per invisibile qui s'intende “impercepibile per la legge” e “indecifrabile ai codici del mercato”. Questo lavoro che ha distrutto i vecchi perimetri, colonizzando la vita, è “invisibile” perché mette in discussione con una radicalità mai vista l'antica partizione tra diritto pubblico (sul quale è concepito il lavoro subordinato) e il diritto privato (sul quale è concepito il lavoro autonomo).
Risultato: cresce una “zona grigia” dove vengono meno i confini tra la subordinazione salariale e l'impresa, come quelli tra Stato e mercato. Anche l'immagine di un soggetto generale del lavoro – ad esempio la classe operaia – sfuma. Fu a questa teoria che un tempo vennero consegnate alcune chiavi del progetto di emancipazione della società alienata. La rivoluzione femminista, si legge in questo progetto, smascherò quanto poco universale, e molto escludente, ci fosse in queste convinzioni.
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