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domenica 27 settembre 2015

MICROGUIDA PER NON CADERE NELLA TENTAZIONE DELLO SNOBISMO PRECARIO (E FARE IL PRIMO PASSO VERSO LA RIVOLUZIONE)


Il mio nome è rosso (CALL ME CASSANDRA @danffi)

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Lettera alle sorelle e ai fratelli precari. Abbiamo bisogno di quello di cui ha bisogno un essere umano. Ma non abbiamo bisogno di toglierlo a chi ce l’ha, e non abbiamo più diritto ad averlo di altri nostri simili, non cognitari.

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Sorella (o fratello) precaria, tu hai ragione. Hai studiato, sei bravissima, fai un sacco di cose fighe per lavoro, sei giornalista, oppure archeologa o cineasta, hai inventato un sistema fighissimo per insegnare il tibetano ai cavalli per fare la pet therapy. Avresti, anzi, hai diritto ad un riconoscimento economico del tuo lavoro. Questa società invece rifiuta di riconoscerti questo diritto, e dire che tu saresti disposto ad accontentarti – oVVoVe- pure un misero posto da insegnante.

Allora tu ti indigni, e fai bene! Scrivi un post per qualche rivista online più o meno figa, chiami il tuo amico giornalista e scrivete un pezzo di antropologia precaria in cui si dice quanto sei brava e che è uno schifo che in Italia non sei apprezzata per le tue competenze e che se ti vengono i 5 minuti te ne vai all'estero e quanto questo impoverirà il nostro paese.

Io ti leggo e sono d’accordo con te, anzi, sono proprio come te!

giovedì 1 maggio 2014

BUONA FESTA DEL NON LAVORO, BUKOWSKI!


Il Console


È vent'anni che ci manca Charles Bukowski, Henry Hank Chinaski, morto il 9 marzo 1994.

E oggi è la 32a festa del non lavoro, al Forte Prenestino, a Milano c'è l'Euromayday per il reddito, il non lavoro e contro il lavoro gratis all'Expo 2015.

Di “quel lavoro che ci fate mendicare” e “ci ruba il tempo e ci saccheggia la vita”.

Quel lavoro che è sempre meno pagato e più insicuro. Fatto di eterni ricatti e giochi al ribasso. Diventato tanto scarso, ci fanno credere, da costringerci al lavoro neo-servile, gratuito: prestazioni senza retribuzioni. Stage fantasmi e contratti di un giorno. Con l'ipocrita ed eterna retorica di governi e sindacati, sempre alla fantomatica ricerca di nuove “riforme del lavoro”: per combattere la disoccupazione e creare nuovi posti di lavoro. 

Mai che si provasse a garantire un reddito per “un'esistenza libera e dignitosa”, al di là dell'impiego e dentro le mille forme di attività, lavoro, produzione, che già riempiono le nostre vite. Disoccupazione attiva, la chiamava qualcuno, già anni fa, seppure in un senso più libertario della gabbia che è diventata oggi.

E allora viene da dire: quanto ci manca, Chinaski!

domenica 15 dicembre 2013

NON STUDIO, NON LAVORO: E' UNA QUESTIONE DI QUALITA' (ORGOGLIO NEET)

Tren­ta­quat­tro anni è un’età rispet­ta­bile. Jim Mor­ri­son era già morto, come Jimi Hen­drix, per non par­lare di per­sone più impor­tanti di loro. Alla stessa età, Mora­via aveva già scritto “Gli Indif­fe­renti” e Van Gogh ini­ziava a dipin­gere le sue tele più famose. In campi meno esem­plari, o “male­detti”, della reli­gione, del rock, della let­te­ra­tura o dell’arte, i tren­ta­quat­tro anni pos­sono segnare la nascita del primo o del secondo figlio, qual­cuno potrebbe pen­sare per­sino ai nipoti. In Ita­lia no. E non per­ché tutto que­sto non sia pos­si­bile, ma per­ché un’intera società è con­vinta che a 34 anni le donne e gli uomini siano ancora «gio­vani» e che non abbiano le stesse esi­genze – e i diritti – degli «adulti», desti­nati a vivere come eterni adolescenti.