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sabato 30 marzo 2013

REQUIEM PER PIER LUIGI GARGAMELLA


“Ogni volta che esce una campagna del Pd un pubblicitario muore”.

Bersani ha pensato di poter essere nominato Presidente del Consiglio cercando una “maggioranza semplice” – la metà più uno dei parlamentari presenti, necessari per il numero legale – e avviare un Governo che sarebbe stato oggetto di lotta parlamentare quotidiana nelle Aule. Avrebbe voluto strappare i voti ai renitenti della Casaleggio&Associati, i parlamentari dei 5 stelle che (sembra) vogliano ancora votarlo.

Era una buona idea. Avrebbe sperimentato un governo parlamentare a componente (moderatamente) di sinistra, pressato dalle migliore istanze pentastellari: dal reddito di base, alla centralità dei beni comuni, a nuove forme di democrazia radicale e partecipata.

Ma era un’idea impossibile. Non solo perché non la permette la legge elettorale che il Pd non ha voluto cambiare, pensando che gli avrebbe comunque garantito la maggioranza assoluta. Ma soprattutto perché il movimento 5 stelle ha chiara in testa una sola cosa: l’iniziativa politica deve restare nelle loro mani, per poi suonare la grancassa alle prossime elezioni. Per il momento hanno consegnato il paese al “pilota automatico” della Bce di Mario Draghi. Ma il governo “democrat” non avrebbe saputo fare di meglio.

mercoledì 6 marzo 2013

A QUESTA NOSTRA, MALEDETTA GENERAZIONE: LA SINISTRA ITALIAN THEORY


Giuseppe Allegri

Premetto che sono di parte. Il libro di Dario Gentili, Italian Theory. Dall'operaismo alla biopolitica (Il Mulino, 2012, pp. 246, € 20) è “il” libro che avrei voluto leggere durante la mia prima “formazione”, sotto i banchi nella aule decrepite del mio ginnasio di provincia, in alcune, infinite ore di ozio e immobilismo al quale ci assoggettavano, per fortuna rari e rare, professori e professoresse persi nella loro immobile nevrastenia da compromesso storico.

Perciò, per me, il libro di Gentili è probabilmente il più godibile e formidabile repertorio di libri ed autori del pensiero filosofico-politico italiano di questo ultimo trentennio-quarantennio. Lo confesso: è il libro che avrei voluto scrivere, ad avere una qualche capacità!

Si parte dal “ritorno a Marx”, contro Hegel e tutte le dialettiche totalitarie, dell'eretico Galvano Della Volpe, emarginato a Messina dal PCI del Migliore togliattismo e dei suoi fedelissimi eredi. Si passa quindi al primo e secondo “operaismo”: il soggetto antagonista nel Mario Tronti del seminale Operai e capitale (1966) e il Marx oltre Marx di Antonio Negri, dopo esser passato per la critica luddista dello “Stato dei partiti” (1964: quando la Prima Repubblica era ai suoi, compromissori, albori) e per il celebre Frammento sulle macchine dei Grundrisse marxiani. Quindi Massimo Cacciari e il pensiero negativo, con Pier Aldo Rovatti e Gianni Vattimo che insieme aprono sulla crisi dei marxismi e ci conducono al “pensiero debole”. Giacomo Marramao che tenta la deleuziana “sintesi disgiuntiva” dell'universalismo della differenza, soprattutto la centralità del pensiero della differenza sessuale, dallo Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi, in poi. Per chiudere con Roberto Esposito e Giorgio Agamben sospesi tra biopotere e biopolitica, oltre l'impolitico.