Daniela Risi*
Ho quasi 58 anni, totalmente disoccupata da quattro, lavoro intermittente negli anni immediatamente precedenti. Sono sola e senza alcun reddito, tra pochi mesi sarò fuori di casa e mi aspetterebbe forse (ma non lo permetterò) una branda in una casa di accoglienza (proposta dei servizi sociali), unico e solo "sostegno" che mi è stato offerto. Sono iscritta al centro per l'impiego dal 2006 (inutilmente) e non ho mai smesso di cercare lavoro, forse con meno energia negli ultimi due anni (mi sono ammalata , il corpo ha ceduto,sono a pezzi), ma tanto non c'è differenza.
Non ho mai fatto la furba, mai rubato, mai chiesto nulla a nessuno. Ho fatto l'università, ho vissuto all'estero, mi sono reinventata mille volte, ho iniziato a lavorare a 23 anni. Sono una persona perbene, che si è presa di imbecille innumerevoli volte nella vita per non essere stata abbastanza furba, ma "essere furbi" a me è sempre parso bestemmia.
In questi ultimi anni di disoccupazione totale ho subìto le peggiori umiliazioni, e dire che ci tenevo tanto alla mia autonomia, alla mia dignità, ma ho dovuto lottare con le unghie e con i denti per i diritti che mi spettano come persona e cittadina, inutilmente: ho lottato per sopravvivere, letteralmente, ero e sono senza cibo, senza riscaldamento, senza scarpe, senza soldi per le medicine: non ho avuto nulla, e mi è stato detto (dai servizi sociali, non solo vox populi) che come disoccupata non avevo diritto a nulla, meglio sarebbe stato se fossi stata invalida, o ex tossicodipendente o ex carcerata o extracomunitaria.
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domenica 21 giugno 2015
mercoledì 29 aprile 2015
L'ESPLOSIONE DELLA CLASSE ESPLOSIVA
Uno spettro si aggira per l’Europa: è lo spettro del precariato. Ed è proprio attraverso la categoria concettuale del precariato, definita “classe esplosiva”, che si può comprendere il quinto stato e l'idea di politica come pratica delle coalizioni - da MicroMega
di Domenico Tambasco
***
Uno spettro si aggira per l’Europa: è lo spettro del precariato.
Così potremmo esordire, parafrasando il noto incipit del “Manifesto del Partito Comunista”[1], per definire con una sintomatica espressione il recente sviluppo di “coalizioni sociali” che traggono la loro origine direttamente dal mondo del lavoro.
È un fenomeno che risponde a dinamiche sociali articolate e profonde, di lungo momento, che solo uno sguardo superficiale può ridurre alla lista dei cartelli politico-elettorali; è il caso dunque di coglierne i profili, facendo riferimento a ciò che sta accadendo, negli ultimi mesi, proprio in Italia.
Incredibile a dirsi –forse memore di una tradizione movimentista che affonda le sue radici ai tempi della Rivoluzione Francese – una delle prime categorie a mobilitarsi è stata proprio quella degli avvocati che, a colpi di “selfie” recanti lo slogan “Io non mi cancello”, ha dato vita ad una diffusa protesta contro la propria Cassa di Previdenza Forense. Protesta che si è rivolta in particolare contro il sistema dei “minimi contributivi” che prescindono dal reddito del singolo professionista e, soprattutto, contro l’approvazione di una norma dello schema di decreto ministeriale[2] che prevederebbe la “regolarità contributiva” quale requisito di permanenza nell’ordine professionale. Il che vorrebbe dire, in poche parole, penalizzare oltre il 40% dei professionisti oggi iscritti all’albo che dichiarano redditi rientranti addirittura nella soglia di esenzione dal contributo unificato per le cause di lavoro (ovverosia redditi inferiori ai 32.000,00 euro)[3] e che, ciononostante, si vedono recapitare annualmente richieste di pagamento di contributi minimi che sfiorano i 4.000,00 euro.
La concretezza di un’inedita difficoltà in cui è coinvolta una professione tradizionalmente investita di prestigio sociale è espressa non solo dalle parole dei diretti interessati, che denunciano “gravi forme di sfruttamento” veicolate “dalla finzione della partita Iva”[4] ed il ribaltamento della tradizionale equazione democratica “lavorare per avere reddito” nell’assurdo postulato censitario “avere reddito per poter lavorare”[5], ma anche da un’attenta analisi sociale del più generale fenomeno del cosiddetto “Quinto Stato”, in cui si rileva come “i giovani avvocati che aspettano sulle scale dei tribunali di Napoli o Milano i migranti che hanno bisogno di rinnovare il permesso di soggiorno, e guadagnano quindici euro per ogni pratica, non vivono una condizione molto diversa dall’operaio in cassa integrazione oppure dal muratore disoccupato che lavora come piastrellista o falegname freelance”[6].
di Domenico Tambasco
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Uno spettro si aggira per l’Europa: è lo spettro del precariato.
Così potremmo esordire, parafrasando il noto incipit del “Manifesto del Partito Comunista”[1], per definire con una sintomatica espressione il recente sviluppo di “coalizioni sociali” che traggono la loro origine direttamente dal mondo del lavoro.
È un fenomeno che risponde a dinamiche sociali articolate e profonde, di lungo momento, che solo uno sguardo superficiale può ridurre alla lista dei cartelli politico-elettorali; è il caso dunque di coglierne i profili, facendo riferimento a ciò che sta accadendo, negli ultimi mesi, proprio in Italia.
Incredibile a dirsi –forse memore di una tradizione movimentista che affonda le sue radici ai tempi della Rivoluzione Francese – una delle prime categorie a mobilitarsi è stata proprio quella degli avvocati che, a colpi di “selfie” recanti lo slogan “Io non mi cancello”, ha dato vita ad una diffusa protesta contro la propria Cassa di Previdenza Forense. Protesta che si è rivolta in particolare contro il sistema dei “minimi contributivi” che prescindono dal reddito del singolo professionista e, soprattutto, contro l’approvazione di una norma dello schema di decreto ministeriale[2] che prevederebbe la “regolarità contributiva” quale requisito di permanenza nell’ordine professionale. Il che vorrebbe dire, in poche parole, penalizzare oltre il 40% dei professionisti oggi iscritti all’albo che dichiarano redditi rientranti addirittura nella soglia di esenzione dal contributo unificato per le cause di lavoro (ovverosia redditi inferiori ai 32.000,00 euro)[3] e che, ciononostante, si vedono recapitare annualmente richieste di pagamento di contributi minimi che sfiorano i 4.000,00 euro.
La concretezza di un’inedita difficoltà in cui è coinvolta una professione tradizionalmente investita di prestigio sociale è espressa non solo dalle parole dei diretti interessati, che denunciano “gravi forme di sfruttamento” veicolate “dalla finzione della partita Iva”[4] ed il ribaltamento della tradizionale equazione democratica “lavorare per avere reddito” nell’assurdo postulato censitario “avere reddito per poter lavorare”[5], ma anche da un’attenta analisi sociale del più generale fenomeno del cosiddetto “Quinto Stato”, in cui si rileva come “i giovani avvocati che aspettano sulle scale dei tribunali di Napoli o Milano i migranti che hanno bisogno di rinnovare il permesso di soggiorno, e guadagnano quindici euro per ogni pratica, non vivono una condizione molto diversa dall’operaio in cassa integrazione oppure dal muratore disoccupato che lavora come piastrellista o falegname freelance”[6].
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lunedì 10 giugno 2013
L'ETERNO RITORNELLO DELLE RIFORME
Un Paese eternamente fermo a trent'anni
fa, anche se il tasso di disoccupazione ci dice che siamo tornati ai
livelli del 1977, addirittura. Ma forse non solo per quello. Perché
proprio trent'anni fa veniva inaugurata l'interminabile stagione
delle riforme istituzionali.
Nell'aprile del 1983 è istituita
la prima Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. La Commissione Bozzi, dal nome del Presidente della Commissione, il
deputato liberale Aldo Bozzi. Per un'ulteriore ciclicità
storica, il di lui nipote ed omonimo, il cittadino, avvocato Aldo
Bozzi è il primo firmatario ricorrente alla Corte di
Cassazione per l'ulteriore rinvio del “Porcellum” alla Corte
costituzionale, come stabilito dall'ordinanza depositata lo scorso 17
maggio.
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giovedì 30 maggio 2013
NON SOLO CASTA: I PRECARI DELL'EDITORIA
Gli operai delle tipografie settecentesche a Milano e a Torino sono stati tra i primi ad organizzarsi nelle società di mutuo soccorso. Erano dotati di una certa istruzione, si ritrovavano nello stesso spazio lavorativo, era facile avanzare richieste ai datori di lavoro e attutire i danni di un'attività logorante. Queste società di mutuo soccorso sviluppavano interventi assistenziali e solidaristici per i lavoratori. Avevano un carattere interclassista, coinvolgevano operai, artigiani e una parte della borghesia cittadina. Nel corso di una generazione, o poco più, diedero vita ai primi sindacati di categoria. Nel 1848 venne fondata la Pia unione dei legatori di libri. A Torino era la più importante società dei compositori. I soci versavano una quota utile per il sussidio dei disoccupati e dei malati. Questi soldi servivano anche alla diffusione dell'arte tipografica (praticamente i corsi di formazione). Questa forma di sindacato autogestito serviva a negoziare i prezzi dei lavori con i padroni e ad organizzare il conflitto in caso di dumping o licenziamenti.
sabato 30 marzo 2013
REQUIEM PER PIER LUIGI GARGAMELLA
“Ogni volta che esce una campagna del Pd un pubblicitario muore”.
Bersani ha pensato di poter essere nominato Presidente del Consiglio cercando una “maggioranza semplice” – la metà più uno dei parlamentari presenti, necessari per il numero legale – e avviare un Governo che sarebbe stato oggetto di lotta parlamentare quotidiana nelle Aule. Avrebbe voluto strappare i voti ai renitenti della Casaleggio&Associati, i parlamentari dei 5 stelle che (sembra) vogliano ancora votarlo.
Era una buona idea. Avrebbe sperimentato un governo parlamentare a componente (moderatamente) di sinistra, pressato dalle migliore istanze pentastellari: dal reddito di base, alla centralità dei beni comuni, a nuove forme di democrazia radicale e partecipata.
Ma era un’idea impossibile. Non solo perché non la permette la legge elettorale che il Pd non ha voluto cambiare, pensando che gli avrebbe comunque garantito la maggioranza assoluta. Ma soprattutto perché il movimento 5 stelle ha chiara in testa una sola cosa: l’iniziativa politica deve restare nelle loro mani, per poi suonare la grancassa alle prossime elezioni. Per il momento hanno consegnato il paese al “pilota automatico” della Bce di Mario Draghi. Ma il governo “democrat” non avrebbe saputo fare di meglio.
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giovedì 28 febbraio 2013
LA SINISTRA E' MORTA, SOLO UN GRILLO LA POTRA' SALVARE?
L’affermazione del Movimento 5 Stelle annuncia la scomparsa della sinistra in Italia. Non di quella “radicale”, già spazzata via dalla rivolta del 2008, quando all’incirca 2 milioni di persone si rifiutarono di votarla, azzoppando per sempre l’ala sinistra, un miscuglio di ingraismo, comunismo terzinternazionalista, nostalgici del PCI, sindacalismo di base: quella che non ha voluto aderire alla “cosa” degli Occhetto-D’Alema-Veltroni-Bersani.
E’ stato colpito duramente il blocco sociale maggioritario dell’ex partito comunista, e la sua rappresentanza politica, quella trascolorata nelle varie sigle. Nel prossimo biennio la parte residuale del “comunismo” all’italiana – tosco-emiliano – cioè il blocco della moderazione politica che gestisce l’economia delle banche e delle cooperative e le istituzioni di tre regioni, o poco più, non solo dimezzerà i suoi voti, ma rischia di perdere il diritto a rappresentare come partito quella parte residuale della società sindacalizzata, garantita, ridotta a poco più della rappresentanza di un’élite.
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venerdì 15 febbraio 2013
PAZZA IDEA: GRILLO E LA SINISTRA ALLEATI PER IL REDDITO MINIMO
Il reddito di base? Ce lo chiede l’Europa. E da più di vent’anni, perché la raccomandazione numero 441 risale al 1992 quando l’allora Comunità economica europea intimò di adottare questa misura tuttora assente nel nostro paese. Ma sin dai tempi della Prima Repubblica, la gran parte delle forze politiche hanno fatto finta di niente. Oggi c’è chi ha preso sul serio l’Europa. La proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo è stata depositata con più di 50 mila firme. Un’iniziativa che non ha uguali nella storia ultra ventennale dei movimenti che hanno creduto nella prospettiva del reddito di cittadinanza in Italia. 170 associazioni e partiti come Sel, Prc e Pdci torneranno in parlamento tra un mese per chiedere al nuovo governo, di approvare nei primi cento giorni della legislatura una misura fondamentale per rendere più dignitoso il welfare più familista, classista e inefficiente dei paesi dell’Unione Europea.
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lunedì 4 febbraio 2013
FAI ANCHE TU L'APPRENDISTA (STREGONE)! DAI, TE LO CHIEDE FIORELLO...
Piuttosto che fare l'impiegato un italiano su due tra i 18 e i 34 anni preferirebbe lavorare la terra e fare il contrario di suo padre. Zappare i campi è duro, ma è più sano del lavoro e della vita virtuale condotta dai laureati, dice la Coldiretti. La Confederazione nazionale degli artigiani (Cna) sostiene che il 37% dei piccoli imprenditori considera i laureati schizzinosi e un po' viziatelli, incapaci di adattarsi alle esigenze della piccola impresa. Lamentano il poco tempo dedicato alla formazione pratica (39,7%) e la carenza di occasioni di tirocinio (27,7%). La scuola non è in grado di trasmettere i valori materiali del mondo del lavoro. Non si dice quali, forse sono quelli della massima flessibilizzazione, dei salari ridotti e della sottomissione ai mille caporali e capetti.
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martedì 22 gennaio 2013
IL MERAVIGLIOSO MONDO DEI RIFORMATORI DELLA RIFORMA FORNERO
Giuseppe Allegri-Roberto Ciccarelli
Congelamento
degli aumenti salariali. Conferma del pareggio di bilancio nella
Costituzione e quindi di 45 miliardi di tagli per i prossimi 5 anni
alla spesa pubblica. Creazione del commissario europeo al rigore di
bilancio, uno zar che avrà il potere eccezionale di
controllare e imporre misure agli stati che sforano il pareggio di
bilancio dal 2013 in poi. Questa la cornice generale in cui il PD si
appresta ad avviare la politica economica del prossimo governo di
centro-sinistra con l'appoggio dei centristi di Monti.
Tre
comandamenti che non verranno contestati dal centro o dalla destra,
ma certamente dalle ali non silenziate del populismo di destra o di
sinistra. Tutto proseguirà come sempre. Dunque, niente riforma
dell'articolo 18 già riformato dalla riforma Fornero. Impegno
a mantenere le politiche recessive che, secondo il bollettino della
banca
d'Italia del 18 gennaio 2013 abbatterà il Pil al ritmo di un
punto percentuale all'anno. Un film dell'orrore, ma qualcuno cerca di
fare sorridere gli spettatori, promettendo incentivi alla
produttività delle imprese e qualche lenitivo sulla
precarietà, ma senza sbilanciarsi.
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